UNA CHIAVE “APRÌ” LE PORTE AI RAGGI X
La Radiologia ha oltre un secolo. Un lungo percorso
per immagini
il cui autore non volle brevettarne la scoperta.
Il dovere di ricordare
di Ernesto Bodini
Il prossimo
anno ricorrerà il centenario della morte del fisico tedesco Wilhelm Konrad Röentgen (1845.1923 –
nella foto) che, con la sua scoperta ha rivoluzionato gran parte della Medicina
e delle Scienze Umane, sino a favorire l’evoluzione di sofisticate
apparecchiature. Sono la casualità, l’entusiasmo e il fine filantropico che
hanno reso celebre questo barbuto e compassato professore di Fisica, nativo di
Lennen una cittadina della Renania situata sulla riva sinistra del Reno, quando
quell’8 novembre del 1895, aveva vissuto una vicenda davvero incredibile!
Röentgen, che si era da tempo appassionato allo studio dei “raggi catodici”,
aveva inavvertitamente appoggiato su di una pila di lastre fotografiche la
chiave della sua scrivania; poi, era andato a fotografare i fiori nel giardino
dell’Istituto di Fisica dell’università di Wurzburg, di cui era direttore. Ma
quando sviluppò le lastre fu a dir poco sorpreso nel vedere su di una, invece
di un fiore, l’immagine della chiave della scrivania! Riflettendo per alcuni
giorni si rese conto che dai tubi sotto vuoto (tubi di Crookes), nei quali
faceva passare la corrente elettrica, si sviluppano dei misteriosi raggi (raggi
X, appunto) capaci di attraversare un corpo solido e di fissarne l’immagine su
di una lastra. Della validità di questo fenomeno ebbe ulteriore conferma quando
provò ad interporre la propria mano tra il tubo radiante e lo schermo si
delineava nettamente l’ombra della mano, anch’essa “trasparente” ai raggi; solo
che… era solo la carne ad essere
attraversata dai raggi, mentre le ossa “li fermavano”. Prima di rendere pubblica
questa scoperta, aveva bisogno di prove concrete da presentare a sostegno di
quanto avrebbe asserito. La moglie Anna Bertha
Ludwig (1839-1919)
si rese disponibile a farsi “fotografare” la mano con quei raggi misteriosi,
lasciando un documento che in breve avrebbe fatto il giro del mondo: la prima
radiografia della storia della radiologia, una delicata mano di donna con tanto
di fede all’anulare sinistro. Sempre
nello stesso anno, Röentgen si affrettò a depositare alla Società fisico-medica
di Wirzburg una comunicazione preliminare dal titolo “Uberline neue Art von
Strahlen” (Su di una nuova specie di raggi). Il 4 gennaio 1896 furono
esposte all’Associazione dei fisici di Berlino alcune radiografie eseguite
dallo stesso scienziato e, nonostante l’incredulità e le obiezioni di alcuni,
la scoperta ebbe il sopravvento tant’é che il 13 gennaio, il fisico tedesco fu
invitato dall’imperatore Guglielmo II a ripetere a Berlino le sue esperienze
alla presenza di autorità e scienziati. Il trionfo non si fece attendere e,
dieci giorni dopo, alla Società fisico-medica di Berlino, fu deciso
all’unanimità di chiamare “Roentgen” i nuovi raggi. Le fantastiche possibilità
dei raggi X non mancarono di provocare tra la gente comune episodi di eccessiva
esaltazione: divenne di moda farsi radiografare la testa o le mani come
souvenir; nelle fiere di paese vi erano dei box dove bastava pagare qualche
centesimo per vedere il proprio scheletro. Tale mania, però, provocò un’ondata
di circospetta meraviglia nell’opinione pubblica, che incredibilmente vide in
quei raggi una potenziale minaccia all’intimità personale; e mentre da una
parte l’ignoranza in materia dilatava questo bizzarro timore, dall’altra vi fu
chi ne trasse profitto mettendo in commercio biancheria intima “non penetrabile
ai raggi X”. Inizialmente il nuovo metodo non ebbe notevole impiego in
diagnostica: nei primi anni fu utilizzato solo per evidenziare fratture e corpi
estranei. Una cautela peraltro giustificata anche dal fatto che già allora si
rilevava la pericolosità delle radiazioni, in quanto producevano ustioni sulla
pelle (da qui la necessità di schermare le apparecchiature).
Tuttavia, fu proprio il rilievo di
questi effetti secondari dei raggi X a dare inizio alle prime forme di
rontgenterapia. Risultato di grande ingegno, quello del fisico Röentgen, al
quale nel 1901 il re di Svezia consegnò il premio Nobel per la Fisica, il cui
ammontare era di 50.000 corone svedesi che devolvette all’Università di Würzburg. Come il prof. Albert B. Sabin (1906-1993), scopritore del vaccino contro la
poliomielite (al quale non fu riconosciuto il Nobel per la Medicina), anche
Röentgen non volle brevettare la sua scoperta, mettendola al servizio
dell’umanità. Scoperte che richiamano anche il problema della serindipia
(scoperta fatta per caso), il cui concetto si concreta nella perfetta
definizione data dallo scienziato ungherese Albert Szent-Gyötgyi de Nagyràpolt (1893-1986), che ebbe il Nobel
per la Medicina e la Fisiologia nel 1937 per aver scoperto la Vitamina C, il
quale affermò che «Le scoperte consistono nel vedere ciò che tutti hanno
visto e nel pensare ciò che nessuno ha pensato»; mentre il prof. Sabin
sosteneva che «Un buon ricercatore deve avere un’enorme curiosità, tenacia e
una grande onestà. Se una sua scoperta gli sembra troppo bella per essere vera,
ci sono buone possibilità che non lo sia».
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