PROVIAMO AD ANALIZZARE
MEGLIO I PROBLEMI SOCIALI
L’escalation di tante
nefandezze umane stanno contaminando sempre più
il nostro Paese. Ma ben
poco si fa per contrastarla con obiettiva razionalità
di Ernesto Bodini
Più si informa, più se ne parla e meno si
restringe il campo degli eventi di cronaca nera in particolare. È certamente un
paradosso perché sollecitando ed enfatizzando una o più notizie in realtà non
si favorisce la deterrenza, ma al contrario i misfatti di qualunque natura ed
entità si vanno perpetuando ogni giorno ugualmente. Eppure esperti (titolati)
in varie discipline sono invitati ad esprimere pareri e qualche “timido”
suggerimento su come arginare il fenomeno di questo malessere sociale. Ma a
tutt’oggi nulla è cambiato e nulla sembra cambiare, tant’è che i cronisti hanno
il loro bel da fare ogni giorno… E i politici? Anche loro si pronunciano,
minacciano propongono ma non addivengono a qualcosa di concreto. Tra i vari suggerimenti
si sollecita di intensificare la cultura del diritto e del rispetto in ogni
ambito sociale, della persona: delle donne e dei minori in particolare, ma
anche volendo ipotizzare questo provvedimento come materia scolastica, a mio
avviso servirà a ben poco perché tra i destinatari non c’è peggior sordo di chi
non vuol sentire. Ma vi sono ben altre carenze da parte di chi dovrebbe
prevenire fatti e misfatti a danno della collettività e del patrimonio
pubblico: tra i possibili “responsabili” (sia pur in parte) diretti o indiretti,
sono da chiamare in causa determinate proposte pubblicitarie (che nessuno mai
menziona), come pure le continue ed altrettante proposte di film dalla trama
truculenta e aggressiva che, se anche “camuffata” dalla pura invenzione, gli
effetti finali dei messaggi sono fin troppo scontati; ossia temi che a volte
sono allusivi e fuorvianti, e gli esempi di certo non mancano. È dimostrato che
una vita facile e fatta di espedienti incoraggia molte persone, specie se
giovani, un incoraggiamento che è favorito dalla emulazione così che alcuni
fruitori si immedesimano in tali recite (spot e comparsate varie) e si illudono
di poter raggiungere, bene o male, un certo successo… senza alcuna fatica e non
sempre in modo onesto (vedi gli effetti dei cosiddetti influencer e follower. Ulteriori
fonti responsabili sono il non corretto o sufficiente esempio di chi governa: troppe
chiacchiere, troppe comparsate e relativi selfie. Ma anche troppe espressioni
laconiche dei “sopravvissuti” alle vittime di un reato rivolte a loro e alla
collettività come: «Desidero che ciò non
accada più e ad altri»; già perché se non
avessero subito quella determinata esperienza non si sarebbero proposti in tal
senso. E questa non è ipocrisia? Inoltre bisogna fare i conti con l’incremento
di una società sempre più povera ai fini della propria sopravvivenza: oltre 5,6
milioni di residenti nel nostro Paese, tutte persone che non riescono ad unire
il pranzo con la cena, e in qualche caso l’esasperazione (comprensibile) può
portare a scelte comportamentali ai limiti della legalità o comunque
discutibili. Infine, vogliamo mettere in discussione per l’ennesima volta la
questione della burocrazia che in Italia è il primo moto responsabile più di quanto
si possa immaginare… in negativo? Seguo (in solitaria) da anni questo
vergognoso fenomeno che, guarda caso, nessun cittadino si sogna di affrontare (soprattutto
pubblicamente) sottoponendolo alla collettività con incontri, ed è inevitabile
che determinati problemi non si risolveranno mai. Si consideri ad esempio che
questa sarebbe una materia da insegnare non solo nella scuola dell’obbligo ma
anche negli atenei: conoscendo etimologia, origini ed evoluzione di detto
sistema si hanno elementi sufficienti per contrastarla dal punto di vista
pratico. Ma chissà per quale misteriosa ragione (ancestrale) nessuno ha interesse
a prendere in mano questa iniziativa. Personalmente mi ci sto dedicando da anni,
intervenendo in qualche sporadico caso “affrontabile”, ma estensivamente non ho
mai avuto seguito. E dire che questa sarebbe una utilissima emulazione (sic!).
Mi si dice, secondo una seria ricerca
araldica, che un mio avo omonimo (certo Dario nato a Parma nel 1830) era uno
dei 1.089 garibaldini, caduto a 37 anni in battaglia in quanto fedele al
raggiungimento dell’Unità d’Italia, e che forse oggi, come tutti i suoi
compagni dai nobili ideali patriottici, si farebbe prodigo per sconfiggere il
nemico burocrazia, non con le armi naturalmente, ma con la saggezza e la
determinazione per la giustizia e l’uguaglianza che immagino possedere. Un volo
pindarico, il mio? Forse, ma certamente sorretto da un razionale che non mi
abbandona mai, in quanto la mia esperienza di vita (sofferenze e vittorie su
queste, Fede inclusa) mi aiutano a comprendere che spesso sono il buon senso e
l’etica a guidarci verso soluzioni migliori. Un’ultima osservazione. In merito
ai femminicidi e ai delitti che in questi ultimi 30-40 anni si sono sommati, io
credo che non si faccia abbastanza per comprendere la psiche umana (proprio in
virtù delle “sollecitazioni” esterne su descritte), e questo non è certo un
freno alla escalation di tali reati. E i problemi della immigrazione, della non
certezza della pena e delle carceri sovraffollate? Per considerarli a fondo
bisognerebbe avere il coraggio di levare quel telo pietoso che tende a coprire
queste realtà che per varie ragioni, rendendo ulteriormente difficile la vita a
tutti e, anche se di tanto in tanto viene preso qualche provvedimento, la soluzione
è purtroppo ancora un miraggio. Anticonformista, idealista, illuso? Forse di
tutto un po’, ma nelle radicate convinzioni che vado ripetendo e basate su
costanti, quotidiane ed eticamente responsabili osservazioni, Aristotele mi suggerisce
che nessuno può far schiavo il mio pensiero.
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