UNIVERSITÀ,
CULTURA E LIBERTÀ:
L’OTTIMISMO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Sovente
trasmesso in ogni dove, ma che purtroppo trova scarsa concretezza nel nostro
Paese. Bene sarebbe conoscere i commenti ai Suoi discorsi anche da parte delle
nuove generazioni di studenti. Ma non se ne legge alcuno.
di Ernesto Bodini

Premetto subito che, anche se anticonformista conclamato, non ho particolare
preclusione per i poteri costituiti, anzi. Tuttavia, avvelendomi del libero
diritto di pensiero e di opinione, vorrei disquisire su quanto e come viene
detto pubblicamente da taluni politici spesso invitati a presenziare con
discorsi ufficiali, richiamando i sani principi costituzionali ed umani e,
ovviamente, non mancando di citare sempre il concetto di libertà. Il nostro
presidente della Repubblica, ad esempio, è spesso (doverosamente) invitato un
po’ ovunque, soprattutto in sedi istituzionali, per portare con la sua voce
accorata (e anche un po’ paterna) messaggi di speranza, di incitamento al bene
e alla pace; così come richiamando l’importanza dell’istruzione e della
cultura. Con essi anche la libertà di pensiero, nel rispetto delle regole per
un vivere civile e in totale armonia. Avendo seguito alcuni di questi suoi interventi
su vari mezzi di comunicazione, ho recepito più volte una certa ridondanza,
palesemente retorica (sia pur per certi versi necessaria), che non solo sono
una voluta sottolineatura, ma anche quel volersi attaccare ad esiti di speranza
per un futuro migliore per tutti. Ma purtroppo, pur non volendo dissentire,
ritengo doveroso evidenziare che i Suoi “autorevoli” discorsi tendono a
vacillare se non addirittura a cadere nel vuoto, sia perché non vengono
commentati ufficialmente da nessuno (o quasi), sia perché non sono seguiti
risultati pratici… nonostante il Suo ottimismo che, ovviamente, non va
disarmato. A questo riguardo ho avuto occasione di recepire dalla postazione
internet del 17/1/2025, parte del Suo intervento pubblico all’Università del
Salento, che qui di seguito trascrivo.
«… mutano le condizioni
della vita del mondo, e vi è l’esigenza di individuare nuovi equilibri e questi
vanno trovati attraverso la cultura. È questo il compito che gli Atenei
svolgono… Si tratta di stimolare la ricerca, la trasmissione del sapere nel
collegamento tra le varie discipline di studio e di scienza, senza la loro
separazione, ma con la loro convergenza, interagendo fra di esse per porre sempre
al centro di queste trasformazioni la persona umana. Vi è un’esigenza di richiamare
in questi mutamenti, così radicali e profondi, la centralità della persona, dei
suoi diritti, della sua libertà. È un’esigenza costante, quindi, di richiamare
questo che in realtà è il centro e il perno della civiltà europea: la persona
al centro, e quindi il dialogo, il rispetto reciproco, il confronto,
l’attenzione alle altrui opinioni, il dubbio. Questo è il centro del messaggio
che le Università trasmettono…».

Intervento che merita qualche considerazione. Ad esempio nel suggerire di
trovare nuovi equilibri da individuarsi attraverso la cultura, ma in merito a
ciò non mi pare che in Italia si faccia molta cultura, anche perché determinate
iniziative hanno seguito soprattutto se sono organizzate da Istituzioni o
Associazioni di una certa importanza; mentre quelle proposte da intraprendenti
(e pur capaci) sconosciuti solitamente sono eluse o poco seguite. Su questo
versante ha suggerito che è compito degli Atenei, ma per anotonomasia va
ricordato che gli stessi sono deputati più all’istruzione che alla cultura.
Caso mai, gli stessi (a seconda delle rispettive Facoltà) dovrebbero introdurre
nei loro Corsi argomenti storici, come ad esempio si prenda il caso delle Facoltà
mediche nelle quali non si insegna più (o molto sporadicamente) Storia della
Medicina, materia questa, che per il vero può avere notevoli risvolti anche
culturali per un utile confronto tra le varie epoche. Nel fare riferimento alla
centralità della Persona il presidente ha sottolineato gli aspetti dei suoi
diritti e della sua libertà, ma va precisato che per quanto riguarda i diritti
parecchi di essi sono disattesi (vedasi ad esempio gli artt. 3 e 32 della
Costituzione, ed altri artt. di Legge altrettanto disattesi come quello delle
barriere architettoniche ancora molto presenti in siti privati e pubblici);
relativamente al concetto di libertà è un obiettivo garantito, ma non ad
esempio alle migliaia di detenuti innocenti che ancora languono nelle carceri
italiane. Ha pure sottolineato essere in corso mutamenti radicali, e se anche lo
fossero il processo degli stessi sarebbe (ed è) molto lento… Ma cosa significa sottolineare
il nobile concetto di centralità della Persona? Nel suo intervento
probabilmente non ha avuto modo di approfondirlo, ma sarebbe stato utile magari
citando alcune lacune da parte delle P.A. che, per far quadrare i conti, i politici-amministratori
talvolta “penalizzano” taluni diritti del cittadino e quindi il rispetto della
sua dignità, proprio perché la stessa è relativa alla persona. Altro vocabolo
menzionato la libertà, probabilmente inteso in tutti i sensi ma nella
concretezza oggi si è sempre meno liberi di uscire di casa senza essere
aggrediti, di andare al lavoro senza rischiare di non più rincasare, etc.
Questa a mio avviso non è libertà (sic!). Poi ha citato l’importanza del
dialogo, del rispetto reciproco, del confronto (con chi?), dell’attenziome
delle altrui opinioni, del dubbio; tutti richiami sacrosanti ma che alla luce
del sole odierno diventano sempre meno nitidi… come del resto la cronaca ci
aggiorna ogni quotidianamente. Tutti messaggi che secono il Capo dello Stato
sono e devono essere giustamente
trasmessi dalle Università. Ma se questo avviene è soprattutto sufficiente?
Al di là delle su esposte obiettività, mi sono permesso tali considerazioni non
solo per il diritto della libera opinione, ma soprattutto (mi sia concesso dal
Presidente, se leggerà questo articolo) per il dovere di una attenta analisi
sociologica dei fatti che ci coinvolgono tutti, con l’auspicio di poter vedere
un giorno non lontano prima un’Italia meno frammentaria, e a seguire in un
contesto europeo altrettanto meno disomogeneo. Parafrasando Mahatma Gandhi
(1869-1948), mi piace concludere affermando che
una Nazione migliore è un sogno che inizia a realizzarsi quando ognuno
di noi decide di migliorare se stesso.
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