INCOLUMITÀ
SEMPRE PIÙ A RISCHIO DEGLI OPERATORI SANITARI
Un
fenomeno sociale che si va sempre più estendendo ma non si
intravedono
all’orizzonte soluzioni razionali, mentre sarebbe opportuno
spiegare alla popolazione potenzialità e limiti della Medicina
di Ernesto Bodini
Il diritto alla propria incolumità è certamente
di tutti. Ma da un po’ di tempo a questa parte i sanitari (medici e infermieri)
sono particolarmente “presi di mira” da pazienti e famigliari fuori di senno,
accampando motivazioni che spesso (se non sempre) hanno dell’irrazionale. I
rispettivi Ordini professionali sono di certo allertati e preoccupati, tanto
che si vanno ipotizzando varie proposte per arginare questo fenomeno
deliquenziale. Ma al di là dei provvedimenti che le autorità preposte intendano
adottare, personalmente mi permetto di rilevare che anche in altri ambiti non
si fa molta prevenzione, anzi…, e di conseguenza il moltiplicarsi di questi
fenomeni delittuosi continua più estensivamente a “destabilizzare” la
situazione politica e quindi i nostri politici. Di questo passo la Sanità
pubblica, che presenta già diverse lacune, farà sempre più fatica a tutelare la
salute dei cittadini: dal decremento di medici e infermieri alle risorse
economico-finanziarie e strutturali come la chiusura di ospedali, P.S. e la
riduzione dei posti letto. Ma tornando alla incolumità dei medici, messa a
rischio per le continue aggressioni negli ospedali e negli ambulatori, l’ultimo
caso è di qualche giorno fa e riguarda la dottoressa Adelaide Andriani di 28
anni (foto in basso - ANSA), specializzanda in Chirurgia, aggredita
dall’accompagnatore di un paziente durante il suo turno all’esterno della
Guardia Medica del Gervasutta di Udine; in suo soccorso è intervenuta la
collega Giada Aveni dello stesso turno. Secondo quanto riporta l’Ansa dell’11
gennaio scorso, per tutelare il personale sanitario si ipotizza di far
intervenire l’Esercito, ma a me sembra un provvedimento che rasenta l’eccesso e
il paradosso; mentre non credo si stia pensando di predisporre ripetuti incontri
ravvicinati con la popolazione, diffondendo elementi culturali di base su potenzialità
e limiti della Medicina (includendo tutte le specialità) infondendo ad essa più
fiducia. Io credo che la maggior parte di questi autori propensi per
l’aggressione appartengano ad un ceto socio-culturale ed ambientale molto
modesto, tanto da non conoscere o non comprendere che determinate
manifestazioni acute o croniche di una malattia, non sono sempre
diagnosticabili in prima battuta, come pure non sono sempre risolvibili in
tempi brevi. Va inoltre detto che il cittadino comune non prende mai in
considerazione il fatto (tanto doveroso quanto lecito) che le contestazioni per
un notevole “disservizio” o una grave incomprensione possono essere segnalate a
voce o per iscritto ai referenti destinatari (Direzione Sanitaria, Ordine di
Medici di apparteneza, Assessorato alla Sanità, etc.). E anche se gli operatori
sanitari fossero tutti dotati di nozioni di psicologia, non è detto che
riescano sempre a prevenire o a “controllare” l’esasperazione (per usare un
eufemismo) di certe persone, pazienti o parenti degli stessi. A questo punto mi
chiedo: da quando è iniziato questo grave malcostume che ci riguarda molto da
vicino? E cos’è che l’ha fatto nascere? Non credo si sia fatta un’indagine in
proposito, o comunque non è dato a conoscere, e quindi sarà bene correre ai
ripari quanto prima se non si vorrà assistere ad una ulteriore riduzione del
comparto sanitario, oltre all’incremento di lesioni alla persona. E visto che
un po’ ovunque vantiamo di avere figure professionali che a vario titolo
studiano la personalità del genere umano, si provi a fare uno studio più approfondito
(e in fretta); ma ripeto, l’approccio culturale con la popolazione impostato
sistematicamente ritengo sia un primo passo, non solo più razionale ma anche
più pratico e quasi sicuramente di maggiore utilità. Come sempre, nel nostro
Paese, si tende a commentare gli episodi troppo ripetutamente, e correre ai
ripari solitamente molto in ritardo rispetto agli eventi con esiti non sempre
risolutivi: le persone comuni in genere hanno più bisogno di esempi concreti
preceduti da poche ma esaustive delucidazioni… anche perché leggono poco e si
informano male. E ben si apprenda che se il primo dovere di un medico consiste,
sempre e comunque, nel rispettare la personalità del paziente che si mette nelle
sue mani, purtroppo non è sempre altrettanto da parte di quest’ultimo nei
confronti del medico di cui ha bisogno. E forse è anche per questa ragione che
la dottoressa in questione pare che abbia deciso di appendere il camice al
chiodo, ed è un vero peccato dopo anni di studi e sacrifici rinunciare ad una
nobile professione di cui c’è tanto bisogno. Dottoressa Andriani, la prego a
nome dell’intera collettività, ci ripensi: noi siamo i suoi pazienti e i Santi
Cosma e Damiano i suoi protettori.
Commenti
Posta un commento