. TRASPARENZA ED ETICA: UN
BINARIO DALLE ROTAIE
SEMPRE PIÙ DIVERGENTI
E SENZA UN PUNTO DI INCONTRO
Sia in politica che
all’interno delle P.A., la tendenza ad allontanare il cittadino
di Ernesto
Bodini
C’era
una volta il diritto ad una casa, per tutti o quasi. C’era una volta il diritto
alla tutela della propria incolumità, per tutti o quasi. C’era una volta il
diritto di giustizia, per tutti o quadi, etc. Di questo passo potrei andare
oltre senza mai finire, ma c’è un diritto “non rispettato ad oltranza” che
potrebbe condizionare ulteriormente e negativamente quelli finora elencati, ed
è il diritto alla trasparenza da parte della P.A. che consiste nel poter essere
ricevuti da un funzionario e/o dirigente, se non anche da un assessore, per
esporre in modo necessariamente più esplicito un serio problema o fare una
richiesta particolare, in quanto va da sé che al contatto diretto il nostro
interlocutore… non ha scappatoie; mentre per telefono o scrivendo una semplice
e-mail il riscontro può essere più facilmente evasivo! Questo modo di non-rapportarsi
direttamente con il cittadino da parte del burocrate, è adottato un po’
ovunque sul territorio (in particolare in Piemonte, che affermo con maggior
cognizione di causa giacché ne sono residente), e non è nemmeno tanto difficile
intuirne le ragioni. Ma ancor peggio quando si tratta di avere un colloquio con
un politico che rappresenta uno specifico settore della P.A. (qualunque esso
sia), non per avere chissà quali favoritismi o simili (Dio me ne guardi), ma
per evidenziare una certa inefficienza
istituzionale che non si riesce a rimuovere o a porre qualche rimedio.
Per contro, questo rappresentante al potere in Parlamento locale o apicale, si
presta molto più volentieri ai mass media o ad incontrare la folla nelle
piazze, per stringere mani o per un selfie con tanto di sorrisi (in gran parte
ipocriti) al fine di ottenere consensi. E da come vanno le cose “accuso”
apertamente una certa decadenza del sistema italiano, anche perché tale sistema
poggia le basi sull’ignoranza (attiva e passiva) della maggior parte dei
cittadini, che credono di conoscere a fondo i propri diritti (meno i doveri) e,
nel bisogno, spesso sono arrendevoli o al massimo scendono in piazza in cortei
sfogando a squarciagola quello che potrebbero mettere per iscritto (individualmente)
con richiesta di riscontro. Ergo che dal punto di vista della razionalità gli
italiani (rarissime eccezioni a parte) non sono per nulla compatti, in quanto
non hanno compreso che al di là di certe conquiste, in parte meritate e in
parte abusate, il nostro Paese è paragonabile ad una sorta di Feudalesimo e
tutti noi dei sudditi. Si è tanto parlato, e si parla ancora, di una democraticità che ha tenuto banco ma in
forme diverse, termine questo che è divenuto obsoleto tanto che in questi
ultimi anni sono nati diversi partiti, con la giustificazione che tutti hanno
diritto a manifestare un’idea seguita da qualche iniziativa tesa a rafforzarla
e ad inculcarla al prossimo per ottenere un seguito. Ma poiché ognuno ambisce
tirare l’acqua al proprio mulino, i mugnai cominciano ad essere troppi e la
farina da lavorare è sempre più di dubbia qualità, così come l’acqua per
mescolarla è sempre più torbida. Sono metafore che rendono molto bene l’idea e,
tornando alla scarsa trasparenza, il disorientamento generale rende ancora più
difficile aiutarsi a vicenda. Coloro che patiscono meno questo “andazzo” (tanto
per usare un termine popolare) sono certamente le persone particolarmente
abbienti da ogni punto di vista, le quali raramente hanno esigenza di
richiedere un colloquio con graduati della P.A. e nei casi più ostici demandano
a terzi il fare le loro richieste. A quelli che ci rappresentano vorrei
rammentare che rapportarsi con i propri concittadini oltre che un dovere di
trasparenza è anche una questione di Etica. Pur senza atteggiarmi a
cattedratico (che non sono) mi permetto di rievocarne in sintesi il concetto. «Il termine tra origini dal greco (“ethos”) e
fa riferimento al costume, al comportamento e al modo di agire dell’uomo. È
parte della filosofia morale che si interroga sul significato e sul valore
delle azioni umane. Studia le possibilità che ha l’uomo di agire liberamente le
sue scelte di fronte ai concetti di bene e di male, i motivi e le regole che
guidano le sue azioni, che non sono mai neutre in quanto mosse da
intenzionalità, con effetti valutabili in senso positivo o negativo». Mi
vorranno scusare gli interessati ed eventualmente anche i lettori ma con questa
esposizione ho inteso ciò che pochissimi metterebbero per iscritto, o
affermerebbero verbalmente in sedute pubbliche. Anche questo atteggiamento,
paradossalmente, è una sorta di mancata trasparenza da parte del cittadino;
quindi anch’egli deve essere etico. Si tratta, in buona sostanza, di una caduta
di sensibilità alla quale corrisponde anche una caduta nel senso di responsabilità,
intesa come volontà della persona di prendere decisioni in modo autonomo o
collettivo. E ciò può trovare “giustificazione” nel meccanismo della
consultazione facile fra le parti, o della altrettanto facile delega ai propri
simili, rinviando ad essi compiti che dovrebbero essere propri.
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