Morta Amabile Battistello

 

CI HA LASCIATO AMABILE BATTISTELLO

Una testimone-erede che ha vissuto con una cornea

 di Don Carlo Gnocchi per quasi settant’anni 

di Ernesto Bodini

Il ciclo della vita accompagna tutti noi da sempre, ma quando decreta il fine vita di chi “in particolare” è stato erede ed esempio di riconoscenza, viene spontaneo (ma anche doveroso) far riemergere alcune tappe del suo vissuto affinché le future generazioni abbiano a seguirne le orme, o a tramandare  l’esperienza. È il caso di Amabile Battistello, scomparsa a 85 anni, il 9 dicembre scorso, la donna che nel 1956 (allora 17enne) ebbe in dono una cornea di don Carlo Gnocchi. Evento che allora fu considerato fuori legge, e che nemmeno la Chiesa si era espressa sulla donazione di organi. Fu eseguito dal noto oculista prof. Cesare Galeazzi, direttore dell’Oftalmico milanese. Dagli archivi storici della Fondazione omonima e dai molti articoli diffusi nel tempo, più volte è stato raccontato il “prodigioso” evento che qui ho piacere rammentare sinteticamente, compreso uno stralcio dell’intervista rilasciata dalla Battistello. «Ero ragazza e avevo già sperimentato l’amarezza di non poter realizzare il mio futuro come l’avevo sempre sognato: studiare fisica, esercitare una professione, avere una famiglia. Nelle mie condizioni di non vedente tutto questo sarebbe stato inconcepibile. Credo che il mio incontro con don Carlo sia stato “preparato” nel periodo più tragico della sua esperienza pastorale, durante la campagna di Russia tra gli alpini, mentre io, ignara della sua esistenza, accompagnata da uno zio partivo dal mio paese Cusano Milanino per bussare alla porta del prof. Galeazzi, affinché facesse qualcosa per ridarmi la vista». E la storia continua per ricordare come avvenne il contatto con il famoso clinico, come si evince dagli annali. All’amico prof. Galeazzzi don Carlo si rivolse in punto di morte (28 febbraio) facendosi promettere il trapianto: «… Cesare, ti chiedo un grande favore, non negarmelo: fra poche ore io non ci sarò più. Prendi i miei occhi e ridona la vista a uno dei miei ragazzi, ne sarei felice. Promettimelo, io ti ringrazio. Addio…». La Battistello non dimenticò mai quegli attimi di stravolgente commozione…, ma non ricordando cosa disse, piangendo. Nel contempo, tra i mutilatini ospiti al Centro della Pro Juventute, dove vigeva all’interno una scuola con metodo Braille (sistema di lettura per i ciechi), fu individuato un altro giovanissimo idoneo, era il 12enne Silvio Colagrande che aveva perso la vista a causa di un incidente per gioco… Ambedue gli interventi ebbero successo pur considerando la trapiantologia oculare quasi agli esordi. In seguito Amabile Battistello ebbe occasione di tornare dal clinico per i controlli, il quale le ripeteva: «Per curare lesioni corneali come la tua serve un trapianto, ma i tempi non sono maturi e la scienza è ancora indietro. Abbi pazienza e fidati di me: un giorno lo faremo e tu guarirai».

Nel tempo i fatti gli diedero ragione. I due trapianti non ebbero complicazioni: il lembo innestato venne protetto da un dischetto di pelle d’uovo sterilmente preparato e tenuto in sito da due anse di filo incrociato. Il decorso post-operatorio fu ottimo per entrambi i beneficiati, avvolto solo da un clima di grande clamore per quanto era avvenuto. I due giovani pazienti ricevettero la visita anche dal cardinale Martini, anch’egli amico di don Carlo e successivamente divenuto Papa Paolo VI. «Da quel giorno in cui mi tolse le bende e mi fece guardare verso un luogo lontano – ha proseguito nella sua testimonianza Battistello –, io individuai una finestra aperta, il prof. Galeazzi pianse. Poi accese un registratore, azionò un pulsante e la voce debole e sofferente, ma serena di don Gnocchi incisa sul nastro dallo stesso medico, pronunciò le frasi che non scorderò mai: “Cari amis, ve raccomandi la mia baracca… E tu, professor Galeazzi, devi promettermi che alla mia morte prenderai questi occhi e li utilizzerai affinché due ragazzi possano vedere. È tutto quello che mi resta da dare ancora!”. Era la sua voce, che per me non aveva ancora un volto. Volli ascoltarla tante volte, fino a imprimermi nella mente quel timbro sofferente, ma deciso. Riascoltando insieme a me, il prof. Galeazzi aveva detto il mio nome, me lo confermò lui stesso: a me sembrò un grande onore che un uomo così santo conoscesse quel poco di me. Fu così, senza incontrarci, senza conoscerci, che da quel giorno don Gnocchi cammina insieme a me». Preziose testimonianze di una eredità portata avanti anche dal quasi 80enne Silvio Colagrande (che ho avuto il piacere di conosocere anni fa), e del cui ricordo ed esperienza unitamente a quella di Amabile Battistello (che non ho conosciuto) intendo continuare a diffondere, non solo in quanto biografo ma anche quale ex allievo degli Istituti di Don Gnocchi, papà di tutti noi mutilatini e poliomielitici.

Nella prima foto in alto Amabile Battistello di alcuni anni fa e dopo l’intervento, nella  foto in basso i due “eredi” del prezioso dono nei primi anni dopo l'intervento.

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