LIBERE SCELTE DI LAVORO E DI VOLONTARIATO
Una responsabilità non solo imputabile al
destino, ma
anche al nostro modo di concepire quello che si
vuole fare
di Ernesto Bodini
Quante volte mi sono chiesto quali
le ragioni delle persone per dedicarsi ad una professione piuttosto che ad
un’altra, così pure ad un ruolo sociale piuttosto che ad un altro, in questo
caso finalizzato al bene della collettività. Per quanto riguarda le professioni
e/o i mestieri le motivazioni possono essere diverse: predisposizione naturale
(?), indirizzati su spinta della famiglia, esigenze di sopravvivenza o più
“banalmente” per circostanze fortuite o talvolta anche obbligate; per quanto
riguarda il dedicarsi al volontariato io credo che le motivazioni siano
altrettanto diverse, e solitamente prevalgono spirito innato e slancio di
solidarietà (a mio avviso assai rare), ambire ad una certa visibilità, o più
opportunamente per riuscire ad occupare un ruolo che nel tempo può confluire in
un rapporto di subordinazione, ovviamente contrattualizzato e retribuito. È
evidente che queste inclinazioni se confluite nella concretezza possono
determinare il futuro di una persona e, a ricaduta, anche di più persone per il
fatto di entrare in un certo circuito. Si prenda, ad esempio, l’inseguire una
carriera politica che per quanto lecito il fine è ottenere una sistemazione personale
possibilmente definitiva, e in taluni casi anche per famigliari e… compari. A
questo proposito in non poche occasioni nel nostro Paese non sono mancati
“fulgidi” esempi e, per quanto abbia suscitato un certo scandalo (si fa per
dire), i casi in questione sono passati in sordina. Nel vasto campo del
volontariato che, solitamente e ipocritamente, il più delle volte viene
espresso sotto le mentite spoglie della solidarietà, non mancano esempi in cui si
agisce anche per raggiungere una certa carriera, come quella di ricoprire un
ruolo di responsabilità che di fronte agli occhi del pubblico (o anche dei
beneficiati) è motivo di orgoglio e soddisfazione. Personalmente ho sempre
avuto una grande ammirazione per i Missionari (da notarsi la “M” maiuscola),
veri e propri protagonisti del sociale che, seppur essere una occupazione
professionale per sopravvivere, di fondo la finalità è palesemente di carattere
umanitario, come ad esempio lasciare la propria Patria e i propri famigliari per decenni (a volte anche per
sempre) per soccorrere il prossimo, e magari oltre continente. Con queste
osservazioni non intendo fare le pulci ad alcuno, ma nello stesso tempo sono i
vari tipi di scelte che a volte mi lasciano perplesso, proprio perché in base a
queste non di rado si determina il destino di persone inconsapevoli. È evidente
che nella vita a volte si fanno delle scelte anche irresponsabili se non anche
con risvolti drammatici, tanto che verrebbe da chiederci: cosa fare? Pur
facendoci guidare dalle esigenze, o dall’istinto e/o impulso (termini che
andrebbero però approfonditi) resta il criterio della consapevolezza sapendo a
priori che cosa si vuole ottenere; ciò comporta inevitabilmente responsabilità
nei confronti di se stessi e in quelli altrui. La Storia ci viene in soccorso
facendoci conoscere che nell’ambito della solidarietà alcuni protagonisti erano
sì predestinati, ma scevri da ogni velleità narcisistica e/o di esibizionismo,
ancor meno di mera utilità personale. È pur vero che nonostante le buone
intenzioni non tutti possono essere degli “illuminati” per occupare una
posizione piuttosto che un’altra, ma è altrettanto vero che se non si rincorre
la strada del mero edonismo qualunque sia la scelta, professione o
volontariato, ogni azione sarà priva di garanzie per il genere umano. Mi rendo
però conto di scivolare nel baratro dell’utopia, o quasi, ma bisogna tener presente
che in ogni realtà sociale cominciano ad essere troppi i “leader” (spesso senza
arte e né parte), e quando è necessario predisporre un posto dal sapore
gerarchico, vale la regola che quando sono in due a comandare uno è sempre di
troppo; e questo vale tanto in politica, nelle libere professioni e/o mestieri
e quindi anche nel volontariato organizzato. In tutte queste realtà la
sudditanza, diretta o indiretta, è una ulteriore pena per l’umanità che
continua a subire per effetto di quelle scelte a monte, dalle quali a volte
nascono “Eroi”, di cui non abbiamo necessariamente
bisogno… I mondi delle professioni e/o mestieri e del volontariato sono assai
popolati ma non sempre in modo razionale e meritevole, e questa purtroppo è una
delle ragioni che induce ad una maggior severità quando si deve o si vuole fare
una scelta: un ruolo lavorativo non consono alle proprie attitudini, o per
assurdo in eccesso alle stesse come nel dedicarsi al prossimo, può segnarci per
tutta la vita!
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