GIORNATA MONDIALE DELLA TELEVISIONE
Una ricorrenza
davvero da celebrare? I pochi e razionali “detrattori” ne evidenziano
più i vizi che le virtù, sia della televisione pubblica che delle emittenti private
di Ernesto Bodini
È innegabile che il
mezzo di comunicazione come quello della televisione, preceduto dalla radio,
rappresenta un potente collante tra i popoli del pianeta. I primi approcci
dell’invenzione di questo mezzo risalgono al 1887, la cui ricerca era ad opera
dei fratelli Siemens che proposero “l’occhio elettrico artificiale”, basato
sull’uso delle proprietà fotosensibili del selenio. In seguito, nel 1925
l’inventore scozzese John Logie Baird trovò un modo per trasmettere immagini in
movimento che rappresentavano delle silhouette,
ossia avevano solo la doppia tonalità di grigi. Il 2 ottobre dello stesso anno riuscì a realizzare anche
la trasmissione a distanza di tali immagini con una vasta gamma di grigi, ossia
quella che fu definita la televisione in bianco e nero. Tralasciando i
successivi e notevoli progressi sino ad ottenere una televisione dalle notevoli
potenzialità, vorrei soffermarmi sul fatto che il 21 novembre si è celebrata la
Giornata Mondiale della Televisione, decisa nel 1966 dalle Nazioni Unite al
fine di riconoscerne l’importanza come mezzo di comunicazione di massa più
influente nel mondo. In effetti in questi ultimi decenni chiunque ha potuto
fruire (e può continuare) qualunque tipo di informazione in tempo reale, con le
infinite proposte di argomenti e temi senza limiti… Già, senza limiti, ed è
proprio su questo aspetto che vorrei focalizzare l’attenzione del lettore perché,
al di là dei lodevoli e particolarmente utili programmi di cultura in senso
lato (davvero pochi), per quelli innumerevoli relativi all’intrattenimento
ludico le varietà proposte sono davvero discutibili. Si prendano ad esempio film
dalla trama di particolare violenza, se non anche di horror, per non parlare di
pellicole piuttosto lascive che sconfinano nella lussuria più incontrollata.
Inoltre, non meno deleterie sono alcune proposte pubblicitarie i cui produttori-autori
spesso non brillano certo di intelligente fantasia, avvalendosi dell’ingaggio
di protagonisti più o meno improvvisati (chissà per quale compenso e con quali modalità
di collaborazione). Questi pseudo autori, prevalentemente al femminile, e non è
un caso, solitamente sono belle persone che si esibiscono davanti alla
cinepresa con una certa “accattivante” disinvoltura, mentre altri per
presentare un determinato prodotto vengono istruiti a recitare la parte in un
contesto scenografico e recitativo oltre che deplorevole anche e soprattutto
irrazionale… Per non parlare poi dello spazio dedicato agli intrattenimenti di
carattere politico come i talk show (diversa era e più composta l’impostazione
di “Tribuna politica”), con al centro di volta in volta protagonisti di
discutibile moralità e dal comportamento non sempre consono al bon ton, oltre
al fatto che taluni si esprimono con un lessico degno della cosiddetta matita
rossa. E che dire dei programmi relativi ai giochi a quiz, allettati da ricchi
premi in gettoni d’oro (denaro non immediato), e anche dalla garantita
visibilità che potrebbe essere preludio all’ingresso nel mondo dello spettacolo
o del cinema? Ma poi alcune emittenti propongono programmi di intrattenimento
che equivalgono ad una sorta di coercizione della psiche umana, oltre che al
superamento della privacy; e questo non è fare della buona informazione ma “violenza”
e sottomissione rendendo sudditi i telespettatori, e ciò ad esclusivo beneficio
dei produttori e degli sponsor. Un quadro sintetico ma sufficiente per
comprendere come un scatola di metallo e plastica, un tempo definita magica, in
molte occasioni assopisce la mente umana, oltre a creare “falsi miti” e dissapori
tra gli utenti stessi, conviventi familiari compresi. Quindi, denigrare o
sostenere questo mezzo di comunicazione? Nè una e né l’altra ipotesi, ma più
semplicemente, a mio avviso, farne un uso più selettivo e razionale alienando
tutte quelle proposte che sono avverse all’etica e al senso civico e morale. Ci
sarebbe ancora molto da aggiungere, ma per non essere troppo anticonformista,
preferisco non andare oltre!
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