L’INFORMAZIONE TELEVISIVA TRA AMBIZIONI E GIRI DI POLTRONE
Più
valori politici e di potere ma, in proporzione, meno valori culturali
a
discapito di una crescita più civile e responsabile della società
Ernesto Bodini
L’informazione al pubblico da parte dei
potenti mass media da sempre condizionano, in bene e in male, il fruitore il
quale scontento o meno… subisce. Si prenda a esempio la potente Rai (che non è
lo Stato ma dello Stato), alla cui conduzione ogni volta si avvicendano
pretendenti ambiziosi e designati i quali, ovviamente, devono appartenere ad
una cordata politica ben precisa a seconda del potere vigente del momento. Un
giro di poltrone tra ammiccamenti, intese e magari favoritismi reciproci
cercando di scontentare le parti interessate il meno possibile. Ora, dirigere i
mezzi di informazione che entrano nelle case e quindi nella “psiche” degli
italiani è certamente una grande responsabilità, non solo per gli orientamenti
che vengono dati, ma anche per una serie di programmi assai discutibili. Si
prenda ad esempio, e queste sono mie personali considerazioni, il programma
offerto per anni in gran parte su Rai 3 intitolato “Che tempo che fa” (titolo che per quanto voluto “ad effetto” è un
insulto alla grammatica), condotto magistralmente (a detta di molti?) a partire
dal 2003 soprattutto da Fabio Fazio che, nonostante i temi trattati con ospiti
anche illustri, non è stato privo di qualche pecca. Avendo osservato qualche
puntata per ragioni giornalistiche e di analisi sociologica, vorrei richiamare
l’attenzione su un’ospite molto gradita dal conduttore e dal pubblico che reca
il nome della showman Luciana Littizzetto, la quale anziché sedersi sulla
classica poltroncina degli ospiti prendeva posizione sul tavolo del conduttore.
Per contro si immagini se il medesimo portamento lo avessero adottato altri
ospiti di particolare riguardo; per non parlare poi del fatto che la suddetta
in alcune espressioni (da copione o liberamente volute) non lesinava termini di
eccessiva ironia arricchiti da pesanti sottintesi che non lascivano spazio ad
alcuna fantasia… Evidentemente questa ospitalità a cadenze più o meno fisse,
rappresentavano per il telespettatore e per il pubblico in studio un atteso e
graditissimo appuntamento, tant’è che se avesse potuto sarebbe intervenuto con
ulteriore sostegno della suddetta spalla dell’anchorman, oltre agli applausi.
Ora, mi domando: con quale criterio vengono studiati e proposti gli intrattenimenti
di questa portata che di etica a mio avviso hanno veramente poco? L’unico
vantaggio del telespettatore è quello di poter cambiare canale o addirittura di
spegnere il televisiore, ma questo suonerebbe come una sorta di “ricatto”
implicito, come dire: “O mangi questa
minestra, o salti dalla finestra”. Per obiettività va detto che la Rai,
come alcune altre emittenti, offrono anche programmi di un certo grado
culturale, grazie ai quali poter gioire di nozioni di particolare utilità sia
per sollecitare la memoria che per erudirsi ulteriormente; ma purtroppo questa
“alternativa” (per quanto intelligente e democratica) non va a compensare a
sufficienza i programnmi più negativi oggetto di critica e, per certi versi, di
condanna... Chi è subentrato alla conduzione delle Reti Rai in questi ultimi
decenni, a mio avviso avrebbe fatto bene a rifarsi di modelli culturali-educativi
degli anni ’60, come ad esempio lo storico programma “Non è mai troppo tardi”, o simili, il cui contributo è servito ad
insegnare a scrivere ad un considerevole numero di analfabeti. Certo, mi si
dirà che è un programma superato, ma io non sono d’accordo sia per gli oltre 4
milioni di analfabeti di ritorno, e sia perché le statistiche attuali informano
che un terzo degli italiani non ha mai letto un libro.
Approfondendo questa “analisi
sociologica” va pure sottolineato il fatto che quasi tutte le emittenti
televisive, tra i vari pacchetti di programmazione non mancano filmati dalla
trama violenta e, per quanto riguarda alcune pubblicità, le stesse
“favoriscono” prevalentemente (chissà perché) la figura femminile… Questione di
pudore, o simile? Niente affatto, in quanto è facile immaginare gli effetti di
emulazione arricchiti da non poca fantasia in certi soggetti psicologicamente e
culturalmente deboli… Un’ultima osservazione. In diversi programmi alcuni
titoli di coda scorrono troppo velocemente tanto che il telespettatore non è in
grado di leggerli per intero (a discapito della trasparenza), mentre in altri casi
come nei documentari o programmi con il commentatore, il volume del sottofondo
“musicale di accompagnamento” si sovrappone alla voce dello speaker o figura
analoga. Infine, essere fedeli spettatori di programmi condotti da presentatori
pagati profumatamente, peraltro con il contributo del video-utente, rasenta la
più assurda delle ipocrisie di quest’ultimo. Per tutte queste ragioni non posso
che condividere la filosofia dell’epistemologo austriaco Karl R. Popper
(1902-1994 – nella foto) che, come sappiamo, era noto per il rifiuto e la critica dell'induzione…
anche televisiva. Parafrasando il padre della Costituente Piero Calamandrei
(1889-1956), il quale sosteneva che «Quando per la porta della
Magistratura entra la politica, la giustizia esce dalla finestra», si potrebbe dire che
quando per la porta della Informazione Pubblica entra la politica, la “vera”
utilità sociale lascia il tempo che trova. E che dire sul Canone Rai, alias
Abbonamento Rai TV, Tassa di possesso? Stendiamo non un velo, ma una coltre
pietosa!
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