DESIDERIO E DIRITTO DI “RIVIVERE” MA…
Tutto è lecito quando si tratta di diritti conclamati, ma un po’ meno in assenza della consapevolezza nell’affrontare quelle difficoltà imposte dalla burocrazia, ovvero un “nemico” che paradossalmente non si vuol conoscere. Eppure esiste e crea danni e umiliazioni… anche se al comune cittadino sta bene così
di Ernesto Bodini
È
tempo di vacanze, di riposo e di spensieratezza dopo oltre due anni di penose
restrizioni d’ogni sorta a causa della pandemia. Quindi, secondo indagini
statistiche circa 20-25 milioni di italiani sono orientati verso lidi nazionali
e internazionali inseguendo quella pace tanto sperata… e, probabilmente, a
costo di qualsiasi sacrificio soprattutto economico e non solo, perché tra
questi (spero per fortuna pochissimi) c’è chi abbandona il proprio cane o
gatto… divenuti troppo ingombranti (ma questo aspetto meriterebbe un
approfondito spazio a parte). Ma di tutti i vacanzieri del 2022 vorrei sapere
quanti hanno un lavoro stabile e, chi non ce l’ha, con quali mezzi si permette
dette vacanze. Inoltre, a tutti loro e anche ai restanti, vorrei chiedere se
hanno mai messo in conto il susseguirsi delle innumerevoli vicende politico-gestionali
ad opera dei nostri governanti, inclusi il problema della Giustizia senza
dimenticare che la Magistratura continua ad essere il primo potere in Italia…
In seguito a tutto ciò non si dovrebbe dimenticare, ma purtroppo non se ne
prende atto in alcun modo del “cancro burocrazia”, una sorta di tumore maligno
(mi scusino gli oncologi e soprattutto tutti quelli che sono affetti dalla
“vera” patologia umana) che non si intende estirpare mentre, come da sempre
sostengo con la massima convinzione, che sarebbe possibile sia pur gradualmente ma
l’italiano non ne ha la cognizione e pertanto mai si sognerebbe di adire ad una
qualunque azione (non di forza fisica, ovviamente) per conoscere le origini di
questo fenomeno e affrontarlo di volta in volta, giacché non c’é cittadino che
ogni giorno non incontri ostacoli burocratici perpetrati da determinati esponenti
della Pubblica Amministrazione. Rievocando la mia esperienza personale, quando
ero poco più che adolescente, uscito dal collegio, non avevo alcuna cognizione
della burocrazia, anche se qualche decennio fa tale fenomeno era meno marcato
dal punto di vista pratico. Poi, con il passare degli anni, e raggiunta la
maggiore età, ne ho preso coscienza in modo autonomo in quanto non esisteva (e
non esiste tuttora) una scuola in cui si insegnasse il significato di
burocrazia e tanto meno come affrontare le difficoltà causate dalla stessa; ad
eccezione, ovviamente, dell’insegnamento di alcuni concetti di Educazione
Civica. Oggi, più che adulto, ho maturato conoscenza, cognizione ed esperienza
su come affrontare il “nemico” burocrate che non a caso ha raggiunto una certa
consistenza numerica e fattiva a discapito del cittadino che, i lor “signori”
della P.A., amano definire impropriamente “utente “ e, quando fa comodo,
apostrofarlo pomposamente “contribuente” e quasi mai “cittadino” in quanto
Persona. Ho iniziato questo articolo richiamando l’attenzione sulla agognata
libertà (per certo versi sacrosanta) di evadere dai pensieri e dalle conseguenze
create dal Covid-19, immaginando anche che al termine delle vacanze lavoratori,
pensionati, studenti, disoccupati, e nullafacenti per scelta, vivranno gli
stessi problemi (se non peggio) perché nonostante la buona volontà del
presidente del Consiglio e di pochissimi altri al suo seguito, a mio parere la
situazione del Paese tenderà a non rimarginarsi… situazione bellica Russia-Ucraina
a parte.
Ma
tornando alla crisi in generale, e in particolare quella relativa alla
occupazione, attualmente nel nostro Paese si continua ad avere una miriade di
disoccupati, precari, sottoccupati e, per dirla fino in fondo, anche di sfruttati
ed una schiera di nulla facenti sfacciatamente dichiarati (vedasi, ad esempio,
i possessori del cosiddetto reddito di cittadinanza che nella maggior parte dei
casi risulta essere stato un provvedimento di comodo…) Ma quali le cause? Non ho
certo il termometro sociologico a disposizione, ma credo che per alcune
situazioni la disoccupazione sia da attribuirsi non solo al fatto che certi imprenditori
lamentano la difficoltà di reperire personale in questo o quel settore; ma vi
sono anche imprenditori di medie e piccole aziende che assumerebbero a
condizioni contrattuali ed economiche improponibili e lesive della dignità del
presunto lavoratore. Altri, per contro, che pur avendo in corso contratti di collaborazione
con dipendenti già formati e di sicuro affidamento professionale ed etico, pare
non siano intenzionati a confermare il rapporto di lavoro avvalendosi di una
contrattazione a tempo determinato, legalmente valido in quanto sottoscritto da
ambo le parti; ma il non considerare la minima possibilità di un rinnovo contrattuale,
esistendone le esigenze, favorisce minori considerazione e credibilità da parte
dei dipendenti in questione nei confronti del datore di lavoro. A mio avviso
situazioni del genere sono alquanto riprovevoli che non fanno bene né alla
classe imprenditoriale e né a quei cittadini che oltre al bisogno hanno voglia
di lavorare… anche a costo di ulteriori sacrifici. Alcuni anni fa su queste
pagine scrissi una lettera aperta ai despoti imprenditori e manager, con la
quale affermavo che pur in momenti di congiuntura e di “destabilizzazione” di un
Governo (peraltro anche attualmente) gli stessi sono condizionati su vari
fronti, ma ciò non era e non è una buona ragione per riversare le loro
“frustrazioni” sui malcapitati sottoposti: neo assunti, donne, disabili, etc. È
pur vero che non ho idea di cosa comporti essere un capitalista, un imprenditore
o un manager, ma so perfettamente cosa significhi essere suddito di un sistema
ove albergano: disuguaglianze, nepotismi, clientelismi e antipatie cosiddette
“a pelle”, ossia a sensazione di primo impatto. Una ulteriore dimostrazione è
data dal fatto che sono ancora molti i disabili in attesa di una occupazione, e
ciò nonostante sia tuttora in vigore la Legge 12 marzo 1999, n. 68,
la quale prevede che i datori di lavoro con più di 15 dipendenti al netto delle
esclusioni, siano tenuti ad avere alle proprie dipendenze lavoratori
appartenenti alle categorie protette. A questi imprenditori “ostili e inadempienti”
vorrei rammentare che il datore di lavoro che non intende
assumere un disabile, un giorno potrebbe ritrovarsi ad essere un suo
dipendente. A tutti coloro che mi leggeranno, interessati o meno, vorrei dire
che personalmente quando ho potuto, nella mia trascorsa realtà lavorativa ho
saputo tener fronte a più manager di una grande azienda, imponendomi sia dal
punto di vista legale che con le mie capacità espositive verbali e olografe… il
tutto ancora archiviato ad imperitura memoria e testimonianza. Quindi, il mio
“j’accuse” è rivolto a questi imprenditori e parimenti ai parassiti (non
lavoratori per scelta) che ostacolano la crescita del Paese, facendo terra
bruciata attorno a tutti quei cittadini onesti (italiani e stranieri residenti)
che considerano il lavoro non solo un diritto costituzionale ma anche una reale
necessità… che va rispettata dall’inizio sino alla fine del rapporto
lavorativo. Infine, sarebbe auspicabile che tutti gli interessati (Imprese,
Istituzioni e Sindacati) mantenessero un tavolo aperto e intraprendere possibili
e concrete soluzioni per far fronte ad un sistema che, in ogni caso, continua a
sopravvivere all’interno della burocrazia… e, detto per inciso, al di là di
manifestazioni di piazza che a nulla servono e nulla risolvono!
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