Il mondo del “deficit uditivo” non è invalicabile
UNA GIORNATA NELL’AMBULATORIO DI AUDIOLOGIA DELL’OSPEDALE MARTINI
Visite, controlli audiometrici e colloqui di carattere
medico-sanitario
ma dalla impostazione affettivo-relazionale, sia con i
piccoli pazienti (che con i loro genitori) e anche con i pazienti adulti. Un
“effetto” compliance di sicuro successo medico e psicologico
di Ernesto Bodini
Prosegue il mio “percorso” nell’ambito
dell’Otorinolaringoiatria all’ospedale Martini di Torino dove, il 16 marzo
scorso, sono stato ospite nell’ambulatorio di Audiologia (nella foto) diretto dalla dottoressa Patrizia Consolino, per
seguire il percorso di prime diagnosi e visite di controllo in pazienti
pediatrici e adulti. Un “iter” quotidiano di grande dedizione non solo
professionale ma anche di totale coinvolgimento tra operatori sanitari e
pazienti, dal quale emerge una sorta di “simbiosi” che facilita il cosiddetto
apporto empatico grazie al quale, quando si tratta soprattutto della prima
diagnosi (la comunicazione ai genitori della sordità totale del loro piccolo),
il trauma si stempera, quasi svanisce per risolversi con l’apporto terapeutico
che può essere l’applicazione di un apparecchio acustico, o l’intervento di
impianto cocleare (d’ora in poi I.C.) monolaterale o bilaterale. Sono le 9.10 quando la dottoressa accoglie il
primo paziente, di 11 anni, accompagnato dal padre. «Affetto da sordità e da disturbo pervasivo dello sviluppo – spiega il
medico – per tre anni è stato seguito in un Centro fuori Regione, ed è ora
seguito da noi da circa quattro anni. Per un certo periodo di tempo non tollerava
l’I.C. monolaterale, al quale oggi viene sostituito il processore; mentre dall’altro
lato l’apparecchio acustico viene sottoposto al controllo per la rielaborazione
del suono, il cui esito è stato soddisfacente». Anche la madre di questo
paziente è non udente da circa tre anni, ed è pure lei seguita dallo stesso
Centro torinese. Alle 9.40 è una
bimba di 3 anni ad essere accolta con la mamma. Da un mese proprio al Martini le
è stato fatto un I.C. monolaterale, è vivace ed allegra ed è al settimo
controllo “ravvicinato”; è intrattenuta con piccoli giochi da tavolo come “condizionamento”,
ossia una strategia soggettiva che serve a mappare l’I.C. «Quando arriva lo stimolo su quell’elettrodo, a contatto con le fasce
nervose – spiega il clinico – la
paziente dimostra di recepire bene i suoni dando un significato agli stessi. La
verifica della corretta stimolazione è stata fatta con l’esame audiometrico,
ottenendo dallo stesso una risposta positiva a tutte e frequenze del campo
tonale tra i 250 e gli 8.000 Hz, e con l’utilizzo di test audiometrico e
materiale verbale». La piccola paziente successiva che entra in ambulatorio
alle 10.15, con i genitori, ha 15
mesi. In questo Centro le è stata fatta la diagnosi di sordità profonda ad appena
20 giorni di vita, causata da una infezione da citomegalovirus e quindi
sottoposta a ripetuti esami elettrofisiologici ed ematologici. All’età di 40
giorni è stata dotata di un apparecchio acustico “ex adiuvantibus”, come
criterio di conferma dell’esattezza dell’ipotesi diagnostica e terapeutica, oltremodo
confermata dal controllo odierno. Alle 10.30
viene fatta entrare una giovane coppia (di origine moldava), è molto timida
tanto da lasciar trasparire non poca ansia, con in braccio una bimba di 3 mesi
affetta da sordità congenita. Per la loro piccola ai genitori viene prospettata
la protesisazione acustica, seguita da un mirato programma per escludere forme
sindromiche della sordità in quanto non si conosce la causa della stessa. Con
non poca emozione hanno accettato tale prospettiva terapeutica, spiegando loro
il concetto di ipoacusia e nei tempi successivi la necessità del “fitting”,
ossia il controllo per la regolazione dell’apparecchio acustico con la
collaborazione del tecnico audioprotesista.
È ora la volta, alle 11.15,
di un bimbo di 13 mesi al quale è stata diagnosticata precocemente una sordità
moderata, e disomogenee sono le sue abilità comunicativo-relazionali, per il
quale l’audiologa non ritiene indispensabile (per il momento) l’I.C., mentre è
utile la protesi acustica in quanto sufficiente a compensare la parte “debole”
uditiva. Alle 11.20 sino alle 12.30 la dottoressa Consolino è
trattenuta con una logopedista di un’altra Asl regionale per la consulenza di
un caso precedentemente richiesta. Alle 12.35
due genitori portano il loro bimbo di 13 mesi al colloquio per la valutazione
del buon mantenimento delle protesi acustiche bilaterali di cui è stato dotato.
L’audiologa si informa sul comportamento del bambino dal punto di vista
gestuale e fonetico, quindi procede all’esame audiometrico. Prescrive un
farmaco in quanto ha riscontrato uno stato infiammatorio acuto ad un orecchio,
oltre a fissare loro un prossimo appuntamento per sottoporre il paziente
all’esame di ABR e ASSR, test dei potenziali evocati uditivi con la
registrazione dell’attività elettrica del tronco cerebrale e della corteccia,
in risposta agli stimoli acustici. La visita termina con la regolarizzazione
degli apparecchi acustici. Sono quasi le 13.00
quando viene accolto con i genitori un bimbo di 20 mesi, diagnosticato quando
aveva un mese di vita. Ad otto mesi è stato sottoposto ad I.C. monolaterale, e
il secondo controlaterale all’età di 18 mesi. Il controllo odierno ha
comportato l’esame audiometrico per valutare ed ottenere la cosiddetta
equivalenza fra i due I.C. Ovviamente sono previsti controlli successivi che
rientrano nel classico follow-up. Alle 14.00
circa, due giovanissimi genitori vengono accolti con il loro bambino di 2 mesi
affetto da ridotta capacità uditiva, oltre ad essere nato con un cefaloematoma
(una raccolta di sangue in corrispondenza di una delle ossa del cranio,
probabilmente causato dal parto traumatico) tant’é che le cellule sensoriali
non “collimano” per insofferenza neonatale. La dott.ssa Cossolino, con
l’ausilio di semplici disegni e di un piccolo modello plastico dell’apparato
auricolare illustra loro come si svolge l’attività dell’udito, spiegando nel
contempo la necessità di dotare il bimbo di un supporto protesico. I genitori
hanno dimostrato di aver ben compreso, e quindi invitati a tornare con il loro
bimbo fra 15-20 giorni per la rilevazione dell’impronta del padiglione
auricolare, e quindi per la conseguente applicazione della protesi acustica.
Alle 15.15 viene visitata anche una
bimba di nemmeno 2 anni, già con I.C., e quindi sottoposta ad esame
audiometrico, con soddisfacente esito della mappatura dell’I.C.
Alle
15.40 la dottoressa Consolino (nella
foto) si reca nel reparto di Pediatria per visitare un paziente
precedentemente operato, ma in ricovero per una manifesta otite monolaterale.
Una breve “variante” per poi proseguire con le visite audiologiche a due
pazienti adulti. Sono circa le 15.50
quando una signora di 35 anni, accompagnata dal marito, viene accolta dalla
dottoressa con la consueta affabilità (quasi affettiva), la cui sordità è
causata da otosclerosi sinistra, ossia una malattia dell'orecchio
piuttosto rara che provoca sordità, e consiste in una crescita microscopica
anomala di osso nelle pareti dell'orecchio interno, tecnicamente una
"osteodistrofia della capsula labirintica". Due mesi prima la
paziente è stata sottoposta ad I.C. monolaterale, e dalla parte opposta dotata
di un apparecchio acustico. È rivedibile nei prossimi mesi. Alle 16.05 entra in ambulatorio un uomo di
45 anni con I.C. monolaterale, e pregressa trombosi oculare. Viene sottoposto a
mappaggio e a prove di percezione uditiva di verifica in quanto il paziente
afferma di perdere occasionalmente la concentrazione con tendenza
all’autoisolamento… Questa visita è seguita da un altra che vede un paziente
affetto da sordità congenita e già sottoposto ad I.C. bilaterale sequenziale,
successivamente alla applicazione di apparecchi acustici. Il controllo è
soddisfacente. Sono quasi le 16.30
quando terminano le visite in relazione a quello che viene definito “percorso
ambulatoriale”, per il quale l’audiologa tiene a precisare: «L’Audiologia è una disciplina medica che
deve essere il più corretta possibile sin dalla nascita dei bambini, seguendo
le segnalazioni dei neonatologi che devono effettuare lo screening audiologico
neonatale di primo livello, e inviare i pazienti con sospetto o manifesto
difetto uditivo al Centro di riferimento». Ma tutto questo è sufficiente? «No di certo – spiega la dott.ssa
Consolino, di provata esperienza – in
quanto è importante sapere come e quando prescrivere una protesi, ad esempio,
oppure quali protesi sono più indicate e come tararle. Ed ancora. Quali
pazienti possono continuare ad usare gli apparecchi acustici in quanto ben
compensati dal punto di vista audiologico, e quali invece i pazienti (anche se
molto piccoli) indirizzare in sala operatoria per garantire loro la cosiddetta
loudness uditiva». E conclude: «Non
sono solo la diagnosi e lo screening che fanno un buon percorso, oppure un I.C.
ben collocato o meno, ma un completo percorso di visite e controlli, che deve
essere semplice, corretto e razionale al fine di predisporre un adeguato
programma di follow-up. E ciò richiede il saper riconoscere la sensazione
soggettiva soprattutto dei piccoli pazienti, individuando la loro capacità di
recepire un suono, una parola accompagnati da un gesto visivo come concetto attrattivo».
Un’intensa giornata che si
conclude con il menzionare l’indispensabile apporto della logopedia, intervento
rieducativo in quasi tutti questi pazienti, un tempo (come ricorda con
nostalgia una veterana, oggi in pensione, e che vuole mantenere l’anonimato)
esercitata con pochissimi mezzi, se non quelli della voce e della gestualità,
ma comunque altrettanto utili per superare (sia pur lentamente) alcune barriere
che hanno visto molti piccoli pazienti, in età prescolare e successivamente,
“confinati” nel limbo dei cosiddetti sordomuti o sordastri, mentre poco a poco
e soprattutto in questi ultimi anni, tutte le persone con un deficit uditivo
non solo devono essere definite non udenti o ipo-udenti, ma come precisa Paolo
De Luca, presidente regionale dell’APIC: «… tale
condizione patologica preferiamo chiamarla disabilità uditiva, perché chi nasce
sordo non è anche muto, e può ricominciare a parlare. E può farlo davvero».
Un “incipit” di carattere associativo (ma non solo) che vuole richiamare
l’attenzione sul ruolo dell’Associazione Piemontese Portatori Impianto
Cocleare, a carattere volontario senza fini di lucro che è sorta a Torino
nel 1998 ad opera di pazienti sordi profondi sottoposti ad intervento per
impianto cocleare. Tra le finalità promuove e favorisce
iniziative che rendano migliore la qualità della vita degli utilizzatori
dell'impianto cocleare e di coloro che a tale trattamento devono sottoporsi. Coinvolge il
personale medico e tecnico che ha competenze specifiche nel campo dell'impiantologia
cocleare. Sensibilizza le strutture pubbliche (sanitarie e non) per un
miglioramento dell'assistenza e per la diffusione dell'informazione su questo
sofisticato tipo di trattamento della sordità profonda che a tutt'oggi
costituisce il metodo migliore per il recupero sociale di chi è affetto da
questo grave deficit sensoriale o, in certi casi, di sordità congenite, l'unico
mezzo di appoggio per lo sviluppo del linguaggio nel bambino. È oltremodo
preposta all’aiuto reciproco fra gli associati con l'organizzazione di incontri
per il confronto delle esperienze personali e supporto ai soggetti in attesa di
intervento o che ad esso siano appena stati sottoposti. Un ulteriore contributo
al sostegno di questi pazienti è l’associazione CIAOCISENTIAMO (presidente Andrea
Serlupi), fondata a Torino nel 2013 e costituita da persone ipoudenti e
genitori di bambini affetti da ipoacusia, tutti portatori di I.C. e/o protesi
acustiche. Tra le finalità il sostegno e conforto alle famiglie che si trovano
ad affrontare questo problema; ma anche quello di sensibilizzare l’opinione
pubblica e le istituzioni sui reali problemi di questi pazienti, anche
attraverso una capillare informazione sul territorio. In più occasioni questa
associazione, attraverso diverse iniziative, ha provveduto ad acquistare
apparecchiature per il più completo svolgimento della attività
clinico-sanitaria.
Foto di Ernesto Bodini
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