QUESITI E ASSURDITÀ
BUROCRATICHE NELL’AMBITO DELLA P.A.
Un perpetuarsi per
indolenza anche degli stessi comuni cittadini: uno
“scoramento” che, per certi versi, rasenta l’esempio dell’epoca socratica
di Ernesto Bodini
Non è dato a sapere, ad esempio, a livello pratico quale il valore della Costituzione. Quale il criterio della “non trasparenza” di molte P.A. verso il cittadino. Perché in caso di contestazione, generalmente, è più creduto il rappresentante di Legge rispetto al cittadino comune. Perché le Istituzioni apicali (ad esempio i Ministeri) non rispondono alle missive del cittadino, men che meno per telefono. Perché gli interlocutori della P.A., specie a livello apicale (in particolare dirigenti, funzionari e assessori) solitamente non si qualificano anche se richiesto dal cittadino loro interlocutore. Perché nelle Scuole non si insegna storia e origini della burocrazia, poiché la stessa da sempre condiziona la vita del cittadino e il lavoro della stessa P.A. Come poter disquisire sul fatto che i Giudici hanno molta discrezionalità, peraltro assai soggettiva, nel giudicare in sede di processi, pur essendosi formati a livello universitario in modo presumibilmente univoco. Perché mantenere attive (o non modificare ) Leggi che in pratica non sono rispettate. Perché non si riesce a rimediare agli errori dei giudici nei confronti del cittadino, in particolare il riferimento è ai detenuti innocenti per errori giudiziari. Perché per aver diritto al Difensore d’Ufficio in ambito Penale il reddito del ricorrente o convenuto da difendere non deve superare un certo minimo alquanto irrisorio, tanto che in pratica ben pochi potrebbero fruire di tale patrocinio. Perché la Presidenza della Repubblica non risponde ai gravi problemi esistenziali (che non sono pochi), segnalati talvolta dai cittadini stessi in quanto elusi dalle Amministrazioni locali, mentre è molto più dedito ad elargire onorificenze a taluni il cui portamento solitamente rispecchierebbe il proprio dovere; oltre a ricevere delegazioni di sportivi famosi attribuendo loro il merito di essere “l’orgoglio della Nazione”, mentre non vengono quasi mai considerati alla stessa stregua i molti disabili con gravi problemi e difficoltà anche esistenziali. Perché per partecipare ad un Concorso indetto dalla P.A. è necessario possedere un titolo di studio (spesso una laurea), mentre abbiamo avuto due ministri senza titoli deputati a reggere un Dicastero. Perché in caso di responsabilità di un pubblico ufficiale di una qualunque P.A., lo stesso non paga mai di persona (rarissime le eccezioni), ma solitamente ne risponde l’Ente stesso.
In merito a quanto su esposto, che è pure una sintesi, in questi anni ho provato a cercare delle risposte, e se non anche ad ipotizzare qualche “giustificazione”, ma l’assurdo è che sono i miei stessi concittadini a non approfondire queste “assurdità istituzionali”, pur ritenendosi doverosamente cittadini italiani; di conseguenza il sistema delle inefficienze e delle omertà si incancrenisce sempre di più lasciando spazio alle pagine dei mass media che, per quanto a volete denuncino, non favoriscono soluzioni se non aver accolto lo “sfogo” dei lettori. Ora io mi chiedo: ma che mai Italia è questa? Potrei esprimere una serie di aggettivi (anche se nel rispetto dell’etica), ma rischierei di mettermi al livello più basso delle Istituzioni stesse, sia pur con qualche eccezione. È a dir poco desolante constatare un progresso tramutarsi in regresso, ed ancor più sconcertante che vi sono persone che si opporrebbero a tale sistema con mezzi ai limiti della legalità. I nostri vecchi, quelli rimasti ormai quasi vicini al secolo, ci rammentano che «si stava meglio quando si stava peggio»; una constatazione sempre più rispondente alla realtà d’oggi proprio perché, a mio avviso, la “vera democrazia” tanto decantata fuoriesce solo dai documenti e dalla bocca di molti retorici non immuni da ipocrisia. Probabilmente i nostri governanti di ieri, ma soprattutto di oggi, avrebbero bisogno di essere “indottrinati” dalla saggezza di Socrate (magari bastasse), il cui esempio che ci viene trasmesso dai suoi discepoli consiste nel fatto che era un grande mediatore alla ricerca del giusto mezzo, dell’equilibrio fra la norma ideale e la realtà umana, non in astratto, ma facendo appello all’essere dell’individuo in senso “esistenziale”, che in lettura odierna potremmo sintetizzare in razionalità. Citando sempre il sommo della saggezza universale, anche ai suoi tempi sopravveniva lo scoramento dei suoi interlocutori privandoli della possibilità di continuare il dialogo o addirittura di porre fine allo stesso. Quindi, in chiave moderna, mi verrebbe da concludere che di fronte alla nostra burocrazia, nemmeno i più dotti cattedratici saprebbero (o vorrebbero) opporsi… forse per timore di essere costretti loro stessi a “bere la cicuta” per mano dei burocrati.
Morale: Finché ogni singolo cittadino (individualmente e non collettivamente) non imparerà armarsi di carta e penna per diffidare e denunciare ogni sorta di incongruenza, vessazione e ingiustizia, e a rinunciare al proprio tempo nel popolare le piazze in cortei, sitin e fiaccolate per seguire il proprio “leader” incantatore di gente illusa, le Leggi e la Costituzione per la gran parte rimarranno sempre documenti (sia pur nobili) ma di carta impolverata, tanto che non viene mai meno quanto affermava Armand-Jean duca di Richelieu (1585-1642): "Promulgare una Legge e non farla rispettare, è come autorizzare la cosa che si vuole proibire".
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