IL DIALOGO NELLA SAGGEZZA DI SOCRATE
Un dono non ereditato ed una insana crescita nei
rapporti umani,
sempre più fagocitati e deteriorati dai mezzi
moderni di comunicazione
di Ernesto Bodini
È
indubbio che per tutti, o quasi, il dono della parola è di inestimabile valore
per gli esseri umani, sia perchè ci è stato concesso dal Padre Eterno e sia
perché è un mezzo che avvicina gli uni agli altri, anche se in molti altri casi
li allontana. Ne sapeva qualcosa il saggio Socrate il quale sosteneva che
soltanto dialogare di persona (a differenza dello scritto) gli uomini possono
comuniczrsi vicendevolmente quella verità che ciascuno custodisce nella sua interiorità spirituale, e che il
dialogo ha una ricchezza e potenzialità inesauribili. Ma oggi, con la potenza dei
vari social si tende sì a parlare ma spesso a sproposito, e a volte con
finalità di giudizi (o pregiudizi) tendenziosi e se non anche offensivi: allo
stesso tempo però si tende a comunicare scrivendo proprio attraverso questi
mezzi, in modo sintetico e spesso sgrammaticato con l’aggiunta (in allegato) di
figurine animate e non, tanto da rendere più “teatrale” la conversazione. Di
primo acchito rievocare Socrate e rapportarlo a tempi d’oggi è quanto meno
anacronistico se non anche blasfemo, ma a mio avviso può essere utile il
riferimento per comprendere quanta intelligenza e saggezza albergava nel cuore
e nella mente del saggio ateniese, doti che non solo l’hanno reso maestro di
quel “sapere-non sapere”, e di cui oggi noi tutti dovremmo far nostro, mentre
invece quella saggezza tende a restare sua, ad eccezione dei suoi discepoli
ulteriori maestri di vita che tanto nominiamo in aule accademiche o
nell’estensione di articoli dando sfoggio al nostro (saper?) comunicare per
iscritto. Tornando alla dialogo e quindi alla comunicazione verbale, a parte i
vari social, non mancano certo le occasioni per incontrarsi in ogni ambito e a
tutti i livelli sociali e professionali. Ma cosa si dice e come si comunica? Per
avere qualche idea in merito basterebbe sentire come e di cosa parlano le nuove
generazioni che, oltre al lessico, gli argomenti hanno ben poco dall’essere
apprezzati; per non parlare poi dei comunicatori di professione
(giornalisti-conduttori, politici, pubblicitari e opinionisti che amano dare
soffoggio al loro “non sapere” (ovviamente non socratico) dal quale, fatta
qualche eccezione, ben poco si ha da apprendere in fatto di utilità, con
l’aggravante del modo di comunicare: aggressivo e scurrile specie in
televisione, mezzo che per antonomasia garantisce visibiità, notorietà e un
certo potere… anche diseducativo. È evidente che per molti la saggezza degi
storici non viene recepita, tant’é che questi soloni della parola mal espressa
si lasciano “fuorviare” dalla tecnologia, e in merito a ciò faccio fatica ad
immaginare Socrate e i suoi allievi davanti a un microfono e ad una cinepresa,
in quanto ne deriverebbe un loro netto rifiuto. Del resto, all’epoca la
modernità della comunicazione era ovviamente inimmaginabile sotto ogni aspetto,
ma proprio per questa ragione non può essere svilita la loro condotta al punto
da non apprezzarla come insegnamento (privo di condizionamenti) tant’é che,
come ripeto, oggi si comunica anche verbalmente nel modo peggiore e di
conseguenza non in modo utile per le generazioni a venire. Quindi, richiamando
il concetto “dono della parola”, oggi siamo tutti penalizzati o penalizzabili
sia dal punto dell’utilità che dell’etica, e a ricaduta spesso in modo lesivo
verso i nostri interlocutori. Chi mi vuol dissenntire è ovviamente libero, ma
tenga presente che al Sommo non gli si può negare la profonda saggezza che,
come è noto, preferiva tacere piuttosto che parlare di cosa che non sapeva. E
in virtù di ciò, è ipotizzabile che se lo potessimo imitare un silenzio di
tomba scendrebbe su questo pianeta. Sono trascorsi molti secoli e infinita
l’evoluzione dei popoli, ma un barlume di “vero” progresso nella comunicazione
è ancora da venire e, ovviamente, chi scrive non fa eccezione anche se coerentemente e dichiaratamente anticonformista.
Considerazioni lapidarie le mie, ma dettate da un moto di riflessione approfittando
di questo spazio, con l’auspicio di veder nascere un altro Socrate che ci
insegni che il dono della parola è sì prezioso, ma soprattutto se ben
pronunciata e ben dosata non davanti ad una telecamera ma in una agorà di un
piccolo paese… e non solo in una Aula accademica. Vorrei concludere che, anche
per tutte queste ragioni, molte amicizie e parentele stanno precipitando nel
non saper comunicare al serio discapito della necessaria comprensione e
convivialità.
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