PROGRAMMI TELEVISIVI
“INVADENTI” COME APERITIVO A PRANZO E A CENA
Per una “buona digestione” unico vantaggio rinunciare agli aperitivi via cavo
di Ernesto Bodini
Solitamente gli aperitivi si prendono
al bar o ad un party che preludono magari ad un buon pranzo o ad una buona
cena. E solitamente per tali si intendono bevande come Bitter, Crodini o
analcolici vari accompagnati da qualche goloso stuzzichino. Ma se questa
“abitudine” (per la verità oggi un po’ meno in uso) avviene nelle mura domestiche, da molto tempo a questa parte molte famiglie si assorbono come
aperitivo a pranzo e a cena vari Format televisivi come ad esempio “Forum”, condotto
dalla giornalista Barbara Palombelli, in onda tutti i giorni dalle 11.00 alle
13.00 su Canale 5. Si tratta di un programma in cui viene mostrato un “processo giudiziario” con
attori "improvvisati" che ricostruiscono casi giudiziari, dei quali una piccola parte delle
ricostruzioni trae origine da vere sentenze emesse dallo Stato italiano mentre
le altre parti sono figuranti che vengono selezionati con un “casting” i quali poi devono
attenersi ad un copione. Quindi vere e proprie recite “ad hoc!” (ovvero
finzioni) i cui protagonisti interessati alla parte in contesa, in non poche
occasioni a volte si lasciano andare in qualche sproloquio, disdicevoli e penose aggressioni
verbali l’un l’altro con tanto di alzata di voce, che il telespettatore
fa fatica a deglutire (essendo l’ora di pranzo) il cibo di inizio pasto. Ma non
solo, alcuni avvenenti contendenti si presentano esteticamente talvolta in modo
assai discutibile o addirittura avvenente, particolare questo che contribuisce
ad interrompere il proseguimento del pasto... E che dire della scontata platealità?
Già, perché ad ogni battuta delle parti in questione gli applausi del pubblico
in studio si sprecano (solitamente nei Tribunali ordinari non è consentito applaudire durante un dibattimento), come pure qualche espressione di compiaciuta ilarità. Stessi effetti
valgono per l’aperitivo (televisivo) della cena, durante i diversi programmi (“Telequiz”)
condotti da Jerry Scotti o Polo Bonolis che, con le (loro) proposte di quiz a
premi (in palio molto denaro o gettoni d’oro grazie agli sponsor), si
confrontano molti partecipanti di qualunque età, ceto sociale, culturale e/o
professionale. Anche in questi casi ad ogni risposta esatta (od anche errata),
manco a dirlo, gli applausi sono interminabili. Inoltre, quello che “impedisce”
di deglutire il primo boccone della cena è la platealità vocale e di volume del
conduttore che, se solo potesse uscire dal monitor televisivo, si
autoinviterebbe al desco del telespettatore… Bene inteso che non ho nulla di
personale con i suddetti, conduttori e protagonisti, ma resta il fatto che
questo modo di “entrare” nelle case degli italiani durante le ore dei pasti, è una sorta di invadenza psico-fisica se non addirittura psico-fisiologica
che a mio avviso “disturba” lo stomaco e la mente. L’unico aspetto positivo è
che chi non intende assorbirsi questi aperitivi ha soltanto da cambiare canale
o spegnere il televisore, ed è esattamente quello che personalmente faccio…
dopo aver osservato alcune sequenze per valutarle ai fini della critica. Per
queste ed altre ragioni, per quanto riguarda l’eccessiva irruenza del mezzo televisivo,
dicasi altrettanto dei talk show (proposti da varie emittenti) dedicati generalmente
a temi di politica e attualità in genere, con ospiti noti e meno noti invitati
ad esprimere (se non anche ad imporre) la propria opinione, ma spesso con
irruenza, con tono di voce elevato e in non poche occasioni con espressioni
rasenti la volgarità e, quel che è peggio, è che i moderatori (solitamente
giornalisti) non sanno moderare in quanto non intervengono nel modo opportuno,
lasciando ai loro ospiti la libertà di parlare sovrapponendosi e magari anche
insultandosi. Anche in questi casi, il pubblico in studio non manca di
applaudire ad ogni battuta più o meno ad effetto. Queste mie osservazioni forse
non sono le uniche, o forse si giacché sono un anticonformista in linea con
la preveggenza di Karl Popper (1902-1994), il quale attribuiva alla televisione la capacità di agire in maniera inconscia
sul pubblico, imponendo modelli di riferimento e gusti individuali e
spingendolo ad adeguarsi in modo passivo a certi standard di opinione e di
comportamento. Era infatti convinto che attraverso programmi diseducativi il
sistema televisivo sia in grado di diffondere la violenza nella società,
provocando “una perdita dei
sentimenti normali del vivere in un mondo bene ordinato in cui il crimine sia
una sensazione eccezionale”. Niente di più vero considerando, tra
l’altro, la concorrenza tra le molteplici emittenti televisive che, è pur vero
che vivono grazie agli sponsor e possono creare posti di lavoro, ma è altrettanto
vero e incontrovertibile il fatto che il perpetuarsi di questo “imporsi” con
tale metodica non favorisce una buona salute esistenziale (peraltro gli effetti della emulazione sono dietro l'angolo…). Ad eccezione di chi
è eternamente a digiuno di simili programmi televisivi.
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