L'INTRAMONTABILE FILOSOFIA DI A. SCHWEITZER

 

L’ECO DELLA FILOSOFIA DI ALBERT SCHWEITZER

Un’intera esistenza dedita al prossimo onorando

il sommo concetto del “Rispetto per la vita”

di Ernesto Bodini

Negli anni ’50 il nome di Albert Schweitzer (1875-1965), teologo, filosofo, medico filantropo e premio Nobel per la Pace nel 1952, noto sino allora in cerchie intellettuali ristrette e nelle minoranze protestanti, godette anche in Italia di una vasta fama. Fu tra i maggiori difensori internazionali della causa della pace e dei movimenti antinucleari. Aveva fatto esperienza diretta della prima guerra mondiale e si era sentito ossessivamente coinvolto dalla seconda e dalle sue conseguenze, ma aveva anche dimostrato nei fatti come fosse possibile servire la causa della pace occupandosi dei più diseredati e dei poveri, ancorché affetti da molteplici malattie. Si tira quindi un sospiro di sollievo a poter parlare e sentir parlare, anche se solo per poco, della straordinaria vita e pensiero di un “vero” protagonista della storia e di un grande testimone del nostro tempo quale è Albert Schweitzer, la cui esistenza lo ha visto dedito ad impegni e scelte di elevato valore umano, sociale e culturale, quali la teologia, la musica e la medicina; ma anche alla riflessione sull’argomento a lui più caro dopo la dedizione all’umnaità: la filosofia della civiltà. Forse tardi, ma ancora in tempo Schweitzer comprese che l’amore per il prossimo (il vero fine dell’esistenza, la poetica “escatologia” alla quale portava il mistero della Fede, ben al di là delle questioni filosofiche e teologiche) non poteva avvenire se non sacrificando la propria vita, nel corso della quale ne trasse l’amara constatazione di vivere ”in un periodo di decadenza spirituale”, dove “la rinuncia a pensare è una dichiarazione di fallimento”, ma anche la forza di combattere per far recuperare “dignità all’essere umano”. Nonostante questo esempio di estrema considerazione e rispetto dell’uomo e di ogni altra forma di vita, come pure nella determinazione nel perseguire il progresso nel sapere e nella tecnica, il progresso nella socializzazione dell’uomo e il progresso nella spiritualità, sembra impossibile che oggi, nel XXI secolo, si incontrino eccessive (per non dire assurde) difficoltà ogni qualvolta si intende intraprendere un “buona azione” nei confronti del prossimo. E questo, anche se con più mezzi di trasporto, di comunicazione, di risorse di ogni genere, etc.; mentre ai tempi di Schweitzer, il sentimento della solidarietà era l’unico mezzo che consentiva di rispondere concretamente agli appelli del medico alsaziano… Ciò, in presenza di due conflitti mondiali, di problemi etico-filosofici, di legislazioni non progressiste… «Ogni singolo – precisava – deve giungere a riflettere sulla sua vita, su ciò che vuole ottenere per la propria vita mediante la lotta per l’esistenza, sulle difficoltà legate alle circostanze esterne e su ciò cui è disposto spontaneamente a rinunciare».

Ma tutti, però, siamo soggetti a quel destino misterioso o orribile che ci mette nelle condizioni di poter restare in vita soltanto a scapito di altre vite e di renderci continuamente colpevoli danneggiando e anche distruggendo la vita. Come soggetti etici, cerchiamo costantemente, per quanto ci è possibile, di eludere questa necessità e desideriamo con tutto il cuore di mantenere un atteggiamento ricco di umanità  portando il nostro aiuto a chi soffre. Ma cos’é il rispetto per la vita? «Se l’uomo vuol far luce su s stesso e sul suo rapporto con il mondo – sosteneva il dott. Schweitzer –, deve prescindere dalla congérie (massa confusa di più cose) di elementi che costituiscono il suo pensiero e la sua cultura e rifarsi al primo fatto della sua coscienza, il più immediato, quello che è perennemente presente. Solo di qui può giungere a una visione ragionata del mondo… L’etica del rispetto per la vita comprende dunque in sé tutto ciò che può essere definito come amore, dedizione, partecipazione nel dolore, nella gioia e nella fatica… Il rispetto per la vita nato nella volontà di vivere diventa consapevole e contiene, strettamente congiunte, l’affermazione del mondo e l’esigenza morale. Essa cerca di creare valori e realizzare progressi che giovino all’ascesa materiale, spirituale ed etica dell’uomo e dell’umanità».

Ricordando Albert Schweitzer e rapportarlo alla nostra realtà attuale, credo che rappresenti un toccasana se non addirittura un monito per quei popoli che stanno “deformando” il rispetto della vita altrui, se non anche alienandolo con grave atto di responsabilità fagocitato dall’ottusità di certi uomini, giacché il loro fine è il raggiungimento di quella meta che si chiama potere ad oltranza, in quanto il loro modo di considerare la vita umana va ben oltre il lecito e la razionalità, tanto che annientarla significa raggiungere quella catarsi che non avrebbe paragone alcuno. E questo perpetuarsi pare non subire alcun freno nonostante altri protagonisti che si oppongono (con non pochi sacrifici) con azioni di elevato valore umanitario. «Quello che oggi ci manca – precisò Schweitzer, in più occasioni – è riconoscere che siamo tutti colpevoli gli uni verso gli altri di atti disumani. L’orrenda esperienza collettiva attraverso la quale siamo passati deve scuoterci, perché la nostra volontà e la nostra speranza siano impegnate verso tutto ciò che può portare ad un’epoca in cui non ci siano più guerre. Questa volontà e questa speranza sono possibili solo se, attraverso uno spirito nuovo, raggiungiamo un’intelligenza superiore, che sia in grado di trattenerci da un uso infausto delle energie di cui disponiamo». Affermazioni, certo datate, ma purtroppo ancor più attuali proprio perché col passare degli anni, gli esseri umani si sono allontanati sempre di più da quello che dovrebbe essere “il rispetto per la vita” e, dittatori quali Vladimir Putin, come pure altri suoi medesimi contemporanei (senza contare quanti altri li hanno preceduti nei secoli), hanno condizionato l’umanità disconoscendo non solo ogni forma di etica, ma anche il loro stesso Dio! Poiché l’etica dovrebbe essere una sorta di “file rouge” dell’esistenza umana, la stessa è responsabilità senza limiti verso tutto ciò che vive, e se anziché indire le solite retoriche (ed infruttuose) manifestazioni di piazza, sia esse politiche o più semplicemente popolari, si organizzassero a largo raggio in ogni Paese divulgazioni dell’operato di filantropi, è auspicabile, a mio avviso, che si creerebbe quello stimolo generalizzato volto alla dissuasione del male.

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