La vetrina dei riconoscimenti

 

LA VETRINA DEI RICONOSCIMENTI

Ogni attestazione di qualsivoglia valore privato o istituzionale

è sempre bene accolta, ma meglio sarebbe se finalizzata a combattere

la burocrazia, per la cui azione non è previsto alcun riconoscimento in 

quanto si tende ad eluderla…

di Ernesto Bodini

Dico subito che non è mia intenzione smorzare gli entusiasmi e le soddisfazioni di chicchessia, ancor più di chi a vario titolo è stato insignito di una onorificenza specie se per volere (“motu proprio”) del presidente della Repubblica. Questa introduzione perché da tempo seguo (da privato cittadino) questo rito di riconoscimenti ufficiali dalle motivazioni di merito più varie, a cittadini di tutte le età ed estrazioni socio-culturali e professionali, cogliendone sì il valore intrinseco del merito ma al tempo stesso, a mio avviso non “l’ovvietà”, non tanto per le ragioni che hanno determinato il riconoscimento ufficiale, quanto invece per la ripetitività dei casi. Ora, se certe azioni umanitarie sono il frutto della spontaneità e solidarietà sociale ben vengano, e naturalmente siano di esempio per la collettività; ma non riesco a comprendere come si possa accettare un riconoscimento di valore istituzionale, quando tra tutti i beneficiati sinora non mi risulta che via sia stato un cittadino che lo abbia “elegantemente rifiutato”, adducendo come motivazione il costante non rispetto dell’art. 3 della Costituzione in particolare. Tale “inosservanza” è in riferimento al fatto che non si procede da parte di chiunque a far abolire la burocrazia, o quanto meno a ridimensionare tale fenomeno, in quanto principale responsabile dei mali della Nazione. Un gesto simile, per quanto motivato con diplomazia e rispetto, sarebbe anzitutto un atto di coerenza come a voler richiamare l’attenzione che ogni azione di bene sociale deve essere intesa come un dovere sociale, che merita essere portato a conoscenza quale esempio, ma ritengo che se in molte circostanze di vita sociale non esistesse la burocrazia, alcune buone azioni risulterebbero… superflue. Ora, tra tutti coloro che hanno avuto e hanno tuttora un impegno sociale, chi non ha ricevuto un qualche piccolo segno di riconoscenza e gratitudine, sia pur da parte di privati o Istituzioni pubbliche? Credo che tutti, compreso chi scrive, conservi qualche oggetto o attestazione di merito equivalenti a quel “grazie” che si ritiene dovuto, se non anche qualche sentita e partecipativa dedica; ma nessuno ha inteso far riferimento alla necessità di porre fine in Italia alla deleteria burocrazia. Anche se nel frattempo sono state date alle stampe svariate pubblicazioni in merito, non ho letto da nessuna parte azioni o proposte per affrontare concretamente tale problema, e tanto meno azioni che rivendichino il rispetto dell’art. 3 della Costituzione. Quindi cosa serve dare censo ad azioni umanitarie, modeste o meno, e accettare quell’autorevole merito sotto forma di medaglie o pergamene se il bene al nostro prossimo consiste nell’aiutarlo a non subire gli effetti (sempre negativi) della burocrazia?

Lungi da me intendimenti di retorica e tanto meno di dietrologia, mentre per costante coerenza che dura da oltre sei lustri, cerco di dimostrare in qualunque contesto sociale, di ieri e di oggi, che vale sempre quanto sosteneva Alessandro Manzoni (1785-1873): «Noi uomini siamo in generale fatti così: ci rivoltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani, e ci curviamo in silenzio sotto gli estremi; sopportiamo, non rassegnati ma stupidi, il colmo di ciò che da principio avevamo chiamato insopportabile». Dunque, non me ne vogliano tutti gli interessati che hanno fruito delle suddette onorificenze, pur considerando il valore e l’esempio di ogni loro azione umanitaria, e nel massimo rispetto di chi le ha volute riconoscere; ma personalmente sono convinto che il più delle volte una stretta di mano e un sorriso sinceri, siano la dimostrazione migliore, e ricordo che è il “vero” protagonista” al centro di un dramma, ossia colui che si è trovato nella condizione di bisogno, e non chi gli è venuto in soccorso. Ma che dire dei riconoscimenti di particolare valore, come il Premio Nobel per la Pace? A mio parere questa è una “parentesi” che fa eccezione per la finalità stessa, ma anche in questo caso il destinatario deve aver agito senza perseguire tale obiettivo in quanto alla base delle sue azioni vi è una precisa scelta di vita… che dura appunto tutta la vita! Un’ultima osservazione: personalmente rifiuterei un riconoscimento di elevato valore istituzionale per azioni e comportamenti a beneficio del mio prossimo in difficoltà che, come ripeto, è l’unico e vero protagonista…

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