LA COMMOVENTE TESTIMONIANZA DI UN GENITORE
Otto Frank, il padre di Anna, in una intervista
ancora oggi in rete, a ricordo imperituro
delle nefandezze umane, nella vana speranza di
un mondo migliore e pace tra i popoli
di Ernesto Bodini
È da poco trascorso
il Giorno della Memoria (27 gennaio), ricorrenza internazionale celebrata come
giornata per commemorare le vittime dell'Olocausto (Sohah), designata dalla
Risoluzione 60/7 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 1º novembre
2005. Un appuntamento “onorato” un po’ da tutti e, voglio sperare, in tutto il
mondo. Di celebrazioni la storia ne è ricca, ma questa, dovrebbe imprimere
nella coscienza di tutti noi il profondo senso di umanità e quindi del rispetto
dei nostri simili, poiché la vita è sacra e come tale va difesa. Ma purtroppo
la mente umana non ha e non si pone limiti, tant’é che a distanza di secoli, si
assiste ancora (e sempre di più) a guerre fratricide. Una realtà che rientra
tra gli innumerevoli misteri dell’esistenza umana, che nessuno ha il diritto di
sondare perché, se ciò fosse possibile, probabilmente la vita umana non avrebbe
avuto alcun inizio... Ma tant’é. La storia ci ha accompagnato con il suo
decorso, fatto di atti benevoli e malevoli, e chi ha vissuto l’esperienza della
alienazione e della sofferenza se ha potuto ce lo ha raccontato; e per chi non
ha potuto il loro vissuto e la loro dipartita l’abbiamo “ereditata” dai
superstiti-testimoni, come quella del signor Otto Frank (1889-1980), padre di
Anna, la sua secondogenita deceduta nel campo di concentramento di
Bergen-Belsen nel 1945 a soli 15 anni, divenendo il simbolo
della Shoah. Una giovane promettente scrittrice e magari anche giornalista,
come ha lasciato ad intendendere nel suo famoso Diario, e sulle cui pagine
confidava ad una immaginabile amica del cuore (“Kitty”), riponendo inoltre
speranze di un futuro migliore e pace tra i popoli. Il prezioso contributo di
quelle pagine ha fatto il giro del mondo, come pure la testimonianza vivente
cinquant’anni dopo (nel 1968) del padre Otto Frank (unico superstite della sua
famiglia e dei coinquilini dell’Alloggio Segreto); testimonianza a mezzo
intervista di Arnoldo Foà (1916-2014) a cura di Rai Storia e della Fondazione
Giorgio Perlasca, che desidero riprodurre a ricordo di tutti.
Signor
Frank, a lei vengono rivolte per lettera moltissime domande. Vorremmo sapere, per
esempio, da chi le riceve e qual è il contenuto di queste lettere?
“Subito dopo la
pubblicazione del Diario di Anna, in diversi Paesi molti lettori hanno
incominciato a scrivermi. Il numero di queste lettere è andato poi
vertiginosamente aumentando dopo la diffusione del film e la riduzione teatrale.
Il maggior numero di lettere proviene da ragazze fra i 13 e i 18 anni; ma anche
molti ragazzi mi scrivono. Molte lettere mi arrivano scritte da genitori,
insegnanti, sacerdoti. È comprensibile che delle giovinette, specialmente
nell’età dell’adolescenza, si identifichino con Anna e con i suoi problemi.
Alcune mi scrivono che anch’esse hanno iniziato un diario, e in esso si
rivolgono ad Anna come Anna faceva con Kitty. Molti mi espongono i loro intimi
pensieri, chiedendomi consigli per la fiducia che hanno in me quale padre di
Anna. Il coraggio e l’ottimismo di Anna rappresentano per molti un esempio per
superare le difficoltà della vita; ma le lettere più importanti che ricevo sono
quelle di giovani che mi dicono che dopo aver i letto il Diario di Anna, hanno
cominciato a pensare e a rendersi conto di avere una responsabilità verso gli
altri, e di dover cercare uno scopo per il futuro. Essi paragonano la loro vita
libera e priva di preoccupazioni, con la difficile e pericolosa situazione di
Anna costretta a nascondersi. Molti genitori ed educatori mi scrivono che il Diario
di Anna ha insegnato loro quanto sia difficile conoscere i propri figli; molti
sacerdoti sono rimasti impressionati dal profondo senso religioso di Anna e
dalla sua fede in Dio. Desidero menzionare che in numerose lettere dalla
Germania la questione della colpa ha un rilievo importante. Persone anziane mi
scrivono la vergogna di ciò che la loro generazione ha fatto agli ebrei, mentre
giovani tedeschi mi chiedono che cosa potrebbero fare per riparare i crimini
dei genitori. Ma ci sono anche altri che declinano ogni responsabilità e
rivelano segni della vecchia mentalità nazista; si tratta per fortuna, di
eccezioni. Senza dubbio il maggior numero di lettere mi arriva dagli Stati Uniti,
ma potrà forse interessare che molti giovani mi scrivono dal Giappone. Poiché
nel loro Paese la persecuzione degli ebrei è sconosciuta, essi considerano il
destino di Anna come una conseguenza della guerra, ed esprimono in quasi tutte
le lettere un desiderio di pace. Ricevo anche lettere dai Paesi comunisti e vi
si deplora che Anna sia stata una vittima del Fascismo. Le lettere che ricevo
dall’Italia sono in genere di tipo emotivo, piene di amore e ammirazione per
Anna”
In quante lingue è
stato tradotto il Diario di Anna?
“Il Diario di Anna è
stato tradotto in 34 lingue ma è stato pubblicato in 43 Paesi. Per esempio,
esistono due edizioni inglesi, una in Gran Bretagna e una negli Stati Uniti;
tre edizioni tedesche di cui una nella Germania Occidentale, una nella Germania
Orientale, una in Svizzera e diverse edizioni spagnole, portoghesi, etc.”
Anni fa, a Hollywood
è stato tratto anche un film dal Diario, che ha esteso il messaggio di Anna ad
altri milioni di spettatori. Inoltre, anche la riduzione teatrale è stata
rappresentata in molti Paesi. Quante produzioni ne sono state fatte?
“Non potrei dirlo
nemmeno in modo approssimativo, né so in quanti Paesi sia stato dato il film;
certamente in tutti Paesi in cui è stato pubblicato il Diario, anche la
riduzione teatrale è stata presentata. Immagini che in Germania il lavoro è
stato dato in più di cento città. A Buenos Ayres tre diversi allestimenti in
spagnolo e in italiano, sono andati in scena contemporaneamente. La Compagnia
italiana di Belullo ha portato il lavoro nei Paesi dell’Est, compresa la
Russia; il film, ovviamente, ha avuto una diffusione ancora più vasta, ed è
stato persino in molti Paesi asiatici: dalle Filippine al sud Vietnam”
L’allogio segreto in
cui eravate nascosti, è stato trasformato in Museo, con annesso Centro
Giovanile. Può dirci qualcosa dell’attività di questo Centro?
“Nella casa in cui
siamo stati nascosti è stata istituita la Fondazione Anna Frank. La casa
consiste in due parti: il nostro nascondiglio era nella pate retrostante, ed è
stata conservata nel suo stato originale. Da tutte le parti del mondo arrivano
visitatori, il loro numero ascende a circa a circa 100 mila all’anno. Oltre al
nascondiglio segreto c’é una vasta documentazione dell’occupazione dell’Olanda.
Comunque, l’attività principale della Fondazione è concentrata nel Centro
Giovanile Internazionale. Il suo scopo è di promuovere le idee e gli ideali di
Anna, stabilendo contatti internazionali fra i giovani e di favorire una
migliore comprensione fra loro. Il Centro organizza conferenze, letture,
dibattiti a cui prendono parte giovani di differenti nazionalità, religioni,
razze e opinioni politiche. I temi di queste riunioni sono prevalentemente:
conoscenza e comprensione delle religioni nel mondo, problemi educativi, problemi
della gioventù, problemi di attualità. Anna ha scritto nel suo Diario: “Voglio lavorare per l’umanità”. È in
questo senso che io mi propongo di adempiere il suo testamento, facendo sì che
uno spirito di comprensione internazionale emani dalla Casa di Anna Frank, per
una pace giusta e duratura e per un mondo migliore. La Fondazione coopera anche
con altre Organizzazioni aventi simili scopi, come l’Unesco, e spera di poter
stabilire in seguito altri Centri Anna Frank in diversi Paesi tra cui
l’Italia”.
Sono ormai trascorsi 74 anni dalla fine di
un’odissea che ha visto una infinità di protagonisti che, a vario titolo, hanno
lasciato un segno indelebile nell’animo umano e, per quanto retoriche possano
essere le considerazioni, nulla è cambiato dovendo fare i conti, tra l’altro, con
il ruolo del negazionismo. Un vero e proprio insulto non solo alla memoria
delle vittime dell’Olocausto e dei loro famigliari, ma anche al valore della
dignità umana intera; e a mio avviso paradossalmente anche agli stessi
negazionisti... se li vogliamo considerare esseri umani a tutti gli effetti. E
non bisogna dimenticare che chi risparmia i malvagi danneggia i buoni (Seneca,
docet!)
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