UN PO’ DI SOCIOLOGIA
SPICCIOLA DA UNA VOCE FUORI DAL CORO
A volte l’utopia può riservare interessanti
sorprese…
di Ernesto Bodini
Oggi in Italia cosa può significare essere ministro,
presidente di una Regione o assessore? Fatte le debite proporzioni io credo che
il primo significato non deve essere il colore politico in primis che
rappresenta, ma essere dotati di competenze, avere una buona cultura ed essere
soprattutto etici. Detto questo, mi chiedo: i nostri attuali rappresentanti al
potere apicale e locale sono tutti dotati di queste qualità? Va detto anzitutto
che nel condurre un Paese o una Regione si ha a che fare con il vastissimo
parco di Leggi e normative pregresse (di rimando) e in vigore, e per quanto
riguarda anche quelle da votare per renderle esecutive si richiede loro
competenze nelle varie materie di riferimento, ma ciò comporta (o comporterebbe)
la conoscenza di questo o quell’argomento. Dunque, mi chiedo: come è possibile
che questi detentori della gestione-conduzione siano “esperti” in vari settori?
Si prendano ad esempio gli ambiti della Sanità e della Giurisprudenza, due
aspetti alla cui base necessita un minimo di conoscenze medico-sanitarie e
giuridiche; oltre al fatto che alcune realtà per meglio conoscerle sarebbe
necessario verificarle sul campo: frequentare ospedali e le varie strutture
sanitarie, così come frequentare aule di tribunali e respirare l’aria delle
carceri, e tutto questo non una sola volta… Inoltre, questi lor “Signori”
quanta specifica competenza hanno nell’ambito dell’Istruzione e della Ricerca,
così come in quello militare? Potrei continuare con altre domande, ma ritengo
che questo primo inizio di “indagine interlocutoria” sia più che sufficiente
per dedurre che i circa 600 parlamentari ed altri rappresentanti regionali e/o
comunali, non sono detentori del totale sapere e della massima capacità di
discernimento e, per quanto riguarda la memoria, credo altrettanto che forse nessuno
possa eguagliare quella proverbiale di Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494).
Per queste ed altre ragioni, personalmente da sempre sostengo che è utopia
saper condurre le sorti di un Paese: i tuttologi, se esistono, sono puri
presuntuosi e in politica tale famiglia è assai numerosa. Oltre alla ovvietà,
basterebbe osservare ogni giorno quali e quanti problemi questi politici non
riescono a risolvere, quello che invece sanno fare è il continuo affrontarsi (e
non confrontarsi civilmente e razionalmente) a vicenda, peraltro con
scarsissimo pragmatismo, come ad esempio si potrebbe citare l’incapacità di gestione
del flusso migratorio, praticamente mensile se non settimanale, con
pesantissime conseguenze quotidiane per la convivenza, l’igiene, il
mantenimento, etc. Sicuramente chi scrive è la persona meno indicata per
sostenere ad oltranza quanto sinora esposto (con mia massima convinzione), ma
quale attento osservatore dei drammi sociali ed umani e divulgatore degli
stessi, non posso non prendere atto di questa “mala gestio” che si perpetua: i
drammi e le conseguenze a causa delle incompetenze sono ingentissimi e, a parte
qualche sporadica soluzione, le sorti del Paese tendono a non raddrizzarsi. Va
da sé che nessuno è perfetto e che a nessuno si chiede l’impossibile, ma in
questi casi essere umili ed ammettere i propri limiti rientra nell’etica e
nella saggezza, e bene sarebbe non dibattere solo in sede Parlamentare o da un
pulpito qualunque, e quindi perché non interpellare di tanto in tanto anche il
semplice cittadino? Sin da giovanissimo mi hanno sempre detto (ed insegnato)
che l’arguzia, la saggezza come pure l’intuito a volte possono uscire anche
dalla bocca della persona più semplice, come ad esempio anche da anonimi
autodidatta che dalle “retrovie” della politica osservano quello che succede,
meditando in silenzio ciò che sarebbe meglio modificare per migliorare le molte
situazioni nella società. Forse sono un eterno idealista ed un altrettanto impenitente
anticonformista (lontano da ogni tendenza partitica, bene inteso), ma sta di
fatto che mi ritrovo ogni giorno a lamentare storture e carenze in una Italia
che, paradossalmente, era più degna d’essere tale sino a qualche decennio fa.
La politica è ovviamente un’azione necessaria, ma al tempo stesso è un “brutto
affare”, e proprio per questo dovrebbe essere esercitata con quella fermezza
tale da riunire i vari ideali in un tutt’uno a garanzia di una minore
dispersione…, anche se mi rendo conto che ciò è utopia, ma forse è proprio per
questa ragione che Platone sosteneva: «L’accesso
al potere dev’essere limitato agli uomini che non ne nutrono la passione». Quindi, meno politici incompetenti e
ambiziosi, più certezza di risalire la china. In buona sintesi, si provi a far
tesoro della saggezza di chi tanto nominiamo e trasmettiamo il loro sapere agli
studenti liceali e universitari, e forse Platone potrà compiacersi di tale
atteggiamento.
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