UN DRAMMA NEL DRAMMA

 

ANALISI DI UN FENOMENO DRAMMATICO CHE SI POTEVA RIDIMENSIONARE

Chi scrive non è un esperto ma colui che ha “analizzato” l’evento gestione pandemia nel

corso di questi tre anni. Una “voce fuori dal coro” ma non per questo meno attendibile…

di Ernesto Bodini

 

Come volevasi dimostrare i conti stanno tornando: le prime ipotesi di responsabilità in merito alla gestione della pandemia da covid-19, in particolare riferita alla zona del bergamasco tra il febbraio e l’aprile 2020, stanno emergendo. E come succede in questi casi, gli interessati indagati (tecnici ed esponenti delle massine autorità ministeriali dell’epoca), a torto o a ragione scaricano le proprie responsabilità o tendono a discolparsi l’un l’altro. Ma in nessun’altra occasione, come questa, ci si è imbattuti in qualcuno che abbia avuto l’onestà intellettuale nell’ammettere i propri limiti ed eventualmente le proprie responsabilità; quelle a cui faccio riferimento, per il vero, sono tuttora al vaglio degli inquirenti. E sempre in casi come questi, nascono spontanei (o meno) comitati o associazioni denominate “Famigliari delle vittime”, non per vendetta ma per mera sete di giustizia… (semmai ancora esiste). Tutto ciò rientra nel lecito, ma intanto indagati e “superstiti” lamentano ognuno il proprio malessere, sia pur da diversa e palese posizione. Può sembrare banale ma a mio avviso anche circostanze come queste per certi versi fanno parte della sfera cosiddetta “lotta tra poveri”, ma un lotta impari in quanto divisa in due nette fazioni: presunti responsabili e innocenti. La vicenda della pandemia ha certamente messo a dura prova molti esseri umani, senza dimenticare chi è stato in prima linea come i sanitari (medici, infermieri, Oss e volontari) che, a vario titolo, non si sono risparmiati rischiando ogni giorno (H24) la propria vita e, per dirla fino in fondo, mettendo a rischio anche quella dei propri famigliari al loro rientro... Analizzare una situazione così penosa e grave come la pandemia (peraltro non del tutto terminata) è come voler sentenziare a destra e a manca, tizio, caio o sempronio; in realtà la mia esposizione di opinionista (peraltro ex paziente covid ante vaccino, e da sempre sostenitore ad oltranza delle vaccinazioni contro le malattie infettive) vuole essere un invito alla riflessione da parte di tutti, e quand’anche venissero confermate determinate responsabilità, non ci sarebbe da esultare: anche chi commette sbagli o peccati paradossalmente ha una sua dignità (lo sosterrebbero determinati filosofi), ma nel contempo andrebbero invitati ad esprimere pubblicamente il “mea culpa” di fronte alla collettività, mentre di fronte a Dio il rapporto resta del tutto personale. In questo contesto non meno grave e penoso è il ruolo di chi è deputato a giudicare, dovendo eventualmente emettere sentenze di condanna. Ora, la domanda è: si può o si deve perdonare chi ha sbagliato per leggerezza, incompetenza, superficialità od, ancor peggio, se nella propria posizione tecnica e/o istituzionale la stessa era ed è offuscata da una palese linea politica? Dal punto di vista della giustizia umana credo che ci sia poco da dubitare in quanto rientra nell’ordine naturale dei rapporti esistenziali e quindi delle leggi emanate dall’uomo, da quello più intimistico e ancorché spirituale, a mio modesto avviso il problema è forse più filosofico e come in tutte le filosofie dovrebbero prevalere onestà e saggezza; ma ciò spesso non avviene. Evidentemente è uno dei limiti dell’Essere umano che per secoli ha fatto prevalere il suo egoismo e la sua superiorità verso i suoi simili che riteneva (e ritiene) a lui inferiori. Ma tornando alla vicenda umana e giudiziaria dei morti per covid-19, che soprattutto in quelle zone si potevano evitare, al momento non resta altro che consolare e sostenere i famigliari delle vittime, famiglie che in buona parte dei casi hanno perso l’unica fonte di sostentamento materiale ed affettivo: vedove/i e orfane/i. A questo riguardo non credo che ciò avverrà, se non solo in parte, e l’ulteriore amarezza si configura in quel senso di abbandono da parte dello Stato, dei politici e di quanti hanno sottovalutato (non poco) il problema perché, diciamolo pure, poco dopo l’inizio della pandemia una chiusura totale la si poteva ipotizzare: sarebbe stato indispensabile ed immediato un lockdown totale in tutto il Paese, comprendendo anche la chiusura delle scuole ad eccezione delle attività essenziali (ad esempio la fornitura di alimentari, di medicinali e carburanti) per una durata pesante ma limitata. Ciò avrebbe avuto caro prezzo per la Nazione, ma quasi certamente in poco tempo ne saremmo usciti tutti con meno danni. Una convinzione non solo personale come ho anticipato oltre due anni fa, ma condivisa da alcuni (anche se pochi) autorevoli esperti in divulgazione scientifica. Tra questi il direttore della prestigiosa rivista scientifica “Lancet”, Richard Horton, che precisò: «… se l’Italia avesse “chiuso” il Paese una settimana prima, migliaia di vite sarebbero state risparmiate».


In quel periodo iniziale e conseguente, inoltre, la gestione sanitaria è stata un bailamme: a cominciare dal non aggiornato “Piano Pandemico” cui si sono sommati incompetenze, presunzioni, rivalità, protagonismi, carenze e quindi inefficienze d’ogni sorta, come pure “sfruttamenti” per quanto riguarda la fornitura di mascherine e tamponi; mentre a fronte di tali carenze (e inadeguatezze) gli operatori sanitari in trincea hanno dato il meglio di sé… spesso improvvisandosi dal punto di vista logistico ed organizzativo. A monte di tutto ciò la responsabilità di gestire un simile evento era demandato alla politica attraverso figure che non hanno saputo (in gran parte) onorare il loro mandato…, e forse oggi è troppo poco consolatorio  affermare: “si sono chiuse le stalle dopo che sono scappati i buoni”, ma sin dall’inizio si doveva agire con estrema lungimiranza, e coloro che ne erano preposti non avevano idea di come si sta quando un virus di questa portata invade il proprio organismo, con il rischio di perdere la vita (anzi, migliaia di vite) lasciando nella disperazione molte famiglie e una infinità di conseguenze a tutto il Paese. Personalmente non ho la presunzione di “giudice dispensatore”, ma quale opinionista, osservatore e divulgatore dei problemi sociali (della Sanità in particolare) da oltre sei lustri, credo di poter fare queste affermazioni, puntando il dito contro ogni avversità (nel rispetto delle Leggi) in difesa dei propri ed altrui diritti, specie se bisognosi di quei supporti che non riescono ad ottenere… spesso a causa della burocrazia (altro male endemico per il quale sarebbe opportuno vaccinare la popolazione…!). Ma purtroppo, la maggior parte delle persone è rinunciataria e/o incapace nell’affrontare questi ostacoli, a cominciare dal pregresso e sempre più attuale problema delle liste di attesa, per non parlare poi della diminuita trasparenza tra politici-gestori e cittadini. In buona sostanza, ora si sta giungendo alla resa dei conti e, in attesa che l’Autorità giudiziaria faccia il suo corso, ancora una volta viene da chiederci: è questa l’Italia che si voleva, come era nelle intenzioni di chi ha lottato per l’unione, l’uguaglianza e la giustizia (e non per il Federalismo?). Per rispondere a questa domanda forse non basterebbe un’altra “esperienza pandemica”, perché in politica quasi sempre i risultati sono contrari alle previsioni!

 

 

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