LA
SCOMPARSA A TORINO DEL DOTTOR CARLO BAGLIANI
Un
valente medico, ma anche un intraprendente della cultura sanitaria
internazionale. Fondatore a Torino del Centro di Medicina per la Danza,
dedicato
alla prevenzione e al trattamento delle patologie degli artisti
di Ernesto Bodini
È sempre difficile affrontare argomenti
che richiedono, doverosamente, di ricordare figure nobili d’animo, professione
e cultura che ci hanno lasciato. Avendole conosciute è bene rievocare qualche
tratto della loro personalità e di quanto si sono prodigati per la
collettività. È il caso del dottor Carlo Bagliani (classe 1947, nella foto)
scomparso nel gennaio scorso a Torino dopo breve malattia. Era specializzato in
Chirurgia generale, ed è stato coordinatore del Pronto Soccorso dove ha
lavorato per 38 anni all’ospedale San Giovanni Bosco, uno dei più grandi
nosocomi situato nella zona nord del capoluogo subalpino. Oltre che valente
clinico era uomo di notevole cultura, di prolifica intraprendenza e amante
della natura umana. Sposato (in seconde nozze)
con l’étoile Luciana Savignano (1943). Era appassionato delle relazioni
internazionali, e quindi riferimento della diplomazia sanitaria, tanto da
essere stato promotore della collaborazione con l’Hubei Medical University di
Wuhan (Cina), in un contesto di significativi progetti ministeriali
internazionali, peraltro riconosciuto dal Ministero della Salute in merito di
una strategia sanitaria globale. Tale impegno lo ha visto in prima linea sin
dal 1997, avendo avuto l’incarico di accogliere una delegazione ufficiale
dell’Hubei Medical University, finalizzato alla collaborazione di un programma
promosso dalla Regione Piemonte e da Göteborg (finanziato dall’Unione Europea),
cui era seguito il progetto “A new
public health in an old country”, una sorta di nuova sanità pubblica in un
Paese vecchio, in cui andava incrementandosi un declino demografico. Nel 1998
sotto la guida dello stesso dott. Bagliani
e del prof. Su Shijun, a Wuhan si sugellò la collaborazione tra l’Hubei
University e l’Asl TO/2 di Torino, che coinvolse oltre trecento professionisti
cinesi. Una iniziativa che ebbe una certa eco tanto che anche il Consolato
della Repubblica Popolare Cinese, a Milano, ne aveva evidenziato il notevole
valore, inserendo le relazioni del medico torinese tra i documenti simbolo della collaborazione
ventennale in ambito sanitario tra Italia e Cina. Sempre nell’ambito delle
iniziative a carattere internazionale, oltre un decennio fa Bagliani ospitò una
delegazione governativa cinese di circa 1o membri del Centro Beijing Disabled
Persons Federation Designated Rehabilitation Service, guidata dal presidente
del Centro Yang Qingren, per conoscere la realtà del nostro Paese relativa ai
problemi delle persone disabili. In quell’occasione fu illustrata la realtà del
Centro di Riabilitazione del Distretto di Chaoyang a Pechino, fondato nel 2007
e specializazzato nella terapia della riabilitazione, educazione speciale,
formazione professionale, cura e assistenza alla persona con relativi servizi
di supporto. Dopo il riconoscimento del 2007, l’anno successivio la Federazione
Persone Disabili di Pechino riconobbe questo Centro privato senza fine di
lucro, e dal 2009 l’Istituto Nazionale
per l’Educazione cinese iniziò la collaborazione con il Centro Beijing Disabled
Persons – Federation Designated Rehabilitation Services, con riconoscimento
anche per la Ricerca. Oltre ad altre iniziative, intraprese dal dott. Bagliani
(che ho conosciuto negli anni ’90), nel 1992 con i colleghi Piergiorgio
Giacoletti e Marco Grisot fondò a Torino il Centro di Medicina per la Danza, un’associazione di volontari (della
quale è stato anche presidente) che intendeva offrire servizi medici a
ballerini e musicisti, con lo scopo di studiare, prevenire e curare le
patologie più frequenti che colpiscono questi artisti.

«L’iniziativa,
che prende lo spunto da realtà internazionali, di tipo anglosassone, già
operanti – spiegò Bagliani in quell’occasione –, consiste nel fare in modo che ogni medico (volontario) metta a
disposizione la struttura in cui presta servizio, proprio per visitare il
paziente musicista o danzatore. Sono interessate tutte le patologie, che vanno
dai problemi alle articolazioni alle
tendiniti, dalle borsiti agli strappi
muscolari, etc.; ma soprattutto quelle di tipo psicologico, neurologico,
dietologico e comportamentale, con particolare riguardo per i giovani che si
avvicinano al palcoscenico con timore, con il rischio che le loro performances
vengano valutate in modo non obiettivo od errato». Anche se da allora non
si hanno più notizie di questa attività vale la pena ricordare ulteriori
dettagli, come quelli relativi al coinvolgimento di altri professionisti
“potenziali pazienti”. Tra questi i musicisti, le cui possibili patologie
variano a seconda dello strumento che usano: i violonisti, ad esempio,
lamentano dolori al collo perché appoggiano lo strumento alla spalla e il mento
allo strumento; le arpiste (che devono sostenere uno strumento dal peso di 40
chili) lamentano male al collo, alle spalle e dolori a livello lombare. I
pianisti, invece, hanno frequenti problemi alle mani e alle braccia; i cantanti
soffrono di frequenti faringiti e infiammazioni alle corde vocali. Questa
lungimirante inizitiva voleva suggellare l’unione tra il mondo della Scienza e
il mondo dell’Arte attraverso l’informazione e la collaborazione, per una
cultura del corpo fondata sulla consapevolezza delle possibilità di equilibrio
armonico tra movimento e creatività. «Il
corpo del danzatore – affermò all’epoca la coreografa Susanna Egri (1926) –
è uno strumento artistico molto
particolare, modellato da una tecnica rigorosa. Se ci si sbaglia ad usarlo, si
possono causare gravi danni, talvolta irreversibili». In seguito si
organizzarono un Corso europeo sulle patologie da palcoscenico, un seminario
dedicato alle patologie diverse dei musicisti e del trattamento non chirurgico
delle loro malattie; ma anche all’analisi dei problemi medici di flautisti,
suonatori di violoncello, cantanti o musicisti rock, le patologie ortopediche
dei danzatori e la cura dell’ansietà da performance. Ricordo il dott. Bagliani
non solo dal punto di vista della sua professione clinica, ma anche da quello
del portamento pacato, sobrio e distante dai clamori della politica e dei mass
media; un simbolo di quella intellettualità che lo ha contraddistinto tanto in
Italia quanto oltre oceano.
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