LA CONDANNA DEI “FIGLI DI UN DIO MINORE”
Più comprensione per tutti: rei, innocenti, testimoni
e
giudici, ma
ciascuno sia oggetto della propria coscienza
di Ernesto Bodini
Sarebbe
il caso di dire: e la storia continua! Con la scarcerazione (per non aver
commesso il fatto 33 anni fa) del pastore sardo Beniamino Zuncheddu, avvenuta
in questi giorni, si sommano ulteriormente i vergognosi errori della Giustizia
italiana… che poi gli stessi sono commessi dagli uomini. Questo nostro
connazionale, umile Persona (volutamente con la maiuscola) ha conosciuto il
dolore di una “punizione” del tutto gratuita (per una Essere umano non c’é
nulla di più denigrante della privazione della libertà personale, specie se non
si è commesso alcun reato), sia per effetto di testimonianze discutibili e sia per
la convinzione di colpevolezza da parte del Collegio giudicante. Ora, è pur
vero che sono state uccise delle persone, ma è altrettanto vero che per
giudicare un fatto e un presunto reo la certezza matematica non di rado è mera
utopia, e ciò è dimostrato dalle centinaia di migliaia di altri casi che si
sono verificati dal dopoguerra ad oggi. Qui non si vuole analizzare, per tutti
questi casi, l’intimo di questo o quel magistrato ed eventuali appartenenti
alla Corte, sui quali grava un onere pesantissimo e per certi versi
inquietante…, ma ricorre la necessità di un più radicale approfondimento nel
ricercare le prove di un reato, considerando che anche coloro che sono indicati
come testimoni non sempre sono in grado di garantire la necessaria
attendibilità, tantè che ogni volta bisogna considerare che esistono tre tipi
di testimoni: coloro che hanno visto bene, ma non sono sicuri di ciò che hanno
visto, quelli che non hanno visto tanto bene, ma sono quasi sicuri di aver
visto bene; infine, quelli che non hanno visto assolutamente nulla ma sono sicuri
di aver visto tutto; parimenti, tali concetti probabilmente valgono anche per
quanto riguarda l’aver udito bene o male. Nel caso in questione, stando ai capi
di imputazione d’origine, il suddetto sarebbe stato oggetto delle pseudo
certezze e, a questo punto, si può tirare in ballo la coscienza di colui o di
coloro che a suo tempo erano convinti dell’identità del reo, o comunque ritenuto
tale. Tralasciando i particolari della cronaca e i relativi aspetti giudiziari
dell’epoca, dei quali non sono a conoscenza, personalmente ritengo doveroso
concentrarmi sugli “effetti” che hanno determinato la certezza di colpevolezza
del Signor Zuncheddu, posto che i preposti abbiano agito secondo scienza e
coscienza; ma resta il fatto che le certezze (o presunte tali) sono quelle che
determinano il destino di una Persona. Di questa vicenda, come tante altre (da “Inquisizione”),
ci sarebbe da riflettere molto, e forse non basterebbero 33 anni di riflessione
(come quelli patiti dal pastore sardo) su come prevenire simili rischi; anche
perché, rammento, un’ingiustizia fatta all’individuo è una minaccia fatta a
tutta la società, senza contare la summa delle Leggi che per il loro eccessivo
numero talvolta le rendono detestabili. Per ovvie ragioni non posso andare
oltre, anche perché non sono uno stretto addetto ai lavori, ma faccio sempre
fede alla saggezza dei nostri avi, come ad esempio il drammaturgo romano Publio
Siro (85-43 a.C.), il quale sosteneva: «L’assoluzione del colpevole condanna
il giudice»;
mentre un invito più generale val la pena citare: «Non cercare di diventare
giudice se non hai la forza di sradicare le ingiustizie».
Ma non meno significativo, a mio modesto avviso, è il vecchio adagio che
recita: «È meno ingiusto assolvere un colpevole anziché condannare una
persona innocente»,
proprio per evitare il rischio di arrecare un danno maggiore che si potrebbe
portare assolvendo un colpevole.
Riferimenti
e riflessioni che dovremmo fare tutti, poiché nessuno (almeno nel nostro Paese)
può dirsi al sicuro di non incappare in una esperienza come quella cha ha coinvolto
il nostro connazionale. La mia considerevole rassegna stampa in merito a questi
casi di errori giudiziari e di ingiusta detenzione, comprende un elenco di
sventurati che definisco “Figli di un Dio minore”, e non mi allontanerei
dal rammentare l’ormai secolare caso “Sacco & Vanzetti” (nostri
connazionali emigrati in America, e ingiustamente condannati alla pena di morte
nel 1927) che, seppur riguardante l’oltreoceano, rispecchia quell’ingiustizia
che nemmeno una copiosa raccolta di firme e petizioni di illustri ed importanti
personaggi al mondo è riuscita a sconfiggere. Come in tutti i Paesi, o quasi,
ad ogni evento cruciale che riguarda una serie di ingiustizie, si è soliti
scendere in piazza, ma quasi sempre l’esito positivo non è scontato e, per
quanto riguarda le Sentenze di carattere giuridico, mi limiterei alla seguente
osservazione: non si è mai avuta notizia di una intervista a magistrati che
hanno fatto parte del Collegio giudicante che ha decretato una condanna, poi
rivelatasi ingiusta, e se l’assoluzione del colpevole possa “invocare” la
condanna di un giudice. Ma comunque sia, è bene che ciascuno di noi si affidi
all’aiuto di Dio (unico Giudice per tutti… senza possibilità di appello!)
poiché, ripeto, nessuno è immune dal rischio di essere privato della propria
libertà… sia pur in conclamata democrazia!
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