Un tempo la vita sciale era...

 

UN TEMPO LA VITA SOCIALE ERA…

Etica e disciplina superate dall’irrefrenabile progresso e da determinate libertà lasciando sempre meno spazio alla “vera” filosofia di vita: il rispetto per il prossimo e la Natura

di Ernesto Bodini

Anni fa, sentimentalismi a parte, ricordo che per essere assunti da una Banca (ente privato di diritto pubblico), in taluni casi si accedeva per concorso interno; inoltre i candidati avevano un abbigliamento che si definiva “classico”, sia per l’uomo che per la donna. I progressi culturali di costumi e mode e quindi comportamentali (in parte discutibili) di cui fruiamo tutti oggi, erano ancora ben lontani dall’essere manifestati, o quasi. I rapporti con i superiori di riferimento erano rigorosamente consoni alle circostanze, come ad esempio il “Lei” era sempre rispettato, come pure le espressioni quali “per favore, grazie, mi scusi”, “mi spiace”, “sarà mia premura”, etc. Ma ciò non avveniva solo negli Istituti bancari, sovente era un “modus vivendi” diffuso in quasi tutte le grandi aziende private, come pure (solo) in parte anche pubbliche ed in ogni altro ambito. Poi con il passare del tempo, da dopo il fatidico ’68, tale modo di essere e di comportarsi si è andato sempre più deteriorando, e le conseguenze sono state molteplici: mancanza di rispetto reciproco, insubordinazione, aggressioni, vendette dirette o indirette, mobbing, ed altro ancora come ad esempio il non rispetto della Natura e degli animali. Ma anche il rapporto uomo-donna, tanto per richiamare l’attualità, un tempo era basato su un maggior rispetto reciproco, e non di rado gentilezza e galanteria (corteggiamenti a parte) erano assai comuni. Ciò che non è cambiato, ad esempio, è la poca considerazione verso le persone disabili sia nei rapporti sociali che nell’ambito del lavoro e, a questo proposito, va rilevato che in gran parte l’atteggiamento della società nei loro confronti era in più casi di emarginazione, tant’è che per ottenere un posto di lavoro dovevano avvalersi delle normative di legge previste: la prima era la n.ro 482 del 2/4/1968, la succesisva la n.ro 68 del 12/3/1999. Ma a volte non ne garantivano l’applicazione… e in parte anche gli aventi diritto non sapevano avvalersene! Questi esempi non vogliono certo indurre al pietismo, ma far emergere il notevole divario di differenze sociali avvenuto in pochi decenni; una vera e propria scissione tra persone con eguali diritti ma che con il tempo si sono diversificati, privilegiando alcuni soggetti e penalizzandone altri. E questo sarebbe l’esempio di una società moderna alla quale ogni volta si fa riferimento alla Costituzione? Parità e uguaglianza, a parte poche eccezioni, in questi ultimi decenni sono sempre rimasti sulla carta, ma non solo, la consistente invocazione di una Europa unita e la politica della immigrazione, sono stati processi sì innovativi e di grande respiro umanitario ma nello stesso tempo mal gestiti ed estremamente politicizzati, e le conseguenze della ingestibilità sono all’ordine del giorno.

Ho iniziato questo articolo citando il vecchio modello comportamentale di un rapporto aziendale, che non è durato molto nonostante la serenità di vita sociale rispetto ad oggi: la crescita delle nuove generazioni dell’epoca, compostezza e rispetto hanno resistito sino a quando non è stato abolito il servizio di leva, obbligatorio sino al 2004; un provvedimento che ha causato, sia pur indirettamente, infiniti episodi di inciviltà (insubordinazione sociale) … spesso seguiti da reati civili e penali. Di tutto questo si tende ad incolpare l’assenza delle famiglie, della scuola e dello Stato; certamente ognuno per la propria parte e, per quanto individuabili per ogni evento, i problemi comportamentali non sono mai stati ridimensionati. E come se non bastasse, uscendo dai nostri confini, in alcune altre realtà europee si ravvisano più o meno gli stessi problemi; quindi non si può certo avere la pretesa di “accogliere” un numero sempre più incontenibile di poveri esseri umani, se al nostro interno permangono notevoli difficoltà gestionali e di convivenza con le conseguenti fratture ed incongruenze. Si dice che le civiltà dei popoli progrediscono in base alla saggezza di chi li dirige o li comanda, ma da come è evoluto il progresso e con esso determinati diritti, non mi pare che si possa parlare di civiltà: moderna sì, ma non nel totale rispetto reciproco delle persone. Poi, per acquietare la propria coscienza si scaricano le responsabilità a seconda delle competenze, e questo complica di più le cose con la conseguenza che si perde sempre di più ogni riferimento razionale, e non c’é esperto che non si sia espresso in merito, ma nessuno ha saputo suggerire una qualche razionale soluzione, probabilmente per i costanti conflitti tra politici e per gli ormai incontenibili eccessi di libertà sotto l’egida del diritto e della emancipazione… al passo coi tempi. Forse potrebbe essere utile richiamare alla memoria la saggezza di alcuni (se non tutti) filosofi della storia, che della loro vita ne hanno fatto appunto una filosofia, insegnando ai loro contemporaei e ai posteri che determinati valori della vita trovano la loro consistenza se contenuti e senza pretese. Già, senza pretese…! Ma purtroppo con il tempo il materialismo (favorito prevalentemente dal progresso e dall’eccesso di determinate libertà) ha sottomesso ogni sentimento umano annullando, o quasi, la considerazione della vera filosofia della vita: unico breve atto di un percorso fatto di sapienza e conoscenza, guidati dall’amore per la saggezza del vivere. E, come da sempre sostengo, il vero Io dell’uomo è nella sua psiche, ossia nella sua intelligenza; e poiché l’anima è sede di tutti quei valori che sono squisitamente umani, i veri valori non potranno essere se non i valori dell’anima, basati sull’intelligenza che cerca il bene del prossimo.

 

 

 

 

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