Usi e costumi nella P.A.

 

LO SCARSO DECORO “UMANO” NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

Non pochi i casi di “deplorevole” abbigliamento ed un modesto modo di porsi al pubblico degli operatori agli sportelli, come pure anche la non trasparenza anagrafica degli stessi…

 di Ernesto Bodini

È vero, siamo tutti (o quasi) osservatori: ogni atto quotidiano compiuto dai nostri simili spesso non ci passa inosservato e da qui, esprimere un giudizio magari anche lapidario, il passo è breve. Ma una delle osservazioni sulle quale vorrei “puntare il dito” è quella del portamento estetico, e non, del personale della P.A. soprattutto quello addetto alle relazioni con il pubblico: sportellisti, addetti al front office, alla portineria, all’ufficio informazioni in genere, etc. Si dice da sempre che l’abito non fa il monaco, ma purtroppo in non pochi casi non è così in quanto basterebbe frequentare una serie di uffici pubblici per renderci conto che, tra costoro, ve ne sono che hanno un abbigliamento che lascia molto a desiderare: scarpe da ginnastica di gomma o di plastica dalle quali il piede non trasuda… (d’estate infradito, ciabatte o sandali senza calze), calzoni talvolta sdruciti come i jeans che secondo la moda di questi tempi sono volutamente lacerati; per gli uomini (giovani e meno giovani) un abbigliamento formale non è nemmeno un sogno ambizioso come la camicia con al seguito giacca e cravatta, ma spesso invece  solo una maglia con tanto di vistosa scritta pubblicitaria (magari anche del proprio idolo sportivo o dello spettacolo) sul davanti o sul retro; per non parlare della pettinatura che lascia ad intendere non solo di non essersi pettinati ma nemmeno lavati (come si deve) al risveglio. Oltre agli uomini, anche le donne non sono poi tanto a meno in quanto ve ne sono alcune magari molto ben agghindate, profumate e particolarmente decorate  alle unghie, alle labbra e su altre parti visibili del corpo con variopinti e fantasiosi tatuaggi… talvolta alquanto allusivi, e con tanto di braccialetti ed anelli su ogni dito o quasi. Ma non solo. Al colloquio con alcuni di questi addetti al pubblico, che si presume abbiano superato il concorso con gli opportuni requisiti formali e di portamento etico, e supposto che abbiano le competenze relative al ruolo loro assegnato (ma non sempre è così), il lessico è molto povero di vocaboli (povero Dante…!) e di quella forma di rispetto che si deve non solo al cittadino in quanto utente-contribuente e fruitore di beni e servizi, ma soprattutto in quanto Persona… giacché anche l’addetto si ritiene tale. Oggi, rispetto a tempi non molto remoti, parte del personale della P.A. addetto al pubblico non è più dotato della divisa che lo distingue per il ruolo identificativo e per l’ordine di presenza, e questo a mio avviso fa la differenza. Ad esempio, alcuni Istituti bancari, per quanto Enti privati di diritto pubblico, d’estate capita di imbattersi in impiegati uomini addetti allo sportello con la camicia aperta sino a metà del torace con ben in vista il petto villoso e magari anche una vistosa catenina d’oro, e la donna con una scollatura che lascia poco spazio alla immaginazione. Queste mie osservazioni-deduzioni potrebbero andare oltre ed indurre il lettore ad essere giudicato come “Catone il censore”, ma in realtà non è così perché le generazioni antecedenti alle ultime due-tre sono state educate e sono cresciute con una adeguata disciplina interiore ed esteriore, e il loro rapportarsi con il prossimo è sempre stato manifestazione di compostezza e di rispetto. Purtroppo la moda, l’evoluzione dei costumi e l’eccessiva libertà di trascendere (talvolta senza freni inibitori) hanno avuto il sopravvento, e da qui a parlare anche di scarsa igiene personale il passo è alquanto breve… Tale portamento estetico lo riscontro anche negli ospedali, dove mi imbatto in taluni medici e infermieri (soprattutto giovani e giovanissimi) vestiti in modo molto poco decoroso, sia pur in relazione alla loro divisa che nemmeno la stessa riesce a camuffare. Nessuno vuol disconoscere la loro capacità di approccio e rispetto al paziente, come pure la loro competenza clinica… sia pur al loro esordio; ma ciò non toglie che dialogare ed essere visitati da un giovane medico presentabile e di buone maniere dovrebbe far parte della sua formazione: prima interiore e poi accademica. Emblematico è il caso di un vecchio clinico, secondo gli annali della storia, che prima di visitare “manualmente” un paziente aveva l’accortezza di strofinare il palmo delle proprie mani su un piccolo “scalda mani”, evitando al malato di essere  toccato da una mano fredda o tiepida… Esempio di accortezza questo, forse eccessivo, che oggi non solo farebbe sorridere, ma sarebbe beffeggiato dalle ultime generazioni in quanto inutile, non lessico e quant’altro… in tutta questa mia disamina ho lasciato ad intendere che vi è una parte di addetti alla P.A. dal portamento opposto, quindi assai di buon gusto e, in questi ultimi, ho notato in più occasioni che il loro modo di rapportarsi con il pubblico è spesso di gran lunga più apprezzato tanto da facilitare un miglior dialogo fra le parti e, magari, anche una più “rapida” soluzione alle istanze presentate dal pubblico. Ma una ulteriore disamina-critica non va risparmiata ai nostri interlocutori telefonici: segretari, call center, centralinisti in genere, in quanto il fatto di non essere conosciuti visivamente e anagraficamente a questi operatori conferisce loro quel potere che, a volte, trascende in arroganza considerando il cittadino-utente un numero (disturbatore) e non una Persona che ha necessità. La dignità è il rispetto che l’uomo conscio del proprio dovere sul piano morale, deve sentire nei confronti di sé stesso e di tutti noi, e tradurre in comportamento coerente e adeguato alle circostanze del momento. Ergo: l’arroganza del potere non ha mai fatto crescere un Paese che si ritiene civile democratico

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