Una voce fuori dal coro… ma
non tanto distante dalla realtà
di Ernesto Bodini
Ma il punto cruciale, che non
richiederebbe alcun intervento esterno, riguarda la forte emancipazione come
pure la seguente libertà di pensiero, usi e costumi, che a mio avviso ha subìto
uno sbalzo enorme non rispettando le necessarie tappe; ma tant’é, il progresso
l’ha fatta da padrone e intanto i rapporti umani sono sempre più deteriorati
(anche tra gli stessi psicologi): diffidenze, insopportabilità, pseudo e
deleterie amicizie, sconfinato materialismo, ma soprattutto incomprensioni anche
perché oggi più che mai si usano linguaggi non solo inappropriati, ma anche sempre
meno consoni al rispetto della persona, come ad esempio il turpiloquio che
paradossalmente sembra essere il miglior “lessico
avvicina popoli”, peraltro sempre più in auge. Per contro, il dono della
diplomazia (anche la più semplice e spontanea), scritta e verbale, è ormai
quasi inesistente e comunque non sortisce più alcun effetto. Questo sintetico
quadro sociale, che sin qui mi sono permesso di esporre, vuole essere un
modesto invito all’autoriflessione per comprendere quanto valore dare all’esistenza
umana e, a questo riguardo, mi sovviene la saggezza del poeta e drammaturgo
irlandese William Butler Yeats (1865-1939 – nella foto), uno dei più grandi
poeti del XX secolo, il quale per adottare una forma di amore nella nostra
vita, suggeriva: «Quando parlate alle
persone che amate dei vostri sentimenti, ponente l’accento sul fatto che le
amate veramente per quel che sono, e non per come casualmente appaiono. Parlate
alla loro anima eterna e non alla confezione che ospita». Un invito davvero
umile, semplice e saggio dettato da un animo nobile, ma che purtroppo credo
rientri nell’Io di pochissime persone! In ogni caso, come suggeriva il filosofo
e saggista statunitense Ralph Waldo Emerson (1803-1882), essere se stessi in un
mondo che cerca continuamente di cambiarci, resta la più grande delle conquiste
(anticonformismo a parte). Diversamente, a mio avviso, assistiamo alla continua
ascesa della disgregazione sociale.
IN CONCRETO COS’È LA PSICOLOGIA? DA VALORIZZARE MA CON TUTTE LE ECCEZIONI DEL CASO
Il termine moderno di Psicologia risale al XVI secolo con l’umanista e teologo tedesco Philippus Melanchthon (italianizzato Filippo Melantone, 1497-1560) che la definiva l’insieme di conoscenze filosofiche, letterarie e religiose dell’animo umano. Ma ad onor del vero questa disciplina ha dei progenitori che furono Platone (428 a.C. – 347 a.C.) e Aristotele (384 a.C. – 322 a.C.), filosofi e pensatori greci che avevano il desiderio di comprendere chi siamo… e magari da dove veniamo. Interrogativi in gran parte mai risolti (tutto è riconducibile ai misteri della vita, sic!) nonostante fossero prese in esame molte delle questioni di cui gli psicologi continuano ad occuparsi ancora oggi. Uno degli approfondimenti riguarda proprio la comprensione delle capacità cognitive che, secondo Platone, ad esempio, certi aspetti della conoscenza sono innati o connaturati; mentre Aristotele riteneva che la mente del bambino fosse una sorta di “lavagna vuota” sulla quale venivano scritte le esperienze, e che tutta la conoscenza la si acquisisce mediante l’esperienza. Da qui il concetto di empirismo filosofico. Con il trascorre dei secoli e delle infinite vicissitudini che hanno coinvolto (e coinvolgono) gli esseri umani, tale disciplina si è evoluta sino ad “acquisire” la connotazione (quindi la specialità) di psicologia scientifica. Nel 1690 il filosofo e medico inglese John Locke (1632-1704) pubblicò un saggio sull’intelletto umano, teso a ricostruire il funzionamento della mente e dando una base solida ai ragionamenti. Ma la psicologia come vera e propria materia scientifica trova la sua luce in Europa nella seconda metà dell’Ottocento, in quanto alcuni scienziati (soprattutto fisici e medici) iniziarono ad occuparsi dello studio della psiche analizzando le sensazioni, le emozioni e le attività intellettive. Con il passare degli anni lo sviluppo della Psicologia ha assunto particolari specificità come quella cognitivistica ad opera dello statunitense di origine tedesca Ulric Neisser (1928-2012); comportamentale nel nome dello statunitense psicologo e scrittore Burrhus Skinner (1904-1990); eclettica della contemporanea psicologa statunitense Francine Shapiro (1937); espressivo corporea dello psichiatra e psicoterapeuta tedesco Fritz Peris (1893-1970), che ha coniato tra l’altro il termine di psicoterapia della Gestalt; psicodinamica a cura dell’austriaco Sigmund Freud (1856-1939) e del francese Jacques Lacan (1901-1981), rispettivamente “capostipite” e “rivoluzionario” della Psicanalisi. La cosiddetta terapia familiare strategica è riferita all’esponente psichiatra e psicologo statunitense Milton H. Erickson (1901-1980); mentre caposcuola della cosiddetta Milan Approach è la psichiatra italiana Mara Selvini Palazzoli (1916-1999); e di quella dal punto di vista umanistico-esistenziale ne è il padre lo psichiatra e psicologo svizzero Ludwig Binswanger (1881-1966). Uno excurus storico ineccepibile, ma rapportandolo ad oggi è bene attuare le dovute proporzioni
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