CONSIDERAZIONI POST COVID

 

LIBERE CONSIDERAZIONI A TRE ANNI DALLA PANDEMIA DA COVID-19

Riprovevoli inefficienze politico-gestionali che, per quanto in parte inevitabili, hanno “favorito” un esteso disorientamento e scarsa collaborazione da parte del pubblico… e non solo

Ernesto Bodini

Sono ormai trascorsi tre anni dall’inizio della pandemia da Covid-19, e oggi siamo nella fase (non completa) del sospirato ritorno alla normalità, sia essa fisico-mentale che sociale. Purtroppo quello del recupero ad integrum è un processo piuttosto lento, tanto per coloro che hanno sofferto la patologia infettiva con la conseguenza del cosiddetto long covid, quanto per coloro che erano e sono deputati a seguirne l’evoluzione. A seguito di questo evento rammento le quasi improvvisate incombenze che sin dall’inizio della pandemia hanno messo a dura prova molti addetti ai lavori (politici-gestori, tecnici vari, accademici, economisti e molti consulenti in ambito medico-sanitario). L’immane impegno ha coinvolto tutti ma la responsabilità “in primis” ha visto in prima fila uomini di Governo, con particolare attenzione per l’aspetto economico-finanziario dai notevoli riflessi nazionali e internazionali. Le inevitabili necessità di emanare provvedimenti legislativi e normative varie per contenere il rischio di esposizione al contagio, come anche il controllo e la gestione economica del Paese, hanno comportato divergenze sia tra i  politici al potere che quelli all’opposizione, in un continuo susseguirsi di convinzioni, contrasti e prese di posizione tanto dal punto di vista politico quanto da quello della “non facile cultura” del problema, pur avvalendosi di valenti cattedratici in ambito scientifico in senso lato. Ma quello che vorrei evidenziare, pur nel rispetto dei comprensibili limiti di tutte le figure preposte, è l’aspetto della informazione-comunicazione al cittadino che a mio modesto avviso è risultata essere spesso imprecisa, frammentaria e talvolta poco comprensibile… tanto che anche per questi motivi sono sorti (ed intensificati) movimenti definiti non vax o antivaccinisti, purtroppo anche tra medici e infermieri. In particolare, sin dall’inizio si è dato eccessivo (e non sempre utile) spazio all’informazione, quotidiana e ridondante, con l’effetto delle inevitabili confusione, apprensione e disorientamento tra la popolazione: classico è l’esempio dei bollettini medici pluri quotidiani, un susseguirsi di cifre e statistiche che in realtà poco hanno fatto comprendere. Come pure gli immediati provvedimenti a tutela della collettività, la cui applicazione non è mai stata rispettata per intero e a nulla sono servite le sanzioni ai “trasgressori”.


Per contro, non si è mai pensato di completare l’informazione sul concetto di prevenzione al contagio, ad esempio rammentando al cittadino comune la spiegazione del batteriologo e igienista tedesco Carl Georg Friedrich Wilhelm Flügge (1847-1923 nella foto), che per primo ha scoperto i Droplets, le classiche micro goccioline emesse dall’essere umano con la tosse, lo starnuto o semplicemente parlando, quali cause dirette di trasmissione e di contagio. E questa “carenza” non credo sia da ritenersi una banalità o una questione di lana caprina. Inoltre, il difficile rapporto tra il cittadino e il proprio medico di famiglia ha reso più difficilmente gestibile l’evento, i cui effetti-conseguenze si sono estesi a macchia di leopardo mettendo a dura prova sia i sanitari stessi che la popolazione: pazienti e loro famigliari. La difficile gestione dell’accesso dei parenti dei pazienti ricoverati è stata una ulteriore pagina di non facile lettura di questo calvario, e anche in questo caso non è stato fatto abbastanza per sostenere le famiglie coinvolte; una metafora, la mia, per rispetto della vicenda stessa. Per contro, va detto che in questo frangente tutti i sanitari hanno dato il meglio di sé, coadiuvati da un corpus di volontari, ma allo stesso tempo non sono mancate le diatribe all’interno della macchina organizzativa e gestionale, che di fatto hanno “disturbato” ulteriormente l’opinione pubblica e favorito, sia pur indirettamente, l’insorgere degli idealisti-oppositori ad ogni provvedimento. In buona sostanza, è pur vero che stando al di qua è facile puntare il dito ma non si può negare che, quando accadono questi eventi, non si fa quasi mai riferimento a precedenti storici. Si prenda ad esempio l’epidemia della poliomielite intorno agli anni ‘50: nel nostro Paese il ritardo (di 4 anni) della adozione obbligatoria del vaccino Sabin ha causato oltre 10 mila casi di paralisi e circa mille decessi; e questo non solo per divergenze dal punto di vista politico ma anche per una non appropriata e capillare informazione. Evento che il prof. Albert Sabin profetizzò rivolgendosi ad una platea dedicata nel 1960 a Roma. Con queste brevi considerazioni, che peraltro richiederebbero ulteriori approfondimenti, non è certo mia intezione imputare dirette responsabilità, ma piuttosto rilevare che determinate inefficienze si possono prevenire (o ridimensionare) facendo parlare la storia, mettendo da parte antagonismi e competizioni i cui pretendenti che si sono via via susseguiti, non hanno saputo contenere l’esplosione delle fake news con gli effetti mediatici che ne sono derivati. Per concludere, come sempre politica, scienza e informazione non sempre sono buoni alleati. Oggi più che mai! Un’ultima considerazione: tutti si ha il diritto di esprimere opinioni in qualunque contesto sociale, ma non a tutti è permesso entrare nel merito quando le ideologie prendono il sopravvento sulla razionalità.

 

Commenti