IL SAPER COMUNICARE IN PUBBLICO È ACQUA
PASSATA. RARISSIME LE ECCEZIONI
Una dote di pochi eletti e la responsabilità è di
molti soloni presuntuosi a danno
della collettività. Non si tratta solo di “bon ton” ma anche di
professionalità
di Ernesto Bodini
Se
comunicare al pubblico da parte di chiunque è sempre utile e importante, è bene
allora fare alcune considerazioni in merito all’attualità. Prenderei ad esempio
giornalisti, politici, medici, esperti in varie discipline, opinionisti, etc.,
durante i dibattiti in talk show o tribune politiche, nel corso delle quali
sono anche previsti collegamenti in esterna per raggiungere un gruppo di persone
facenti parte del pubblico. C’é da rilevare che rispetto ai tempi andati oggi
gran parte di questi soggetti non sanno comunicare in quanto si parlano addosso
l’un l’altro, iniziando ad esporre un concetto non portandolo a termine, e
magari passando da un capo all’altro del discorso non rispettando il filo
inziale. Ma gran parte di questa che io definisco “inefficienza comunicativa
pedissequa”, i vari conduttori (per la gran parte) non sanno moderare il
dibattito non tenendo “a freno” l’esuberanza (e a volte anche l’ineducazione)
dei loro ospiti, e se i temi in argomento sono di carattere prettamente
politico o comunque di opinione, le affermazioni che vengono espresse si
perdono nel vuoto, tant’é che il telespettatore è sempre più confuso e con
notevoli difficoltà a comprendere. Inoltre, gli ospiti più imponenti di solito
sono i personaggi che in quel momento vanno per la maggiore e quindi più
influenti, siano essi politici al potere o all’opposizione; e dicasi
altrettanto quando gli ospiti sono gli opinionisti o direttori di testate
giornalistiche che hanno tutto l’interesse di “far valere” (se non anche
imporre) le loro affermazioni in quanto rispecchiano la politica della loro
testata… e magari anche la loro ideologia. A questo punto mi verrebbe da dire che
se questi signori amanti del tubo catodico dovessero scrivere come parlano, sarebbero
tutti (o quasi) da rimandare a scuola, o far loro rivedere la gloriosa
trasmissione (RAI) “Non è mai troppo
tardi” (anni ’60) del bravissimo conduttore, maestro e pedagogista Alberto
Manzi (1924-1997), grazie al quale come sappiamo o dovremmo sapere, nei nove
anni di trasmissione insegnò a scrivere a circa un milione di italiani. E poi,
chi non ricorda le “gloriose” rubriche televisive Tribuna Elettorale e Tribuna Politica
degli anni ’60 (su Rai 1, e successivamente anche su Rai 2 e Rai 3), centrate
sui temi della politica curate in parte dal composto e professionale
giornalista Jader Jacobelli (1918-2005), ai cui ospiti dava la parola a uno per
volta, e questi mai si interrompevano a vicenda, mantenendo toni pacati degni
di professionalità e civiltà.
E
proprio grazie a questa impostazione, anche il telespettatore poco incline al lessico
italiano e politico non aveva difficoltà a comprendere… Ma purtroppo, con il
passare degli anni e manco a dirlo, con l’evoluzione del ’68, la libertà di
parola e di azione (per quanto sacrosanta) ha preso per così dire il
sopravvento sulla libertà di pensiero nel senso che rispetto ad allora, oggi
prima si parla (spesso a sproposito) e poi si pensa. Ma tornando ai
comunicatori troppo esuberanti (talvolta anche volgari), bisognerebbe
trasmettere loro queste osservazioni rendendoli responsabili, con la
precisazione di non lamentarsi se chi li ascolta non li comprende; e purtroppo
è il caso di precisarlo, questi ultimi andranno a votarli in modo
inconsapevole, proprio per non aver appreso le esposizioni verbali dei loro
beniamini. Ma come si sa l’Italia è il Paese dei paradossi: quando nel
dopoguerra e per il successivo ventennio si aveva meno informazione, meno
istruzione e meno cultura rispetto ad oggi, i rapporti colloquali (proporzionalmente)
erano più spontanei, più veritieri, meno retorici e soprattutto più umani. Già,
perché il progresso “incontrollato” della comunicazione era ancora un lontano
miraggio, tant’é che con tale avvento né la forma e né la sostanza sono
migliorate lasciando il posto alla perpetua ignoranza e al conseguente
dispotismo, uno scotto che paghiamo caro ogni giorno. Si salvi chi può!
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