IN VACANZA “VALORIZZANDO” LA
GIOVINEZZA DI ALBERT B. SABIN
Personalmente riscoprire la saggezza
dei sommi
produce un venticello per “smorzare” la calura estiva
di Ernesto Bodini
Anche quest’anno non mi alletta in alcun modo andare in vacanza, sia per le condizioni climatiche “per me non troppo favorevoli”, e sia perché rifuggendo nella lettura mi sono addentrato in esempi di saggezza. Saggezza tratta da protagonisti che, con il loro vissuto e il loro esempio scientifico e culturale, mi portano a considerare come un’estate afosa si possa “attenuare” rievocando proprio il loro sapere. Fra questi ho sempre fra le mani (per una serie di ragioni) la biografia e i lavori scientifici del prof. Albert Bruce Sabin (1906-1993), che tutti sanno essere il medico filantropo che ha sconfitto la poliomielite. Oltre ad aver pronunciato più volte alcuni aforismi in sede di congressi e interviste, da tempo gira sui vari social un testo che Sabin ha intitolato “La Giovinezza”, che possiamo far tutti nostra grazie al suo contenuto, e che qui ripropongo.
«La giovinezza non è un periodo della vita, è uno
stato della mente, è la tempra della volontà, è una qualità dell’immaginazione,
il vigore delle emozioni, la predominanza del coraggio sulla timidità, del
desiderio di avventura sull’empatia. Nessuno invecchia solo per il fatto di
aver vissuto un numero di anni: l’individuo invecchia perché ha disertato i
suoi ideali. Gli anni arrugano la pelle, ma abbandonando l’entusiasmo si
raggrinza l’animo. Preoccupazioni, dubbi, pusillanimità, paura e disperazione,
questi sono i lunghi anni che fanno ripiegare il capo e inceneriscono lo
spirito; siano sessanta o sedici, vi può essere in ogni cuore l’amore per lo
stupendo, la dolce meraviglia delle stelle, la brillantezza delle cose e dei
pensieri, la coraggiosa sfida degli eventi, l’immancabile infantile curiosità e
la gioia di vivere. Tu sei giovane come la tua fede e vecchio quanto il tuo
dubbio, sei giovane come la confidenza in te stesso vecchio quanto le tue
paure; giovane come le tue speranze e vecchio quanto il tuo abbandono. Fin quando il tuo cuore riceve messaggi di
bellezza, di gioia, di coraggio, di prudenza e di potenza, sia dalla terra, sia
dall’uomo, sia dall’infinito… tu sei giovane. Quando i fili sono tutti recisi e
il tuo cuore è ricoperto dalla neve del pessimismo e del ghiaccio del cinismo,
allora tu sei vecchio davvero e il buon Dio abbia misericordia della tua anima».
«Essere giovani non significa una stagione della vita, bensì un modo di essere. Il ruolo di guida è affidato alla volontà, gioventù è espressione dello spirito, della forza immaginativa, dell’intensità dei sentimenti; gioventù significa vittoria del coraggio sullo sgomento, vittoria dell’amore per il nuovo, sulla staticità. Non si diventa vecchi perché si è vissuto un certo numero di anni: si diventa vecchi quando si rinuncia agli ideali. Gli anni segnano… la pelle, la perdita di ideali segna lo spirito. Pregiudizi, dubbi, timori, perdita di speranza sono nemici che poco per volta spingono verso terra, anzitempo, ancora prima di tornare alla terra… Giovane è chi ancora riesce a meravigliarsi, ad entusiasmarsi; chi ancora chiede, come un insaziabile bimbo: “E poi?”, e chi provoca gli eventi e sa gustare il gioco della vita. Siamo giovani come la nostra fiducia e vecchi come il nostro dubbio; giovani come la fede in noi stessi, nella nostra speranza, vecchi come il nostro scoramento. Rimarremo giovani, finché rimarremo ricettivi per il bello, il bene, il grande; ricettivi per il messaggio della natura del nostro prossimo… dell’incomprensibile. Se un giorno il nostro cuore fosse corroso dal pessimismo, avvinto dal cinismo, Dio abbia pietà della nostra anima, dell’anima di un vecchio».
Anni fa ho avuto il “privilegio” di conoscere a
Torino il prof. Sabin in occasione di un congresso scientifico internazionale
da lui presieduto. Ovviamente, come giornalista ne ho seguito i lavori; ma
soprattutto durante una pausa mi è stata data l’opportunità di avvicinarlo e di
presentarmi, unicamente per idealmente ringraziarlo a nome dell’umanità. Il suo
paterno sorriso e la sua stretta di mano calda e forte, mi hanno fatto
dimenticare che i miei postumi della poliomielite (prima del suo vaccino),
nulla avevano e nulla hanno in confronto con la gravità di quelli che avrebbero
avuto milioni di bambini se non avessero potuto fruire delle sue preziose gocce
rosa sullo zuccherino.
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