RIVISITARE LA SANITA'

 

UNA SANITÀ DA MIGLIORARE…

Bene sarebbe intensificare il rapporto medico-paziente e paziente-medico,

primo presupposto terapeutico con beneficio reciproco; ma anche una

“revisione” del sistema per abbattere le liste di attesa una volta per tutte: il

 ritardo di una prestazione (anche se non urgente) a volte potrebbe

 compromettere la salute fisica e psichica dei pazienti 

di Ernesto Bodini

 

Forse un giorno ci stancheremo, o forse no, di commentare i pro e i contro della Sanità italiana. Sono ormai trascorsi 45 anni dalla storica Riforma del SSN del 1978, e il percorso è stato lungo e spesso tortuoso che anch’io come cittadino-fruitore, ho vissuto le evoluzioni medico-sanitarie-assistenziali e tecnologiche… spesso con alcuni benefici. Ma si sa, tale evoluzione in gran parte è stata gestita  (e “condizionata”) dai molti politici che via via si sono succeduti nelle varie Legislature sino ad arrivare a quella che io definisco una “caduta in disgrazia”, ossia il famigerato Federalismo sanitario (ed economico-finanziario), decretato nel 2001 con la Riforma del Titolo V della Costituzione. Questa “trovata” a mio parere ha creato più danni che benefici, a cominciare dai moltissimi esempi di disparità, disuguaglianza ed ingiustizia per via delle autonomie regionali e, tanto per sintetizzare, spesso i malati del Sud in molti casi non hanno potuto fruire delle stesse prestazioni (farmaci compresi) dei malati del Nord; per non parlare poi della “evoluzione” della Sanità privata che, seppur in molte realtà non priva di convenzioni e accreditamenti con il SSN, ha visto “capitolare” milioni di malati che hanno dovuto rinunciare a farsi curare per mancanza di mezzi economici, o per gli ostacoli che a vario titolo hanno creato le cosiddette liste di attesa. E che dire del rapporto medico-paziente e paziente-medico? Anche questo aspetto ha avuto ed ha le sue lacune, pur considerando i molti casi di elevata umanità e professionalità. Ma come in tutte le realtà le eccezioni negative hanno maggior risalto, e questo perché ogni negatività ha effetti più o meno lesivi per il fruitore cittadino-paziente; ma anche per lo stesso medico a volte condizionato da eccessive incombenze burocratiche… se non anche sue caratteriali. Ma vorrei aprire una parentesi relativa allo scarso dialogo tra gli stessi medici, sia di famiglia che specialisti territoriali ed ospedalieri. Questa mia deduzione non mi riguarda necessariamente di persona come paziente, ma per il ruolo sociale di solidarietà in ambito sanitario e socio-assistenziale, oltre che di giornalista divulgativo in tale disciplina, acquisisco di tanto in tanto confidenze e sfoghi di cittadini che lamentano la scarsa disponibilità per il dialogo da parte di medici, spesso di fretta, amanti della estrema sintesi, insofferenti al plus lavoro, alle eccessive incombenze, etc. Questo è lo specchio di una realtà che può avere in parte le sue giustificazioni, ma è intollerabile quando vi è la necessità di dedicare il tempo necessario ad una visita (specie se la prima) e ad un approfondimento diagnostico-strumentale; oltre al fatto che taluni medici sono poco propensi a confrontarsi con colleghi di riferimento… a maggior conforto del paziente, ed è evidente che supponenza ed orgoglio sono fuori luogo. Questo parziale “decadimento” di efficienza ha indubbiamente i suoi riscontri di giustificazione sia per la cronica carenza di medici sul territorio nazionale, sia per la sopravvenuta pandemia che ha messo a dura prova loro stessi e l’intera popolazione. Con questo articolo in realtà non intendo lanciare un vero e proprio j’accuse alla classe medica, ma evidenziare fatti che sono peraltro noti e al tempo stesso in parte sottovalutati dalla classe politica dirigente di ieri e di oggi. Certo, personalmente non ho alcun titolo particolare con carattere di ufficialità per sollevare le suddette criticità, ma quale cittadino-paziente e quale divulgatore che in molte occasioni ho vissuto in diretta e descritto l’operatività sanitaria, ritengo doveroso evidenziare tutto ciò sostenendo nel contempo che la Sanità italiana potrebbe essere migliorata predisponendo, però, tutti quegli accorgimenti che sono necessari nell’immediato a cominciare dall’incrementare l’organico di medici e infermieri, intervenendo drasticamente nei casi di corruzione, superando l’ostacolo delle liste di attesa, facilitando determinate procedure di accessi ai servizi, creando corsie preferenziali per pazienti cronici, disabili ed anziani.

Per questi ultimi, specie se impossibilitati a condurre una vita autonoma, creare nuove strutture ospitanti come le RSA affinché i propri famigliari li possano seguire periodicamente ma più costantemente senza ostacoli di sorta come la distanza. In tempi non sospetti le Scienze mediche, sociologiche e di economia sanitaria preavvisarono che la nostra popolazione sarebbe andata incontro ad una certa longevità oltre a malattie croniche degenerative, fisiche e mentali; ma i governanti (di ieri e di oggi) non hanno mai fatto una politica di investimento preventivo e, una delle conseguenze (pandemia a parte), è che non pochi anziani (caregiver compresi) sono privi di assistenza e in qualche caso (estremo) decidono di sopprimere la vita ad un congiunto se non anche la propria… Io credo che non sia il caso di “scomodare” sociologi, economisti, antropologi e geriatri per recepire questo quadro in parte desolante; mentre è tangibile il fatto che i rapporti umani si vanno sempre più deteriorando e, a parte alcune isole felici, per molti viene meno il reale senso della vita ed è per questa ragione che il medico, quando ne è direttamente coinvolto, è una delle prime figure di riferimento perché se ben formato (e motivato), non solo può curare ed eventualmente guarire ma anche salvare vite umane. E a questo riguardo non bisogna dimenticare che anch’egli è una persona, che ha i suoi limiti e le sue debolezze, e non di rado anche lui si ammala. Il “segreto”, a mio modesto avviso, è considerarsi tutti uguali: chi con il camice e chi con il pigiama, e rendersi disponibili ad un più ampio e costante dialogo, perché è risaputo che un buon paziente fa un buon medico, e viceversa.

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