Onorando la Giornata della Memoria

 

ONORANDO LA GIORNATA DELLA MEMORIA

Antisemitismo e avversioni al bene umano da contrastare sì ma con

meno “enfatizzazione” e più parsimonia. Utile sarebbe rammentare

nello stesso modo qualche esempio di esperienze filantropiche 

di Ernesto Bodini

Premetto che non ho nulla a che vedere con il periodo delle deportazioni avvenute nella seconda guerra mondiale, ad opera di quanti si sono resi responsabili di ogni sorta di nefandezza (genocidio in primis) che non trova alcuna giustificazione, sia sul piano umano che su quello politico. Ma ritengo doveroso da parte mia e di quanti altri della mia epoca, affermare di essere fortunati di non aver vissuto in quel periodo, e di provare la massima vicinanza e considerazione a chi ha subìto (e poi deceduto), e in particolare per i superstiti della Shoah oggi tutti ultra ottantenni: testimoni e con ferite insanabili soprattutto nell’animo. Queste mie iniziali considerazioni potrebbero essere intese come retorica, ma non è così perché dal mio profondo animo emerge una forte immedesimazione nella sofferenza altrui che, per essere tale, non è detto che debba essere necessariamente manifestata continuamente e tanto meno con ostentazione. Giusto e doveroso, dunque, portare alla luce una realtà come quella dell’Olocausto anche a distanza di decenni, sia per non dimenticare e sia per trasmettere ai posteri che la vita non appartiene ad alcuno, se non a chi ce l’ha data, e proprio per questo va rispettata. Ma da come evolvono i fatti della vita molte persone non concepiscono questo “Dettato Divino” e morale intrinseco, tant’è che nel mondo sono in corso oltre 52 conflitti… che sembrano non terminare. Inoltre c’è un altro aspetto da considerare, ossia quello relativo al modo di comunicare in quanto, a mio avviso, paradossalmente degli eventi funesti se ne parla a volte in modo spropositato, tanto che ogni “detrattore” del bene umano per reazione manifesta avversione sino all’odio: vedasi, ad esempio, il mai sopito odio razziale presente un po’ ovunque, e proprio la parola “razza” andrebbe bandita da ogni testo, dal lessico giornalistico e anche dalla nostra Costituzione: meglio sarebbe parlare di “etnia” o di “origine” in qualunque contesto del vivere quotidiano. (Se ben ricordo, in Italia il 30 maggio 2023 le Commissioni Affari Costituzionali e Lavoro della Camera, hanno votato all’unanimità per l’abolizione del termine “razza” da ogni documento amministrativo della Repubblica Italiana, sostituendolo con il termine “nazionalità”. A mio modesto parere, provvedimento che reputo più razionale e rispettoso verso la persona, anziché pontificare politicamente con affermazioni dettate dalla retorica e dalla ipocrisia, per maggior concretezza sarebbe bene porre in evidenza esempi di umana solidarietà nei confronti dei popoli appartenenti alle cosiddette “minoranze”). Quale osservatore degli eventi sociali, che sempre mi coinvolgono con un senso di grande responsabilità per la corretta comprensione ed eventuale commento degli stessi, sono dell’idea che ai “protagonisti” delle suddette sofferte esperienze, non sia il caso di darne eccessivo lustro con tanto di nomina a “Senatore”; mentre il loro contributo sarebbe più utile se venisse utilizzato con meno enfasi ed inviti meno assillanti…, in caso contrario (come avviene) i detrattori e i negazionisti sarebbero stimolati ad esprimere il proprio odio… ed episodi recenti ne sono la conferma. È dimostrato, se lo si vuole ammettere, che più si sollecita l’informazione di fatti condivisi (specie se caratterizzati dalla sofferenza), maggiore sarà la repulsione degli stessi da parte di chi non connette alcun senso di umanità e razionalità; meglio sarebbe diffondere come e perché combattere la sofferenza e l’isolamento…

Mi permetto di suggerire, inoltre, che anche ai tempi del medico-filantropo Albert Schweitzer (1875-1965) nel mondo esistevano aberrazioni un po’ ovunque, quale ad esempio l’indifferenza per i popoli più poveri e diseredati come i negri del Gabon. Questo per significare che la grande dedizione del “grand docteur” verso quei popoli per lungo tempo era nota a pochissimi in Europa e nel mondo, e solo molto tardi Albert Einstein (1879-1955) fece sapere al mondo che in Africa esisteva «L’uomo più buono del secolo». Quindi, a mio modesto parere, si continui pure per dovere etico e sociale a diffondere ciò che è stato e le relative conseguenze, ma con maggior parsimonia sia da parte di Istituzioni, Associazioni e Movimenti vari, e anche dei mass media. Concludo rinnovando espressione di sentimento umano, e idealmente stringere la mano a tutti i sopravvissuti dell’Olocausto, come di tanti altri eventi loro lesivi. Non è la sofferenza che “intenerisce” l’arido cuore di certe persone, ma la dimostrazione di come affrontarla!

 

 

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