EVOLUZIONE
CLINICO-CHIRURGICA ALLA S.C.U.
DI UROLOGIA DELLE MOLINETTE DI TORINO
Un’attività
intensa che non si risparmia ma che necessita di più infermieri, anche a fronte
delle lunghe liste di attesa soprattutto per il trattamento delle patologie prostatiche.
Un fiore all’occhiello per l’ospedale torinese che ha coronato mezzo secolo di
attività clinica
di Ernesto Bodini
Continua il mio “viaggio” nella Sanità
piemontese a scopo divulgativo, una opportunità per far conoscere potenzialità
ed efficienze di questa o quella Struttura ospedaliera. Recentemente ho varcato
la soglia della Struttura Complessa Universitaria (S.C.U.) di Urologia, diretta
dal prof. Paolo Gontero, afferente al Dipartimento Chirurgia Generale e Specialistica (Città della Salute e della
Scienza – ospedale Molinette). Situato al piano terra nei pressi dell’ingresso
principale, il reparto degenza (che mi è stato illustrato dalla specializzanda
dott.ssa Claudia Gozzo) si presenta ampio e luminoso: dal lungo corridoio è
possibile accedere alle stanze per un totale di 18 posti letto (di cui 1 per il
ricovero in isolamento e 1 dedicato ai pazienti affetti da “disforia di genere”),
ovvero due per ogni stanza con annessi i servizi; lo studio del direttore, la
segreteria (addetta Anna Ursino), la postazione di front office (gestita da tre
amministrativi) con annessa medicheria e vari servizi di disimpegno. Rimango
per tutta la mattinata e mi intrattengo con i vari responsabili, tra i quali la
coordinatrice infermieristica Antonella Carnino, il cui staff è composto da 12
infermiere e 8 operatori sanitari assistenziali (Oss). «La giornata tipo in reparto – spiega – ruota su tre turni nelle 24 ore. Al mattino, con inizio alle 7,00
avviene la cosiddetta consegna, ossia il personale infermieristico subentrante
a quello della notte rileva documentazione e informazioni in merito a ciò che
si è verificato nelle ultime 24 ore; in seguito viene somministrata la terapia
e svolte varie attività di gestione in collaborazione con il ruolo delle Oss: pulizie
degli arredi, rifacimento dei letti, trasporto di materiale all’interno e
all’esterno del reparto, etc. Gli infermieri rilevano inoltre i parametri
vitali di tutti i degenti e successivamente avviene il cosiddetto giro-visita
dei medici per l’aggiornamento delle terapie e della cartella clinica, sia
medica che infermieristica, e prescrizioni di eventuali ed ulteriori esami.
Stesso modus operandi vale per il turno del pomeriggio, mentre più
“ridimensionata” è l’attività del turno di notte che prevede operanti due
infermieri professionali e spesso anche un Oss». Nel corso della giornata,
oltre alle visite ambulatoriali programmate, particolarmente impegnativa è l’organizzazione
dell’attività operatoria (il comparto della sala è all’interno dello stesso
reparto), sia per gli interventi programmati che per le urgenze del momento,
come quelle provenienti dal pronto soccorso. Di particolare rilevanza questa
S.C. comprende l’attività chirurgica robotica, una nuova frontiera ormai
consolidata soprattutto per la rimozione del tumore prostatico, e ciò in
collaborazione con i medici di Medicina Nucleare, con l’obiettivo di migliorare
ulteriormente la precisione di asportazione della prostata per via robotica
assistita. Ma quale il “nodo cruciale” per quello che riguarda il personale
infermieristico che deve dividersi tra reparto degenza, ambulatoriale e sale
operatorie (per un totale di 5 a disposizione per l’Urologia)? «Questa intensa pluri attività – spiega
Carnino – richiede l’incremento di
infermieri in quanto 12 sono insufficienti considerando i turni su H24,
permessi, ferie, malattia, etc. Il coordinamento
di questa attività è in gran parte di carattere organizzativo, spesso frenetica
ma sempre in linea con le esigenze dei pazienti. Turni di riposo e
frequentazione dei corsi di aggiornamento (ECM) sono spesso degli “optional”, e
tutto ciò comprende anche la gestione delle liste di attesa per quanto riguarda
i ricoveri e le visite ambulatoriali. Inoltre, in periodo di pandemia,
ulteriore impegno ha richiesto l’effettuazione dei tamponi, peraltro con alcuni
pazienti ricoverati ancorché affetti da Covid-19. Per quanto riguarda la
preparazione dei pazienti candidati al trapianto di rene, in collaborazione con
la nostra Struttura, avviene in Nefrologia situata in un’altra zona
dell’ospedale». Va anche precisato che altri Servizi che afferiscono
all’Urologia sono dislocati in zone diverse dell’ospedale come ad esampio
l’attività di week surgery (che prevede un ricovero di non più di 5 giorni),
ambulatori, il day hospital (D.H.), il servizio di dialisi e la radiologia
interventistica. «Queste sedi decentrate
– spiega ancora Carnino – comporta ulteriori
tempi e spostamenti del personale. Tuttavia, preciso che l’attività
ambulatoriale ha i propri infermieri dedicati. Per la precisione, dall’1
febbraio i coordinatori infermieristici sono suddivisi per aree: blocchi
operatori, D.H., reparto degenza, area diurna dedicata all’ambulatorio per il
pre ricovero; mentre il personale medico è dedicato per tutti i Servizi».
La dottoressa Beatrice Lilliaz,
chirurgo urologo, è responsabile del reparto degenza, e il dott. Paolo
Destefanis è responsabile della day surgery (D.S.) e del day hospital (D.H,),
vice direttore della Struttura è il dottor Bruno Morelli. «Per quanto riguarda il ruolo dei medici specializzandi – spiega
Lilliaz – la cartella clinica è sempre
firmata da un medico strutturato, mentre anche i medici specializzandi dal
secondo anno in poi acquisiscono una certa autonomia, nel visitare e
prescrivere terapie sia in corsia che negli ambulatori, come pure per la
guardia medica interdivisionale, ma sempre supportati in tutti gli atti
chirurgici, sino ad essere completamente formati al termine della
specializzazione. Sia pur con competenze diverse vi è una certa sinergia tra
medici e infermieri». Particolare attenzione è riservata ai pazienti
affetti da “disforia di genere”, una condizione patologica caratterizzata da
una intensa e persistente sofferenza causata dal sentire la propria identità di
genere diversa dal proprio sesso (da maschio a femmina e viceversa). »Sono pazienti che accedono alla nostra
Struttura da un ambulatorio dedicato – spiega ancora la dott.ssa Lilliaz – dopo aver seguito un particolare iter
psicologico, psichiatrico, urologico, endocrinologico, chirurgico, etc., sino
ad essere sottoposti al cambiamnento di sesso che vede coinvolti vari
specialisti. Il nostro è un Centro di riferimento nazionale a cui afferiscono
pazienti di età diverse, ma soprattutto giovani-adulti, e la degenza media è di
circa una settimana». Questa realtà multidisciplinare comprende una intensa e
variegata attività di chirurgia: oncologia urologica, laparoscopia urologica e
chirurgia robotica urologica, calcolosi urinaria e trapianto renale. L’attività
ambulatoriale comprende urologia generale, andrologia, urologia oncologica e
calcolosi urinaria; oltre al “Progetto Prostata” per la diagnosi precoce e il
trattamento della neoplasia prostatica e la terapia chirurgica dei casi
localmente avanzati (biopsie prostatiche), come pure l’urologia funzionale ed
esami urodinamici, instillazioni vescicali per i tumori superficiali della
vescica, l’ambulatorio pre e post treapianto renale, per la riabilitazione del
pavimento pelvico, per la riabilitazione sessuale dopo chirurgia radicale
pelvica, per la valutazione precoce del paziente con ematuria.
A colloquio con il
prof. Paolo Gontero
Il termine "Urologia" ha
compiuto 150 anni, essendo stato coniato nel 1840 da Leroy d'Etiolles, uno dei
promotori della litotrissìa a Parigi. Ma la storia di questa branca della
Medicina incomincia molto prima, le cui origini si perdono nella notte dei
tempi. Per quanto riguarda la realtà piemontese, uno dei principali riferimenti
in ambito nazionale, ha compiuto mezzo secolo e in questi ultimi anni la S.C.
Universitaria, diretta dal prof. Gontero, è stata ampiamente ristrutturata con
consistenti numeri di operatività. «Nelle
cinque sale operatorie – spiega il clinico – vengono effettuati mediamente 20-25 interventi ogni giorno, 150
trapianti di rene ogni anno in stretta collaborazione con la Nefrologia, il
Centro Trapianti e la Chirurgia vascolare con 20-25 prelievi di rene da
donatore vivente»
Ma quali le patologie più ricorrenti?
«Le
patologie su cui focalizziamo la massima attenzione sono quelle oncologiche e
l’onco-urologia rappresenta la “mission” primaria della nostra Struttura. Dal punto di vista epidemiologico è soprattutto
l’ipertrofia prostatica benigna (IPB), che trattiamo con sette modalità
tecniche diverse a seconda del tipo (dimensioni) di prostata, e dalle esigenze
dal punto di vista radicale e dall’età del paziente. Inoltre si eseguono
interventi non più a “cielo aperto” ma tutti in laparoscopia e con la robotica,
oltre al laser, ma anche tecniche iniettive con “vapor d’acqua”. Altra
patologia prevalente è la calcolosi urinaria (una persona su dieci ne è
soggetta nel corso della sua vita)»
E quanti i ricoveri?
«Annualmente
ricoveriamo oltre 3.000 pazienti (3.200 nel 2021), per un totale di circa 5.000
tra interventi chirurgici ed esami endoscopici. E questo con un organico di 20
medici strutturati e 18 specializzandi che ruotano nel corso del quinquennio di
specializzazione»
Quali, invece, le criticità?
«La
carenza di infernieri che si protrae ormai da tempo, soprattutto in degenza
ordinaria. Tale carenza incide anche sulle liste di attesa che riguardano 900
pazienti affetti da ipertrofia prostatica benigna, e quelli che sono portatori
di catetere permanente, oltre a quelli affetti da una conclamata neoplasia che
rientrano naturalmente nella massima priorità. Questa attività si esprime in 17
mila passaggi all’anno attraverso i 9 ambulatori dedicati. La degenza media è
di 5-7 giorni, ed è maggiore per i pazienti operati alla vescica con
asportazione e ricostruzione della stessa. Mentre la durata della degenza è di
2-3 giorni per asportazione con la robotica, 7 giorni per le cistectomie e 4-5
giorni per l’asportazione di un rene in laparoscopia»
Quali i rapporti con la Neuro-urologia?
«Sono
molto stretti per le competenze assai specifiche e ciò ha comportato un
programma di “razionalizzazione” delle reciproche attività, in quanto
appartenenti alla stessa A.O.U. e condividendo percorsi comuni, ad esempio per
l’incontinenza urinaria maschile che viene trattata al C.T.O. se pazienti che
hanno subito una neurolesione»
Come afferiscono i pazienti alla vostra
Struttura?
«Solitamente
inviati dal proprio medico di famiglia, oppure dal pronto soccorso, ma anche
dai medici specialisti del Territorio, o dal Centro Accoglienza Servizi
(C.A.S.) del nostro ospedale. Ma è particolarmente importante il rapporto con
il proprio medico di famiglia, per quanto sporadico e soggettivo, al quale
viene rilasciata (a mani del paziente) una lettera di dimissioni con le
opportune ed eventuali indicazioni»
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