SE PARLARE SEMPRE DI BUROCRAZIA FA
MALE...
eluderla e sottomettersi ad essa è
ancora più deleterio
di Ernesto Bodini
Non passa giorno che ogni cittadino italiano si
trovi nella condizione di pronunciare la parola maledetta: “Burocrazia”. Ho
voluto usare l’aggettivo non per scorrettezza verso il lettore ma perché di
maledizione si tratta, tant’è che ad essa si aggiunga l’inerzia di chi la
pronuncia, ovvero molti gli italiani che non fanno nulla per affrontarla (al
bisogno) in modo deciso e addirittura incontrovertibile, preferendo (paradossalmente)
subirla! Personalmente a vario titolo mi occupo di questo malcostume, a dir
poco vessatorio, da molto tempo, e in questo mio percorso mi sono imbattuto in
alcune pubblicazioni proprio sulla burocrazia, ma per quanto descritta in tutti
i suoi aspetti da alcuni autori (scrittori, giornalisti, sociologi, etc,) non
ho rilevato suggerimenti su come affrontarla e soprattutto come alienarla.
Rammento che, analizzando il concetto della “personalità burocratica in senso
patologico”, per burocrazia si intende un ufficio della P.A. dove i
“burocrati”, appunto, svolgono funzioni diverse in modo amministrativo,
esecutivo e solitamente senza alcuna alterazione delle disposizioni, se non
addirittura ossequienti ad esse… Alcuni (o forse più di alcuni) sociologi
recepiscono nella burocrazia quell’abominevole criterio di disumanizzazione
della società per l’esasperazione del formalismo giuridico in modo pedissequo,
e ciò indipendentemente dagli scopi e dai valori. Ne consegue che la burocrazia
in tal senso significa perdita di valori e di valutazioni nel rispetto
esclusivo della correttezza amministrativa, e quindi del fruitore. In tutti
questi anni ho potuto constatare che da parte di taluni burocrati il rispetto
della correttezza amministrativa è a macchia di leopardo, e nei casi più
riprovevoli mi sono imbattuto in quel dipendente con il perfetto abito del formalismo
particolarmente propenso a “sistemare” carte e documenti in modo da non incorrere
in sanzioni e conseguenze varie, anche se in realtà le sue carenze o sbagli nei
confronti dei cosiddetti cittadini-utenti non li paga mai di persona, ad eccezione
se la mancanza si configura in un vero e proprio reato diretto nei confronti del cittadino o della P.A stessa. A Torino, dove risiedo
da molti anni la burocrazia di qualche decennio fa era meno “opprimente”, in
quanto dipendenti semplici, funzionari, dirigenti e anche assessori erano
un po’ meno formali, avevano più
considerazione del cittadino che a loro si rivolgeva anche attraverso un
colloquio di persona. Più recentemente, ossia con l’avvento di internet, call
center, telefonia pre-registrata e cellulari, il rapporto umano fra le parti è
venuto sempre meno (a parte qualche rara eccezione): oggi è molto raro (ad
esempio anche in Piemonte) essere ricevuti da un burocrate per disquisire di
persona anche su pratiche di una certa importanza… Viene suggerito dalla P.A.
di far domanda (via email) per un colloquio che, detto per inciso, viene prima
letta dagli addetti della segreteria (alla faccia della privacy) che la
inoltreranno al destinatario il quale, se riterrà opportuno, darà le opportune
disposizioni… ma difficilmente convocherà il cittadino mittente. In sub-ordine,
viene consigliato di rivolgersi al Difensore Civico regionale. Ma ciò che
rasenta maggiormente l’assurdo è che ogni volta che parlo con qualcuno dei miei
concittadini di burocrazia, non si apre un dialogo di commento costruttivo, ma
al contrario la tendenza è cambiare argomento… accompagnato solamente da
qualche smorfia di diniego e nulla più. Mi accorgo, quindi, di essere
circondato da concittadini e connazionali che sanno solo lamentarsi, cadere in
disgrazia, e a questo proposito mi sovviene quanto sosteneva lo scrittore e
poeta brasiliano Paulo Coelho (1947): «Ci
lamentiamo copiosamente, ma diventiamo pusillanimi quando si tratta di
assumere dei provvedimenti. Vogliamo che
tutto cambi, ma ci rifiutiamo di cambiare noi stessi». Sicuramente
questo suo aforisma non è riferito al nostro comportamento (passivo) nei
confronti della burocrazia, ma in ogni caso a mio avviso il concetto ben si
addice alla passività in genere del cittadino italiano; una constatazione
rafforzata dal saggista Vittorio Gorresio (1910-1982) che affermava: «Ci vuol poco ad aver coraggio, mentre ci
vuole molto di più ad avere ostinazione, pazienza e coerenza». In buona
sostanza, perché nessuno si prodiga per combattere la burocrazia che ci perseguita sin dalla notte dei tempi? A questa domanda
non vi sono risposte certe, ma personalmente sono convinto che oltre agli
arrendevoli italiani (sudditi), se ciò si dovesse intraprendere si destabilizzerebbe
un sistema, e l’Italia dovrebbe rivedere i suoi nobili princìpi. Principi che
non verranno mai recepiti in particolare dagli oltre 2 milioni di seguaci di
sette religiose, e oltre 10 milioni dei credenti a maghi, fattucchiere e
cartomanti, oltre agli assurdi oroscopi: nessuno di questi ha il reale potere
di predire il futuro a chicchessia; mentre ogni giorno si assiste alle conseguenze materiali e morali causate dalla burocrazia!
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