SANITA' PUBBLICA IN DISCESA...

 

LO SCENARIO DELLA SANITÀ PUBBLICA SEMPRE PIÙ IN DECLINO

Cure e assistenza sulle spalle di quegli operatori che ancora resistono “sul fronte”.

Per le “importanti” inadempienze, al cittadino non rimane che l’arma dell’esposto

cautelativo, come da legge, nei confronti di chi deve garantire organizzazione, 

gestione e applicazione delle normative

di Ernesto Bodini

Non è certo il caso di essere dei grandi esperti in politica ed economia-sanitaria per constatare che stiamo precipitando nel baratro, in una sorta di Girone Dantesco  da non meritare di essere curati e assistiti come una volta. Ormai stanno diventando troppe le carenze o quanto meno le non garanzie per essere curati in tempo reale e con sicurezza su tutto il territorio nazionale e, se ancora un po’ il sistema funziona, lo si deve per la gran parte ai molti sanitari in servizio che ancora “resistono” sul fronte e ai per la verità pochissimi lungimiranti politici-gestori. È indubbio che il nostro SSN è sempre stato di ottima qualità e riconosciuto tra i primi al mondo, grazie alla Riforma 833 del 1978, anche se nel corso degli anni non sono mancate fratture e lacune che, per sintesi, si possono citare in sprechi, infedeltà (vedasi ad esempio il fenomeno dei falsi invalidi), connivenze, corruzioni, evasioni, favoritismi quasi sempre ingiustificati ed in eccesso, ripetitività di prestazioni laddove non era sempre necessario, episodi di inefficienza per incompetenze varie… anche a livello amministrativo, burocrazia senza limiti, etc. Ancor prima di quest’ultimo tribolato triennio vari problemi come le perpetue liste di attesa, i diversi episodi di scarsa fiducia tra medico e paziente, poca  collaborazione tra ospedale e territorio, esodo di medici e ricorso alla Sanità privata erano già in auge; con l’evento pandemico queste problematiche si sono intensificate e difficilmente a tutt’oggi si riesce a porre un freno. Un altro dei problemi che apparentemente può sembrare di poco conto, è che molte strutture sanitarie (specie ospedaliere) si sono sempre avvalse dell’opera delle associazioni di volontariato a supporto della cronica carenza degli Oss, oltre ad accettare dalle stesse e da vari benefattori donazioni di vario tipo. A mio dire trattasi di un malcostume non perché accettare una libera donazione sia illecito, ma perché ciò sta a dimostrare la dipendenza da parte di terzi per incrementare materiale dell’attività sanitaria pubblica, peraltro favorente un risparmio e, paradossalmente, ciò non basterebbe mai. È pur vero che se ci confrontiamo con i Paesi più poveri e quindi meno evoluti dovremmo considerarci dei “favoriti”, ma è altrettanto vero che il non aver saputo gestire nel tempo in modo oculato un bene prezioso come quello della Sanità pubblica, equivale ad una vera e propria retrocessione anche se gli effetti “non sono ancora” al pari dei Paesi meno fortunati.

A mio modesto avviso, avendo conosciuto la Sanità un po’ più da vicino (oltre che fruirne i benefici in qualità di paziente come tutti) calandomi nella veste di osservatore-divulgatore, mi sono reso conto sì delle notevoli potenzialità ma nello stesso tempo anche dei limiti e delle carenze; oltre al fatto che in gran parte la popolazione non è mai stata culturalmente ben informata ed educata con iniziative sia locali che più estese sul territorio, e la gestione politico-organizzativa (anche dal punto di vista dell’informazione-comunicazione) della pandemia ha presentato determinate lacune. È bene ribadire che le lunghe liste di attesa, ad esempio, non consentono una adeguata prevenzione e diagnosi precoce, con inevitabili ricadute negative sulla qualità della vita e sulla sostenibilità economica del SSN, che deve poi intervenire su patologie che ne frattempo sono diventate più gravi. Inoltre, viene meno, o comunque a rilento, il sistema di controlli periodici (follow-up) dei malati cronici, in parte abbandonati a se stessi. A questo riguardo va precisato che in taluni casi si verifica l’illegale pratica delle liste bloccate, da qui la mancata trasparenza, ma in merito a ciò la Legge va incontro al cittadino prevedendo tempi massimi che le aziende sanitarie sono tenute a rispettare. La disciplina che indica come poter esercitare il proprio diritto è offerta dal D. Lgs. 29 aprile 1998, n. 124. Dal punto di vista sostanziale, invece, occorre far riferimento al Piano nazionale di governo delle liste di attesa (P.N.G.L.A.) 2010-2012 (Intesa Stato-Regioni del 28 Ottobre 2010) ancora in vigore, oltre ai Piani regionali (P.R.G.L.A.); alla Legge 23 Dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 282 (Finanziaria 2006) – che vieta la sospensione delle attività di prenotazione delle prestazioni – ed alla Legge 23 Dicembre 1994, n. 724, art. 3, comma 8, che prevede l’obbligo di tenuta del registro delle prestazioni specialistiche ambulatoriali, di diagnostica strumentale e di laboratorio e dei ricoveri ospedalieri ordinari. E va sottolineato che da sempre in Italia si parla troppo e poco si conclude, mentre il pragmatismo richiede conoscenze dirette delle molteplici realtà, ad esempio vivendole accanto a chi le soffre e a chi è dedito alla loro cura ed assistenza: i politici preferiscono presenziare a manifestazioni varie e non indossare un camice e vivere qualche ora laddove possono riscontrare carenze, inefficienze e spesso anche i notevoli sacrifici di chi ancora “resiste” per dovere etico-deontologico e per uno stipendio non più adeguato… Gli inevitabili prepensionamenti, così come le fughe all’estero e la scelta di lavorare nel privato, si vanno sommando quasi ogni giorno. E intanto aumenta la popolazione anziana con pluri patologie croniche (almeno un terzo sono i soggetti interessati), la richiesta di caregiver con tutte le incombenze del caso, disabili sempre meno seguiti, e la conseguente non gestibilità dell’assistenza nei tempi dovuti con il risultato che ci si ammala e aggrava di più con costi che diventano ormai insostenibili. Ricercare le cause di tutto questo oltre ad essere un lavoro analitico è indubbiamente impegnativo, e oggi non porterebbe a nulla, o quasi; mentre sarebbe ideale rivedere e ridistribuire risorse e soprattutto competenze tra le figure preposte, purché non condizionate dalla politica.

Inoltre a mio parere, ed è mia convinzione da sempre, che sarebbe da mettere in discussione il “famigerato federalismo”, i cui sostenitori hanno creduto nella validità delle autonomie Regionali, in quanto l’andamento della Sanità pubblica sarebbe stato più trasparente e senza (o quasi) vizi di forma od altri deficit. Ma come si è potuto constatare dal 2001 ad oggi (vedasi appunto la Riforma del Titolo V della Costituzione del 2001) la gestione della Sanità pubblica è stata estremamente disomogenea: condizionata dai vari partiti a seconda delle influenze locali più o meno radicate (e trasmissibili), con la conseguenza che è risultata essere un po’ più rispondente alle esigenze dei pazienti nelle Regioni più “virtuose”. Se poi vogliamo aggiungere il fenomeno (sempre più crescente) delle aggressioni cui sono soggetti gli operatori sanitari, beh, mi si lasci dire che abbiamo veramente toccato il fondo tanto che nemmeno Dante saprebbe trovare un posto per collocare la Sanità pubblica italiana. Ora, a questo punto, qual è la voce del cittadino-paziente? Apparentemente è unanime nel lamentare storture, carenze ed inefficienze, ma nello stesso non sa intraprendere alcuna azione per affrontarle, nemmeno quando sta per accadere il peggio della propria situazione di salute: nella maggior parte dei casi se può ricorre al privato oppure rinuncia a farsi curare. È questa l’Italia di cui si vuol vantare uguaglianza e diritti partendo dalla “voce” della Presidenza della Repubblica? Dopo tutta questa disamina, che volutamente ho sintetizzato, per rispondere a tale domanda per assurdo bisognerebbe invertire le posizioni apicali con quelle della plebe (ossia tutti noi), ma poiché ciò non è possibile, come da sempre sostengo al cittadino non resta che erudirsi in materia di volta in volta, armarsi di quelle benedette carta e penna e, all’occorrenza, vergare (per Raccomandata A/R) il proprio disappunto, le proprie rimostranze, il proprio mal tolto e le proprie richieste, con il concetto dell’esposto-denuncia cautelativa laddove si dovrà individuare inconfutabili e dirette responsabilità (unico mezzo lecito per ottenere un riscontro che per legge non può essere eluso, oltre eventualmente rivolgersi al TAR), diversamente dovrà rassegnarsi al proprio destino…! Un ultimo suggerimento. Le varie associazioni di volontariato dovrebbero intervenire non sollecitando manifestazioni di piazza varie (che non si protocollano e lasciano il tempo che trovano), ma avvicinando il cittadino (specie se anziano e/o sprovveduto) sostenendolo nel far rispettare i suoi diritti, anche esponendosi in prima persona nei confronti della P.A., esattamente come fa chi scrive (da oltre sei lustri), anche perché è perfettamente inutile citare la Costituzione e Leggi a seguire per non avvalersene, e tutto ciò che non è legiferato (anomìa legislativa) è ovviamente opinabile.

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