La diaspora dei Sanitari italiani

 

LA DIASPORA DEI SANITARI ITALIANI 

Fughe senza probabili ritorni in Patria e il SSN sempre più a rischio… Ma quanti i cittadini realmente coscienti e preoccupati per il futuro della propria salute? 

di Ernesto Bodini

È giunto il momento, credo, di chiedersi quanti italiani sono preoccupati del fatto che a breve avremo ancora meno medici di quanto è stato previsto sino ad oggi. E soprattutto come intendono, o intenderebbero, reagire nel caso parte di essi non dovessero essere curati in tempo utile (e nel modo adeguato). A parer mio ritengo che i provvedimenti legislativi non siano sufficienti: è dimostrato che non sempre le Leggi fanno “rinsavire” le persone, tant’è che molti problemi continuano ad esistere nonostante le cosiddette “menti illuminate” di certi politici e cattedratici si sforzino per addivenire a qualche soluzione. È vero, i problemi al nostro interno (senza contare quelli di riflesso internazionale) sono tanti, ma quello relativo alla Sanità è una sorta di ginepraio dal quale pare non si riesca ad uscirne. Ma quali le cause che ci hanno portato a “declassare” nella pratica quotidiana il nostro SSN? Per rispondere a questa domanda bisognerebbe avvalersi di un pool di  esperti (non solo politici, ovviamente) e, soprattutto, individuare caratteri di obiettività ed onestà intellettuale, ma anche ricercare le incompetenze sia dal punto di vista della gestione amministrativa che da quello della capacità di individuare in tempo utile la gestione dei percorsi formativi della classe medica e infermieristica: ritardi e inadempienze a mio avviso potrebbero essere i primi aspetti da colpevolizzare. Ma come si è soliti dire, in questi casi, si chiudono le stalle quando i buoi sono scappati. Un detto ancestrale che purtroppo rispecchia la realtà d’oggi, soprattutto di questi ultimi due decenni. Ora, piangere sul latte versato quanto può servire? Ben poco direi perché bisogna fare i conti con gli eventi che, tramutati in cifre (riportate da più mass media), dimostrano un quadro a dir poco preoccupante e, se tali corrispondono al vero, proviamo a portarle alla luce. L’allarme titola che in Italia i sanitari sono in fuga, sia medici che infermieri, volendo lasciare il Paese e, di questo passo, la Sanità rischia un ulteriore collasso in quanto si ipotizza di perdere il 30% del personale entro i prossimi tre anni. Infatti, sono oltre 14 mila le richieste  di informazioni sull’espatrio presentate dai camici bianchi all’Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI), la quale fornisce assistenza a chi intende andare a lavorare in altri Paesi. Tra le mete più “ambite” l’Inghilterra, la Francia e la Svizzera; e non è soltanto questione di una migliore remunerazione, ma anche di prospettive e di qualità del lavoro. «Tra le altre motivazioni al primo posto – sostengono i refenti dell’Associazione – è sicuramente la stanchezza, poi le aggressioni che sono in aumento, la mancanza di valorizzazione della carriera, la mancanza di coinvolgimento delle decisioni aziendali». In questi ultimi anni i sanitari che hanno lasciato l’Italia sono aumentati in modo esponenziale: si sono trasferiti all’estero circa 2.000 nel 2021, oltre 2.800 nel 2022, oltre 4.000 nel 2023 e circa 7.000 nel 2024; in particolare i medici prossimi ad espatriare sono 1.513 dal Lazio, 1.100 dal Veneto, 1.150 dalla Lombardia, 920 dal Piemomte e 672 dalla Campania. «Per quanto riguarda gli stipendi – è stato precisato – la sola Italia è tra gli ultimi posti nel mondo come pagamento dei professionisti della Sanità».

Tuttavia, per contrastare il fenomeno della “diaspora” il Ministero della Salute intende introdurre incentivi negli straordinari con aumenti fino a 2.000 euro al mese a tassazione ridotta, ma potrebbe non bastare per invertire la tendenza. Questo pronostico, anche se venisse messo in atto ha il sapore di un rimedio un po’ troppo tardivo e, recuperare il tempo perso, richiede sforzi maggiori che vanno al di là degli incentivi di carattere retributivo. A mio modesto avviso si deve ritornare a considerare i medici “restituendo” loro quelle sacrosante credibilità e considerazione sia professionale che umana, favorire il concetto di competitività al loro interno, ridurre al minimo le incombenze burocratiche cui sono soggetti, specie per i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta, perché solo così potranno tornare a trattare il paziente dialogando (benedetta Medicina narrativa) e visitandolo; lasciare spazio alle visite virtuali laddove ce ne siano le caratteristiche idonee (non le prime) per effettuarle, garantire loro maggiori tutele dal punto di vista legale e quindi della responsabilità con ulteriori coperture assicurative, e non lasciarli in balia del dramma… a volte solo con se stessi (vedasi anche i molti episodi di aggressione). Per quanto riguarda i medici con ruoli espressamente più “fiscali” (medici Legali e del Lavoro), sarebbe bene rivedere anche il loro ruolo che, se pur non sono strettamente interessati alla diaspora, il rapporto medico-paziente in non pochi casi lascia ancora a desiderare. A parte questi ultimi, è evidente che una ulteriore garanzia a questo riguardo è data dalla maggiore disponibilità di colleghi medici e anche di infermieri, la cui sinergia è anche più sicurezza per i pazienti. Vorrei anche aggiungere, quale paziente e divulgatore di tematiche mediche e sanitarie, che sarebbe opportuno (se non necessario) favorire il dialogo tra i medici ospedalieri e i medici del territorio, quindi anche quelli di famiglia, sia per la continuità delle cure che per “sgravare” i medici ospedalieri di ulteriori incombenze. Infine, nella mia modesta attenzione per i ruoli che mi competono, vorrei richiamare l’attenzione su quella fetta di popolazione che affolla copiosamente stadi e arene che, attratta dai loro idoli, non sembra troppo preoccupata di questo fenomeno (mentre dovrebbe esserlo); per contro, un’altra fetta di popolazione è rappresentata da anziani e disabili quasi tutti i giorni alle prese con le liste di attesa per una visita od un esame strumentale, e in non pochi casi rinunciatari a farsi curare. In buona sostanza (a parte gli abbienti), un ulteriore fenomeno è dato dal fatto che saranno sempre di più i pazienti anziani e per la gran parte affetti da almeno due patologie croniche (che risultano essere ormai 14 milioni). Quindi: meno medici, più pazienti, uguale Sanità dimezzata e… declino precoce!

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