TRASPARENZA E PRIVACY ALLO SPECCHIO
Il non rispetto di questi diritti è spesso disatteso
sia da parte della P.A. che dello stesso cittadino
di Ernesto Bodini
Si dice che il mondo è bello perché è vario,
meno bello invece quando non sappiamo di
determinati provvedimenti o azioni da parte dello Stato o della più comune
Pubblica Amministrazione in senso lato. Ad esempio, non è dato a sapere la
destinazione e l’uso definitivo del denaro confiscato alla cosiddetta malavita,
mentre posso immaginare l’uso e la destinazione dei beni immobili requisiti
irreversibilmente alla stessa. Inoltre, altra non meno importante “curiosità”,
consiste nel fatto che non è mai ben chiaro con quale criterio vengono
individuate e preposte le persone che nell’ambito della P.A. apicale dovrà
ricoprire un determinato ruolo (gradi gerarchici di un certo rilievo). Tutto
dovrebbe avvenire per concorso? E se si, come venire a conoscenza degli eventuali
bandi, e quali requisiti devono possedere questi “particolari” candidati? In
tempi di congiuntura questi quesiti e relative risposte non rappresentano certo
primaria importanza, ma sapere o non sapere come avvengono certi meccanismi
nella P.A. ad ogni livello fa la differenza! Come fa la differenza lavorare assumendo
determinati ruoli in ambito ministeriale, piuttosto che in un semplice ufficio
di una P.A. di periferia, pur ammettendo che ogni posto di lavoro è sacro ed ha
carattere di nobilità… Questi due esempi, presi volutamente a caso, denotano il
persistente fenomeno della non trasparenza tout court, una sorta di
occultazione come avviene in certe Asl od altra sede istituzionale, quando
veniamo a colloquio con il personale (qualunque esso sia) del quale raramente ne
conosciamo il nome, e tanto meno il cognome. Faccio queste constatazioni a
ragion veduta non solo perché conosco i miei diritti e doveri, ma anche perché in
più occasioni ho dovuto “impormi” per conoscere nome e cognome dei professionisti
della P.A. dei quali ho avuto bisogno del loro intervento. Comprendo bene che
tale richiesta non è praticabile quando si ricorre ad esempio in un Pronto
Soccorso, per di più in condizioni di “non efficienza” psicofisica, mentre in
situazioni di normalità nulla osta che chi rappresenta la P.A. si debba
qualificare anagraficamente: nome e cognome, ed eventualmente ruolo e grado di
operatività nonché di responsabilità. Quindi, va detto per inciso, che nella
stragrande maggioranza dei casi noi non sappiamo chi sono nella realtà i nostri
interlocutori pubblici (ancor meno telefonicamente), ma essi sanno (spesso
anche a priori) chi siamo… e magari anche diversi particolari della nostra
sfera personale. E non mi si dica che si vuole onorare la fatidica Legge della
Privacy perché in molte circostanze non è rispettata laddove deve esserlo, e
purtroppo è ulteriormente disattesa anche dagli stessi aventi diritto. Ecco che
allora si vuole richiamare i concetti del diritto sul quale sarebbe bene fare
chiarezza, in quanto il diritto in senso lato si presta a molte interpretazioni
e/o applicazioni, ma ciò richiederebbe un approfondimento e nelle sedi più
appropriate. Tuttavia, quello che va ulteriormente rilevato, è che l’italiano
medio ha dato sfogo per ottenere determinate conquiste, ma il più delle volte
ha abusato e abusa delle stesse (come la eccessiva libertà in varie situazioni) e paradossalmente non persegue (o
non sa come perseguire) il mancato rispetto di un diritto, come pure certi
doveri; oltre a non concepire che tutto ciò che non è normato solitamente è
opinabile, in virtù della cosiddetta “anomia legislativa” (Èmile Durkheime, 1858-1917), ossia assenza di legge. Ora, è
proprio necessario avere titoli in materia di Giurisprudenza per sapere tutto
ciò? Non direi (io stesso non ne ho in senso accademico, ma proprio per questo
mi erudisco di volta in volta) in quanto sono nozioni dettate dalla ratio e
dalla logica che, se meritano un approfindinento, le fonti da consultare non
mancano: basta aver voglia di documentarsi e di perseverare… se si vuole
ottenere! Ultima considerazione. Se nei primi anni del dopoguerra, e se si
vuole anche nel decennio successivo, si era un po’ tutti frastornati e poveri
culturalmente ciò era comprensibile, ma in quest’ultimo mezzo secolo questa
carenza dovrebbe essere stata superata grazie ai molteplici (fin troppi) mezzi
di comunicazione. Ma purtroppo si deve constatare che permangono ignoranza,
indifferenza e inerzia, e ciò mi induce a concludere amaramente: chi vuole il
suo mal pianga se stesso e, come sempre, ognuno per sé e Dio per tutti!.
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