TUTTI PREOCCUPATI PER UN
SSN VOLTO ALLA DERIVA?
Non
servono solo azioni politiche per risanare un sistema, ma anche una maggiore
coscienza civile incontrando la popolazione trasmettendo in modo chiaro e semplice
la Cultura medica e la Cultura sanitaria, auspicando una reciproca
collaborazione affinché nessuno deve poter dire: “Io non sapevo”
di Ernesto Bodini
Per la Giornata nazionale del personale sanitario e
socio-sanitario, assistenziale e socio-assistenziale e del volontariato 2025,
mi permetto di esporre alcune considerazioni. Più passa il tempo e più c’è da
preoccuparsi in merito a come si stanno evolvendo i molteplici problemi
esistenziali nel nstro Paese. E a questo riguardo mi chiedo quanto siano
preoccupati i cittadini che ogni giorno vivono nel dubbio, a cominciare dal
problema salute: la ciliegina sulla torta di questi giorni è la notizia che
riguarda l’ospedale San Pio di Castellaneta (TA), centro medico di riferimento
anche per le comunità dei paesi limitrofi, in quanto è in piena emergenza per
gravi carenze del personale medico-sanitario: nelle utltme settimane una decina
di medici hanno rassegnato le dimissioni lasciando scoperti alcuni reparti,
tant’è che di conseguenza l’operatività dell’ospedale non è più garantita a
pieno. Secondo quanto riportano i mass media diversi servizi sono stati
sospesi, le visite ambulatoriali sono state ridotte, le liste di attesa si sono
allungate in modo considerevole, e il personale restante costretto a turni
massacranti con tutte le conseguenze del caso. Insomma, di fronte ad un
personale dimezzato rispetto al fabbisogno della struttura la situazione è a
dir poco critica, e c’é da sperare che non accada in altre strutture
ospedaliere minori per non vedere pazienti aggravarsi (o morire) per mancanza
di assistenza medico-sanitaria. A questo punto mi viene da porre la seguente
domanda: nonostante le Autorità politiche preposte, siamo sicuri della loro
totale competenza e capacità di valutazione al fine di trovare “soluzioni
tampone” per contenere il problema? Non è certo mia intenzione azzardare
giudizi non conoscendo nessuno di questi preposti a “gestire la nostra sorte”,
ma il fatto stesso che non ci sia un concreto punto fermo e condiviso di
incontro tra governanti e i vari rappresentanti di categoria, mi permetto di
poter dedurre che più sono i “pretendenti del sapere” e meno concretezze
riescono a produrre, e intanto ogni giorno rischiamo di non essere curati, o di
esserlo parzialmente e tardivamente… In merito a ciò una delle conseguenze che
in taluni casi si possono verificare, sono visite e diagnosi affrettate e/o
incomplete, in ospedale o sul territorio a cominciare dall’eccessivo carico dei
medici di famiglia che, detto per inciso, quasi metà della giornata la dedicano
alla compilazione di ricette e aggiornamenti costanti con la propria Asl e la
propria Regione. Nel contempo, fra le carenze bisogna considerare non pochi
potenziali professionisti che scelgono di recarsi all’estero, altri di lavorare
nella sanità privata, altri ancora periodicamente vanno in pensione, e una
minima parte getta la spugna… senza contare quei medici e infermieri che hanno
subìto l’umiliazione e non poche conseguenze a causa di aggressioni da parte di
pazienti o anche degli stessi loro famigliari. Ma nel contempo non
dimentichiamo quell’esercito di sanitari che durante la pandemia da Covid-19 si
sono spesi anima e corpo per curarci, e in non pochi casi rimettendoci la salute
e la vita stessa. A questo riguardo ecco alcuni dati. Sono state 197 mila le
persone decedute durante la pandemia, ossia dal 2020 fino al 5 maggio 2023,
giorno in cui la pandemia è stata dichiarata finita. Ben 27 milioni di persone
si sono ammalate di Covid, tra queste 513.845 erano operatori sanitari; l’età
media dei contagiati era di 45 anni, mentre il numero dei guariti è stato 25,4
milioni. Tra i sanitari deceduti: circa 400 i medici, 90 gli infermieri e 30 i
farmacisti. Le persone vaccinate sono state 50 milioni, pari all’87,7% della
popolazione; tra queste, oltre 40 milioni quelle che hanno ricevuto la terza
dose e 6,7 milioni quelle che hanno ricevuto la quarta. Volendo estendere la
conoscenza dei dati che hanno “condizionato” la nostra esistenza in tale
periodo, 24 miliardi di euro è stata la spesa per le mascherine chirurgiche o
FFP2; 120 milioni di euro è stata la cifra spesa per i banchi a rotelle da
utilizzare nelle scuole per evitare il contagio tra alunni, rivelatisi poi
inutilizzabili; 49 milioni il numero delle dosi di vaccini non utilizzati e/o
scaduti. Anche questi dati inducono ad ulteriori riflessioni su una parentesi
sanitaria che ha avuto il massimo riconoscimento per l’operato di tutti i
sanitari: medici, infermieri e Oss; ma anche tutti quegli operatori deputati
per gli aspetti organizzativi e di coordinamento… ad eccezione per l’aspetto
della comunicazione. Molte anche le iniziative di solidarietà sociale, sia da
parte di comuni cittadini che di associazioni di volontariato.
Ma superata la pandemia bisogna fare i conti con
una realtà che, paradossalmente, sta evolvendo al peggio: prima abbiamo dovuto
combattere con un “nemico invisibile”, ora si tratta (o si tratterebbe) di
rivedere il problema Sanità pubblica sotto i più diversi aspetti, come quelli
su elencati; ma la domanda è: chi è in grado e chi ci garantisce una sia pur
Minima soluzione a tutela della nostra salute e quindi dei nostri diritti? È inutile illudersi: la bacchetta magica non ce l’ha
nessuno, e a mio modesto avviso si tratterebbe di intraprendere iniziative attraverso
incontri pubblici, trasmettendo i concetti di cultura medica e cultura
sanitaria, affinché nessuno possa dire: «Io non sapevo». Ma cosa intendo per cultura medica e cultura
sanitaria? Nel primo caso far capire a tutti che la Medicina ha notevoli
potenzialità ma anche altrettanti limiti; nel secondo caso spiegare come è nato
e come è costituito il SSN, includendo gli effetti del Federalismo (per effetto
della Riforma del Titolo V della Costituzione) e della cosiddetta Autonomia
Differenziata. Inoltre, si tratterebbe di affrontare come garantire le
priorità, non solo in ambito ospedaliero ma anche per quanto riguarda
l’assistenza sul territorio; e nel contempo sarebbe cosa “giusta ed utile” spiegare
al pubblico compiti e limiti del gestore politico della sanità, nella più
totale trasparenza e aprendo le porte delle proprie sedi affinché i cittadini
possano esporre i propri problemi che non riescono a comprendere o a risolvere
per le vie tradizionali… Utopia, azzardo? Forse, ma se non si comincia ad
ipotizzare un modus operandi partendo
dal basso, è cosa certa (o quasi) che andremo sempre più alla deriva, e non
solo in ambito sanitario… Tutto ciò, bene inteso, nonostante le tante eccellenze
nei nosocomi della Penisola. Da Nord a Sud.
Per la Giornata nazionale
del personale sanitario e socio-sanitario, proclamata il 20 febbraio scorso, il
Ministero della Salute ha diramato un comunicato stampa in merito all’incontro
con la rappresentanza delle diverse categorie di professionisti, con
l’obiettivo di rinnovamento delle professioni per una nuova sanità. In Italia
ogni giorno oltre 3 milioni di
professionisti del comparto sanitario, socio-sanitario e assistenziale,
socio-assistenziale e del volontariato, si dedicano con passione e competenza
al benessere della comunità. Quindi, un incontro per dar voce a queste azioni,
un appuntamento istituito con la Legge 13/11/2020, con l’obiettivo di un
rinnovamento delle professioni per una nuova sanità, al quale hanno partecipato
oltre 800 professionisti, puntando sulla valorizzazione del personale per
migliorare il SSN. Grazie a questi operatori della sanità, è stato ricordato,
ogni giorno vengono erogate oltre 2 milioni di prestazioni, ma il sistema va
anche riformato a cominciare da nuove modalità di accesso alla Facoltà di
Medicina, che entrerà in vigore per l’A.A. 2025/2026. «Bisogna coordinare meglio la formazione universitaria – ha precisato
Ugo Cappellacci, presidente della Commissione Salute della Camera dei Deputati
– evitando squilibri tra domanda e
offerta di professionisti, garantendo cultura, sicurezza e semplificazione
della burocrazia». Momento centrale, riporta il comunicato, è stato
l’intervento dei rappresentanti delle Federazioni dei Consigli nazionali delle
varie professioni sanitarie. Tra queste i tecnici sanitari di radiologia
medica, delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della
prevenzione hanno fatto sentire la loro voce attraverso la presidente della
Federazione, Teresa Calandra, che ha precisato: «Riteniamo che, sotto l’egida del Ministero della Salute, si debbano
definire i fini identitari delle singole professioni sanitarie: ciò che le
rende uniche e indispensabili, per poi
poter ragionare su quel che è condiviso o condivisibile e per garantire la
flessibilità necessaria alla interprofessionalità, alla sostenibilità e al
potenziamento del sistema». Altrettanto significativo il contributo dei
Chimici e dei Fisici, sui quali è necessario investire maggiormente sulla loro
presenza negli Enti di Controllo e nel SSN. «È necessario – ha precisato Nausicaa Orlandi, presidente della loro
Federazione – completare il percorso
della Legge 3/2018 permettendo a tutti i laureati in Scienze fisiche di poter
diventare fisici e accedere all’Albo, oltre ad aggiornare le competenze dei
Chimici ed istituire quelle dei Fisici». Questi ed altri professionisti del
comparto sanitario unanimamente coinvolti in una politica di rinnovamento e
aggiornamento costanti. «Quello delle
competenze è un elemento fondamentale – ha sottolineato il ministro della
Salute Orazio Schillaci –, e il progresso
tecnologico corre: cambiano le esigenze, stiamo investendo sulla
digitalizzazione. Siamo impegnati nella Legge 3/2018, il nostro un impegno
totale che si tradurrà entro la fine dell’anno in un provvedimento di riforma
sul quale
stiamo lavorando».
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