Non solo nostalgia ma...

 

NON SOLO NOSTALGIA MA EVIDENZA DI UNA REALTÀ CHE FA RIFLETTERE

Solidarietà e coscienza di sé non sono più quelle di una volta

di Ernesto Bodini

Sono già trascorsi più di 35 anni da quando ho intrapreso la “via del sociale”, ossia la strada della solidarietà con particolare dedizione per il rispetto degli handicappati, e che oggi si preferisce dire disabili. Ma per perseguire questo impegno dettato unicamente dalla mia sola volontà, ben presto ho dovuto fare i conti con il “mostro” burocrazia, il principe degli ostacoli alla giustizia per il rispetto di questo o quel diritto; ma ciò nonostante non mi sono mai arreso e ancor meno sono sceso a compromessi, anzi mi ha visto ancora più determinato. Ma ad onor del vero devo precisare che tra gli anni ’80 e ’90 sono riuscito comunque a districarmi con una certa disinvoltura, sia perché dotato di un minimo di diplomazia (verbale e scritta) e sia perché i burocrati incontrati erano più disponibili ad ascoltarmi, a valutare e, per quanto possibile, ad accogliere le mie istanze a favore del prossimo. In ragione di questa che potrei definire una sorta di “democraticità” e quindi di maggior comprensione ed apporto umanitario, sono riuscito in più occasioni ad ottenere l’esito sperato in merito alle esigenze di diversi miei concittadini. Ma con il passare degli anni si sono avvicendate molte figure politiche “infettate” dalla burocrazia, meno dotate delle precedenti di sensibilità e predisposizione umana, anche perché con l’avvento di internet e più in generale della globalizzazione, il rapporto tra loro e la cosiddetta “utenza” (in particolare disabili o malati) si è andato incrinando ulteriormente tanto da creare un notevole divario tra le parti. Ricordo, ad esempio, che un tempo era molto più naturale essere ricevuti da un funzionario o un dirigente della P.A., e allo stesso tempo ottenere la documentazione di cui si poteva avere bisogno, e ciò rendeva più facile e “normale” la vita della collettività. Ma al di là dei progressi tecnologici e della globalizzazione a cos’altro è dovuta questa metamorfosi del comportamento umano, aggravato dal fatto che chi rappresenta una Istituzione pubblica si arroga sempre di più di quel potere conferitogli dalla politica e quindi dal sistema, ma anche (a mio avviso) da quel senso di dispotismo a discapito dei valori umani, comunemente intesi? Io credo per via di una evoluzione mentale assai distorta, per quanto assurdo fisiologica e che per certi versi richiama il ritorno alla “inciviltà”, quindi un regresso sostanzialmente disdicevole. E chi ne fa le spese? Manco a dirlo i cosiddetti cittadini-utenti-clienti-consumatori, e le fasce deboli in particolare (malati, anziani, disabili) contano sempre meno, anche durante le campagne per le votazioni politiche… E quel che è peggio tra queste figure burocratiche assai dispotiche figurano talvolta non solo funzionari o dirigenti ma anche semplici subalterni della P.A. In questi sei-sette lustri ho accumulato una certa esperienza, ivi compresa anche l’avvicinamento a svariate associazioni di volontariato, ma per la gran parte con molta delusione avendo riscontrato (poche eccezioni a parte) inefficienze, saccenza e presunzione soprattutto in ambito sanitario e socio-assistenziale, nonché qualche manifestazione di invidia nei confronti di chi aveva meno… visibilità sociale; quindi l’umiltà rappresentava un optional. Solo con pochissime ho potuto identificarmi per portare avanti significativi progetti di un certo “spessore” umanitario; ma in questi ultimi anni sono tornato sostanzialmente ad agire in “solitaria” (eccezionalmente in qualche caso come “collaboratore esterno”), soprattutto per quanto riguarda il contributo alla corretta informazione e alla lotta contro la burocrazia e per la difesa dei diritti, un impegno decisamente particolare ma più importante giacché ambedue, ritengo, utili alla collettività. Con questo breve quadro sociologico non intendo piangermi addosso, ambire a determinati meriti (che peraltro non mi hanno mai interessato) e tanto meno additare particolari colpe dirette o indirette ad alcuno, ma evidenziare il fatto che in molti casi non si è tenuto conto della bontà e del pragmatismo che ha caratterizzato un certo periodo, in cui la solidarietà aveva un significato più vero e più concreto; ma non solo, si era maggiormente compresi e rari erano gli episodi di malintesi e fraintendimenti; insomma, la vita anche nei disagi era, per così dire, più scorrevole. Dunque, quale la chiosa di queste considerazioni? Oggi ho raggiunto una certa età e, nonostante qualche impedimento di salute, peraltro superato grazie anche alla mia incrollabile Fede, sono ancora in grado di continuare a percorrere quel cammino della solidarietà sociale, nel cui viale incontro sempre più malati e disabili, ma purtroppo anche sempre più burocrati che, quasi sicuramente, non si sono mai degnati non solo di immedesimarsi nelle “disgrazie” altrui, ma nemmeno di sfogliare qualche pagina di storia alla ricerca di qualche esempio di saggezza, per come meglio vivere accanto al prossimo meno fortunato. Un’ultima considerazione. La vita di ognuno, anche quella più adamantina, non è priva di difetti, errori (del sottoscritto in primis), incomprensioni e pregiudizi, di conseguenza si dice che chi non ha peccato scagli la prima pietra, ma fare certe ammissioni richiede coraggio e onestà intellettuale di fronte a Dio e di fronte al prossimo!

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