ESEMPIO DI
RESTRIZIONE DEI RAPPORTI UMANI
Come si
continua a “disumanizzare” il Cittadino ad opera del politico e del
burocrate: sono
sempre meno i servizi allo sportello dedicati al pubblico. Una
tendenza che talvolta può favorire incomprensioni e spiacevoli conseguenze…
di Ernesto Bodini
I tempi cambiano, e
le persone pure. Ma se questa metamorfosi riguarda soprattutto le relazioni tra
cittadino e Pubblica Amministrazione (P.A.), c’è da da fare una vera e propria reprimenda in
quanto da alcuni anni in molti uffici della P.A. non è più possibile accerdervi
di persona per colloquiare con un referente amministrativo, e men che meno con
un funzionario e/o dirigente o assessore. Una realtà che riguarda il Piemonte
dove risiedo, ma c’è da ipotizzare che tale “disumana restrizione” riguardi la
P.A. anche di altre Regioni. Ma perché questo “allontanamento” tra le parti?
Secondo quanto sostengono gli addetti sono stati istituiti dei call center (in
parte dipendenti pubblici e in parte dipendenti di cooperative) per limitare
l’afflusso del pubblico agli sportelli e negli uffici… in quanto ne ritarderebbero
lo smaltimento delle pratiche pregresse e quelle in corso. Come attento
osservatore delle dinamiche e delle “storture” sociali, specie se di carattere
burocratico, non credo che la suddetta motivazione per quanto reale sia
sufficiente; a mio avviso, e ne sono particolarmente convinto, da un bel po’ di
tempo, c’è una certa tendenza da parte del burocrate volta a non voler
disquisire ogni volta con il cittadino (in gergo popolare per non aver rogne),
anche se si tratta di questioni importanti e delicate… Tale provvedimento (che
si va sempre più estendendo) è aggravato dal fatto che il
cittadino-utente-contribuente il più delle volte non può nemmeno telefonare ad
un referente di un certo ufficio, e solo in certi casi può avere a disposizione
una e-mail (Pec), mentre gli Enti più “virtuosi” invitano il cittadino a
collegarsi telematicamente inserendosi nella relativa piattaforma online
compilando gli spazi disponibili. Ora, se ciò avviene in quasi tutte le
strutture della P.A. (comunali, regionali, ministeriali, etc.), nell’ambito
della Sanità pubblica (in taluni casi anche privata) tale induzione risulta
essere ancor più deleteria, non solo perché è più affollata ma anche perché i
ricorrenti cittadini si sentono doppiamente frustrati, in ragione del fatto di
essere già nella condizione di precarietà fisica e psicologica. I cittadini che
non sono dotati di una postazione telematica e stampante, possono rivolgersi al
Caf o Patronato di residenza… con qualche immaginabile difficoltà soprattutto
per le persone anziane e sole. Una ulteriore osservazione, che è bene considerare,
consiste nel fatto che sino a pochi anni fa molte pratiche avevano più o meno
un normale decorso sia pur in assenza dei veloci processi telematici, e spesso
per il disbrigo delle stesse si procedeva scrivendo a macchina o a mano e con
l’ausilio della carta carbone e della fotocopiatrice, per concludersi con
l’archivio del cartaceo, debitamente protocollato. Oggi questi processi sono
più velocizzati proprio grazie all’apporto telematico ma nello stesso tempo sono
palese incongruenza che non ha ragione d’essere e, se ci dovessero essere altri
motivi per questa innovazione, personalmente non mi stupirei anche perché seguo
l’evoluzione della burocrazia da molti anni, e il tempo, si sa, è giudice e maestro
di vita incorruttibile! Infine, come ad ogni processo burocratico instaurato
dalla P.A., si tende tutti a lamentarsi ma, come sempre, non vi è alcun
cittadino che faccia le debite rimostranze per iscritto e, quando è il caso,
opponendosi con tutti i mezzi consentiti dalla Legge. Da notare che anche i
mass media non hanno dedicato e non dedicano inchieste o commenti su questa
evoluzione penalizzante. Per concludere, i detentori del potere politico-burocratico-amministrativo
non abbiano a stupirsi se da qualche parte si legge sfiducia verso le
Istituzioni, proprio perché loro stessi non si preoccupano per il fatto che la
massa vociante non contesta mai ufficialmente (nero su bianco). E questo perché
generalmente gli italiani preferiscono vivere con un problema che non riescono
a risolvere, piuttosto che accettare una soluzione che non riescono a
comprendere. Ma la mia lapidaria chiosa è la seguente: «Evviva il progresso, se non è seguito dal regresso!»
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