NONOSTANTE GLI EFFETTI DELL’ULTIMO
CONFLITTO MONDIALE… LA STORIA CONTINUA
La “sete” dello strapotere ancora non si placa
un po’ ovunque, ma bene farebbero questi irresponsabili a leggere qualche
pagina della storia di Don Carlo Gnocchi, valoroso cappellano degli
alpini e padre dei mutilatini.
di
Ernesto Bodini

Chissà se tra i despoti del momento, che si
credono padroni del mondo e della vita altrui, hanno mai sentito parlare di Don
Carlo Gnocchi (1902-1956) e soprattutto della sua opera per l’assistenza dei mutilatini. Ma
non solo. A quei signori (la minuscola non è un refuso) che occupano il
territorio russo, e viceversa per quanto riguarda l’Ucraina, vorrei rammentare che Don Gnocchi, terminata
la campagna nei Balcani, dopo un breve intervallo a Milano, nel ‘42 ripartì
volontario per il fronte questa volta in Russia, tenente cappellano degli alpini della Tridentina… per
non lasciar soli quelli che erano stati i suoi allievi al Gonzaga. Nel gennaio
del ‘43 iniziò la drammatica ritirata del contingente italiano: don Carlo,
caduto stremato, ai margini della pista dove passava la fiumana dei soldati, venne miracolosamente raccolto su una slitta e salvato.
Quindi anch’egli si trovò in quella gelida terra di fronte a un avversario che
forse nemmeno conosceva e, man mano che avanzava vedeva cadere sotto i colpi
del nemico tanti soldati, parte dei quali confortò con la promessa che avrebbe
portato ai propri famigliari i loro effetti personali, rassicurandoli
impartendo loro la benedizione e raccomandandoli a Dio. Sul finire del
conflitto non solo si contarono i caduti sul campo ma anche molti i figli
orfani e i mutilati, sia a causa del conflitto che anche dopo per aver trovato
disseminati sul terreno molti ordigni inesplosi. In Italia al termine del
conflitto più di 20 mila sono stati tra morti e mutilati, e diverse centinaia
gli invalidi ancora nel 1952. Ma perché soprattutto tanti bambini tra le
vittime dopo il conflitto? Sono quelli più spesso colpiti perché erano abituati
a giocare con le cose che trovavano sul terreno, frugare nei posti più impensati; la curiosità
li spingeva a smontare, distruggere, a dare calci a quegli ordigni mortali
inesplosi che sembravano innocenti giocattoli: quella che sembrava una semplice
pigna esplodeva 84 schegge di ferro,
quella che sembrava una matita raccogliendola scoppiava loro tra le mani, come
pure delle banali palle colorate potevano esplodere seminando morte e scempio del corpo umano se ne
strappavano le linguette di cuoio.

Le mine antiuomo sembravano (e sembrano) curiose
scatole o valigette con tanto di serratura e maniglia, coperchi fatti apposta
per farli rotolare a calci; insomma, strani oggetti che, sollecitati,
provocavano lo scoppio capace di perforare la lamiera d’acciaio di un carro
armato. Dati che non hanno mutato gli eventi tant’è che il dramma umano continua con l’attuale conflitto
tra le due nazioni che dura ormai da tre
anni e, nonostante le varie mediazioni di esponenti di alcuni Paesi,
l’obiettivo pace sembra essere ancora un miraggio. Per rammentare un ulteriore dato significativo, negli
anni ’50 furono oltre 2.000 i bambini colpiti con gravi mutilazioni, in seguito
ricoverati negli Istituti fondati da Don Carlo, curati e assistiti per
garantire loro un futuro. La storia di Don Gnocchi (dei mutilatini prima, e dei
poliomielitici poi, compreso chi scrive) è ricca di episodi i cui sviluppi hanno contribuito a riportare
un po’ di serenità, allontanando i
ricordi di quel doloro periodo.

Ma purtroppo, nonostante i decenni trascorsi,
anche se pare non esserci il rischio di un terzo conflitto, il dramma si sta
ripetendo, sia pur in “limitate” proporzioni e, a mio parere, tanto Putin
quanto Zelensky pare non intendano considerare di fatto (“a sufficienza”)
quanto bisogno ha l’umanità della pace: se poco li impressiona i deceduti che
avrebbero potuto evitare (pare qualche milione), figuriamoci se li impressiona
i feriti resi invalidi. E quante ancora le oscenità che oscurano il volto
dell’Europa (e di riflesso anche il nostro Paese diviso in due: chi vuole
sostenere gli armamenti e chi no a sostegno dell’Ucraina). Purtroppo non esiste
una copia di Don Carlo Gnocchi per accogliere ed assistere gli invalidi sia
russi che ucraini: una “clonazione” che solo il buon Dio potrebbe garantire!
Dunque, non si tratta solo di dare un senso al dolore che per recepirlo quei
signori dovrebbero prendere in braccio uno di quei piccoli mutilati e ascoltare
il loro lamento, la loro invocazione… il loro rimprovero. Ma don Carlo ebbe una
visione che oggi definiremmo “europeista” avendo voluto far conoscere ad altri
Paesi europei, i benefici resi dalla creazione dei suoi istituti, e per questo organizzò
i campi estivi invitando i mutilati di altre Nazioni, affinché un confronto, la
comunanza e la fraternità contribuissero a “dimenticare” le ragioni che hanno
portato i propri padri a combattersi l’uno contro l’altro.
Lo sforzo di Sisifo come eloquente
metafora

Anche in questo ennesimo conflitto che sembra
non aver fine (come diversi altri ancora attivi nel resto del mondo), sarebbe
auspicabile un intervento cristiano, perché se è lecito parlare di
“debolezze” umane lo è altrettanto esprimere quel monito per porre fine allo
scempio generatore di tanto dolore. Ora, se una guerra ha ragione d’essere per
“lor signori”, per contro c’è da chiedersi come sia possibile che si debba ciecamente
continuare all’infinito su questo percorso di assurdità, come nella stupida
fatica di Sisifo, ovvero la fatica di essere uomo (vedi l’opera di Albert Camus
– 1913-1960)… la cui metafora della condizione umana ci ricorda, appunto, il
mitico re di Corinto condannato per l’eternità a spingere un macigno che
rotolava giù continuamente; di mettere al mondo figli per mandarli al macello
sui campi di battaglia, di continuare a costruire per demolire altrettanto
simultaneamente, di accumulare ricchezze destinate al nulla, di strappare alla
natura sempre nuovi misteri per farne poi armi letali. Anche quella attuale è
l’ennesima storia che si ripete e il cui grido di invocazione vorrebbe essere
unanime per dire basta! E non dimentichiamoci che tanto ieri quanto oggi
le guerre nascono da un disordine morale ben prima da uno squilibrio economico
e da un “disturbo” dell’ordine politico; quindi, conseguenza della colpa, o
delle colpe. Già allora, don Carlo Gnocchi affermava: «In tutti questi arcani rapporti, tra
l’uomo e la legge morale, tra Dio e l’umanità, tra il contingente e l’eterno,
chi soffre per la guerra è la vittima che paga per tutti, rappacifica l’uomo
con Dio e riconquista la pace e l’ordine ai propri fratelli». Or
dunque, si impari da questa obiettiva considerazione che, seppur datata,
purtroppo rispecchia sempre più l’attualità.
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