IL
DIRITTO DELLA CORSA AL POTERE COME LA CORSA ALL’ORO
Ma nell’era moderna le pepite non si trovano setacciando la sabbia dei ruscelli, bensì inseguendo quei sogni nel cassetto noti come incontenibili ambizioni di occupare un posto al sole e lasciare il popolo nella penombra...
di Ernesto Bodini
È partita la corsa all’oro, ovvero la corsa al
potere, sia a livello nazionale che europeo. Tralasciando nomi e cognomi, che
sarebbero troppi da elencare e quindi anche inutile, tra i pretendenti (alcuni
veterani, altri new entry) vi sono molti professionisti nei vari settori, che solitamente
hanno già una attività ma la tentazione della scalata è più forte anche perché,
se raggiunta la cima e la posizione, oltre al ritorno di immagine seguono vari
benefit e lo storico (in parte discutibile) vitalizio. Tutta questa animosità
non fa certo parte solo dei tempi recenti, ma in questi ultimi decenni, ossia
da quando sono diventato adulto con capacità massima di intendere, di volere e
di giudizio, ho notato l’attaccamento a quella che io definisco la politica del posizionamento personale…
estensibile al nepotismo e al clientelismo, che è diventato sempre più
estremo tant’é che non sono mancati reati vari come la corruzione, e tanto
altro ancora. Certo, va detto che tra i tanti ci sono i “ben intenzionati” ed
onesti, convinti che far parte di quel corpus politico locale, nazionale o
internazionale possa contribuire a migliorare le sorti del Paese e dei Paesi.
Ma personalmente, sono convinto da sempre, che parte di questi siano degli
illusi e prova ne sono gli infiniti problemi della vita politica, economica,
finanziaria e materiale che tendono a non estinguersi, anzi… sono in incremento.
In questi ultimi tempi non ho notato in tutti i protagonisti della politica dei
reali competenti, ma piuttosto gruppi di “faccendieri” e arrivisti in continua
lotta tra loro e, nonostante alcuni siano scivolati su bucce di banane dal
punto di vista giudiziario, hanno avuto (e hanno) la faccia tosta di
ricandidarsi, magari cambiando bandiera una o più volte (l’opportunismo in
politica è sempre di casa, sic!). Stando a questa realtà dei fatti che si perpetua
giorno dopo giorno, non mi sembra di assistere alla buona conduzione di un
Paese, che fa acqua da tutte le parti e ciò nonostante, la tanto decantata e benedetta
Carta costituzionale, come vado ripetendo da tempo, non solo non è letta da
alcuni ma nemmeno applicata da chi di dovere, in primis. Ecco, in estrema sintesi,
un quadro che non deve essere letto come una sorta di “disfattismo”, bensì come
la presa d’atto che sarebbe assurdo e ipocrita negare; se invece si vuole fare
come gli struzzi, allora è il caso di far riemergere il titolo della famosa
canzone “lungimirante” di Giorgio Gaber: «Io
non mi sento italiano». Tuttavia, è pure doveroso essere un po’ garantisti,
ma per quanto personalmente mi voglia sforzare di esserlo, riesco soltanto a rispettare
le Leggi (con diritto di contestarle… proprio perché in parte inapplicate, o
applicate irrazionalmente) e criticare la scarsissima trasparenza da parte
delle Istituzioni pubbliche apicali e locali. Inoltre, ci sarebbe da disquisire
su eventi politico-sociali mal gestiti come ad esempio, il percorso che ha riguardato
la pandemia da covid-19, a cominciare dalla informazione-comunicazione, per non
parlare delle risposte “non date” a quei cittadini che sottoponendosi alla vaccinazione
anticovid (pur essendo stata utile come da Legge, ma non obbligatoria) hanno contratto delle gravi
complicanze patologiche, taluni in modo invalidante ed irreversibile (in attesa
di indennizzo?); e da contorno a tutto ciò, gli scandali che si sono verificati
nella gestione delle procedure e forniture relative alla pandemia. Queste
ultime considerazioni non sono che una minima dimostrazione di una inadeguata
gestione politica, alle quale sono sì seguite polemiche popolari (per la verità
fin troppe) ma risultate sterili per molti aspetti.
Ora, i candidati alle prossime elezioni sembrano
aver dimenticato, almeno in parte, quanto hanno sofferto i loro connazionali e,
se anche avessero in cuor loro qualche buon proposito per risalire la china, a
mio avviso non ci sono le persone giuste e tanto meno competenti, perché per
votare un provvedimento bisogna avere conoscenza e competenza dell’argomento da
perorare: non si può essere tuttologi, e tanto meno improvvisarsi. A questo
riguardo quanti dei 600 parlamentari hanno esperienza e competenza, ad esempio
sui temi delle disabilità, del problema amianto, del sistema sanitario, delle
questioni legate all’ambiente, della giurisprudenza ed altro ancora; e anche se si volessero avvalere di consulenti e
tecnici di supporto questi ultimi non si prendono certo alcuna responsabilità
perché non sono loro a votare leggi o emendamenti. Inoltre, sarebbe
interessante sapere quanti dei suddetti conoscono in assoluto la storia della
politica italiana e internazionale, senza contare che taluni, come si evince
dai loro interventi in Parlamento o
dalle interviste che rilasciano, non hanno le nozioni storiche di base, ivi
comprese quelle della grammatica italiana. In compenso taluni presidenti di
Regione continuano a farsi chiamare “Governatore”
(titolo che spetta solo al “Governatore della Banca d’Italia”), altri, imperterriti, si fanno
chiamare “Onorevole” (titolo desueto
ormai da molto tempo); per non parlare, poi, della pletora di attestazioni di
onorificenza riconosciute dalla Repubblica ogni anno a molti cittadini, ivi
compresi quelli che vengono etichettati come “Eroi” e, a questo riguardo,
rammento che non esiste l’eroe dell’azione ma della rinuncia e del sacrificio.
È questa, dunque, la degna rappresentanza di un Paese da ritenersi a modello?
La conduzione politica di un Paese moderno ha bisogno di uomini che parlino meno, facciano di più e soprattutto,
come ripeto, con appropriate competenze e senza indici di rivalità e/o
avversione per gli avversari. Ma spesso ogni anno si assiste a molte cerimonie
di ricorrenze e anniversari di valore istituzionale, che sono però poco considerate in quanto fin troppo ripetute… Valorizzare gli eventi che hanno fatto la
storia di un Paese sarà pur doveroso ma il suo significato paradossalmente
talvolta si perde nelle eccessive esternazioni…! Meglio sarebbe imporsi con
maggiore umiltà, e soprattutto sentire la voce dei contribuenti, perché la
storia insegna che a volte dalle persone più semplici e “sconosciute” si
possono avere suggerimenti di saggezza e umanità. Queste sono le mie convinzioni
non certo in antitesi con i miei doveri di cittadino, peraltro da sempre vicin0
a chi ha bisogno di sapere… senza nulla pretendere e con molta trasparenza!
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