QUALE FUTURO PER CHI CREDE IN QUESTA NAZIONE?
Non si compiaccia colui, o colei, che si ritiene al sicuro da ogni lesiva
avversità, ma faccia pensiero su come prevenire e autotutelarsi
di Ernesto Bodini
È inutile, o forse no,
preoccuparsi del nostro futuro sia individuale che collettivo. Si continua a
morire ovunque, come le mosche (mi si perdoni il paragone) ma i dati sono
annunciati come un quotidiano bollettino di guerra. Per la nostra effimera vita
terrena evidentemente non bastano le malattie e le calamità naturali: l’essere
umano vuol “contribuire” di sua mano e, molti di questi esseri immondi (malati
di mente a parte) non si sentono realizzati finché non sopprimono i loro
simili, qualunque sia il sesso di appartenenza, età e ceto sociale. Ma c’è un
fattore in più: l’invidia, intesa come "emozione secondaria" per
cui, in relazione a un bene o una qualità posseduta da un altro, si prova
dispiacere e astio per non avere loro quel bene con tanto di risentimento sino a
desiderare, a volte, il male di colui che ha quel bene o qualità. Non intendo
entrare nel merito della valutazione clinico-psichiatrica che non mi compete,
ma ritengo opportuno fare qualche riflessione in merito. Io credo che certi
stimoli, come più volte ho scritto, alcune persone li covino da tempo, sia pur
inconsciamente, e non appena gli stessi vengono “risvegliati” da fattori come
un determinato messaggio pubblicitario, la proiezione di un film da una certa
trama, il venire a contatto con beni solitamente materiali posseduti da altri
(compresa la serenità), in queste persone dalla psiche assai labile scatta
quell’azione che lo porta a compiere la lesione o la soppressione di un altro
un essere umano; in altri casi, alla distruzione del patrimonio comune.
Personalmente non ho mai approvato i fatidici manicomi, oggi dismessi e
convertiti in REMS, ossia Residenze per l’esecuzione delle Misure di Sicurezza,
quindi strutture sanitarie di accoglienza per gli autori di reati affetti da
disturbi mentali e socialmente pericolosi, afferenti per competenza al
Dipartimento di Salute Mentale (DSM) delle Asl. Nello specifico, è bene sapere,
queste strutture hanno funzioni
terapeutiche e socio-riabilitative, con permanenza transitoria ed eccezionale.
L’internamento in REMS è applicabile "solo nei casi in cui sono
acquisiti elementi dai quali risulti che è la sola misura idonea ad assicurare
cure adeguate e a far fronte alla pericolosità sociale dell'infermo o
seminfermo di mente". Ma a parte questa popolazione che dovrebbe
essere precocemente individuata, proprio per prevenire ogni loro insana azione,
mi chiedo: gli autori di questi reati contro la persona sono proprio tutti
affetti da turbe mentali? Se così fosse c’è da preoccuparsi, e non poco, perché
ciò significa che l’esperienza dei
manicomi non è servita, o comunque poco, e questo non significa un ritorno a
quelle famigerate strutture, ma il fatto di averle chiuse e affidati i loro
“ospiti” alle strutture sanitarie pare che non funzioni bene, o comunque non a
sufficienza.
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