UN SANO ANTICONFORMISMO NEL RISPETTO
DELLA RAZIONALITÀ
Ogni riconoscimento “enfatizzato” a volte
ci allontana da ciò
che è, o dovrebbe essere, la normalità
velata di ipocrisia…
di Ernesto Bodini
A mio modesto parere, e lo sostengo da sempre, c’é sempre da sospettare di un Paese che va alla ricerca annuale di “protagonisti del bene sociale” e, una volta individuati, riconoscere loro una onorificenza pubblica, ancorché a mani del presidente di quel Paese. In merito a questa consuetudine che in Italia va avanti dal 1975 e il cui elenco sta raggiungendo la cifra di quasi 150 mila riconoscimenti, verrebbe da dire che prima o poi avremo un esercito di commendatori, cavalieri, alfieri, etc.; non perché le loro azioni non siano da far conoscere e prendere a modello (visto che ne abbiamo sempre più bisogno), ma perché pergamene, targhe e medaglie non necessariamente qualificano né più e né meno l’operato di ciascun protagonista, tant’è che se intervistati, a seguito di una loro lodevole azione umanitaria, quasi tutti retoricamente affermano: «Ho agito per istinto», «Era mio dovere intervenire», «Chiunque in situazioni simili avrebbe fatto come me», «Non mi ritengo certo un eroe», etc. Affermazioni ovviamente sincere, ma quando chi le recepisce le vuole etichettare come azioni soprattutto di eroismo, si rischia l’eccentricità anche se gli interessati la dovessero respingere; ma sono le Istituzioni e soprattutto i mass media a dare valore al termine di “eroe”, senza spiegare cosa si intende esattamente per eroismo. Ancor peggio quando tale termine lo si accredita a chi ha compiuto un’azione di valore umanitario rivestendo un ruolo istituzionale…, ossia durate le sue funzioni di dipendente pubblico. Rammento che l’Italia è ricca di pagine di storia in cui si sono susseguiti episodi di “vero” eroismo, ma i tempi cui intendo riferirmi sono molto lontani e diversi i contesti: chi è stato eroe, ad esempio, ha meritato tale titolo in quanto rientra nel reale concetto: «Non esiste l’eroe dell’azione, ma della rinuncia e del sacrificio»; e questo perché tutti noi potenzialmente possiamo compiere una buona azione a favore del nostro prossimo, ma molto rari sono i casi che per “vero” altruismo sono disposti al sacrificio e a rinunciare a qualcosa di prezioso, come la propria vita. Con queste considerazioni non intendo distanziarmi dal riconoscere ogni buona azione e relativa menzione pubblica, ma si tenga presente che esistono anche le cosiddette “azioni occulte” con analoghe finalità, e proprio perché non sono note ai più (e magari con l’intento di mantenerle occulte) resta il fatto di aver agito in osservanza di quel detto che recita: «L’unica cosa importante quando ce ne andremo, saranno le tracce d’amore che avremo lasciato». Poi, in forma per così dire minore, sono i ringraziamenti o mancati tali; consuetudini che rientrerebbero nella buona o cattiva educazione. Ma quanto è veramente importante ringraziare qualcuno che ci ha fatto un favore o ci ha fatto un dono? Su questa parentesi quotidiana della vita non ho mai letto alcun commento in proposito, ma ricordo che un tempo il solo piccolo gesto del donare o anche il più spontaneo esprimere un pensiero di circostanza, da parte di chi riceveva comportava un “semplice” grazie, e questo bastava; oggi invece, chi riceve spesso non si degna nemmeno di dare un cenno di riscontro in merito anche quando ha ricevuto per interposta persona o per corrispondenza scritta, o un dono magari con tanto di dedica. Su questo fronte non conosco la realtà di altri Paesi e quindi di altre culture, ma conosco la realtà nostrana i cui componenti in gran parte non fanno distinzione tra i termini educazione e maleducazione; una sottigliezza si direbbe, ma in realtà la differenza è sostanziale. Ecco che allora, a mio modesto avviso, vale sempre di più il vecchio adagio che dice: «Fai del bene scordati, fai del male ricordati». Ma tornando ai riconoscimenti ufficiali per una buona azione, specie se a mani istituzionali, è molto meglio una concreta “rivisitazione” di alcuni articoli della Costituzione che una medaglia o una pergamena, giacché in parte non proprio rispettati dalle stesse Istituzioni. Per concludere, semmai un giorno qualcuno dovesse promuovere un’azione volta alla alienazione della burocrazia italiana (vero “cancro” del Paese), è bene concepire sin d’ora che quell’autore non sia da considerare un “eroe”, ma più semplicemente un concittadino civile e responsabile che ha compreso quanto è importante l'uso appropriato di tale termine.
importante votarsi al bene della collettività… senza
medaglie, né targhe e né pergamene!
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