UNA “TRAGICA” REALTÀ A DISTANZA DI TREDICI ANNI CHE SI RIPETE
Concorso in Magistratura tra candidati impreparati e futuro incerto per la Nazione
di Ernesto Bodini
C’é chi
si dispera per un fallo calcistico del proprio beniamino, chi per la dipartita di
una star, chi invece ha dovuto rinunciare ad un importante appuntamento… ludico
o alle agognate vacanze; come pure c’é chi si dispera per il politico di
“personale” riferimento che non è rimasto al potere, etc. Ma quanti (e chi) si
disperano nel sapere che al recente concorso per magistrati (svoltosi dal 12 al
16 luglio scorsi), su 1.532 candidati soltanto 88 (5,8%) sono risultati idonei?
Certo il ministro della Giustizia Marta Cartabia non ha potuto esprimere che un
laconico ma doveroso: “È un aspetto che
preoccupa”, espressione che fa pensare e preoccupare ben oltre… Anzitutto
queste centinaia di studenti neo (o non) laureati a vario titolo a suo tempo
hanno conseguito il Diploma di Scuola Media Superiore (Liceo o altro) e
successivamente una Laurea in Discipline umanistiche, e si presume con un
certo grado di sufficienza, ma continuando a studiare e scrivere non hanno
migliorato le più elementari nozioni di grammatica della lingua italiana. Un
intero iter scolastico-accademico colmo di lacune che non fanno presagire nulla
di buono. Nello specifico, come si rileva dal quotidiano La Tecnica della
Scuola, all’atto della correzione degli elaborati, da 310 posti, su 5.827
candidati hanno consegnato il test 3.797, ma la maggior parte è stata poi
bocciata alla prova scritta con la giustificazione che gli interessati non
sanno scrivere, in quanto oltre alle lacune tecniche non meno evidenti quelle
grammaticali e sintattiche. Una situazione assai deplorevole e non nuova a
quanto pare, perché analogo episodio si verificò anche nel 2008 più o meno con
gli stessi risultati di inefficienza, anche numerica. Questo concorso per
rispondere alla necessità, come richiesto dal plenum del CSM, di mille unità in
più, per cui ai 310 posti se ne dovrebbero aggiungere altri 500, per un totale
complessivo di almeno 810 candidati; ma visti i precedenti probabilmente il
rischio è quello di non raggiungere la copertura del numero di posti banditi.
Ora, se la grammatica e la sintassi sono gli ostacoli maggiori contro cui gli
aspiranti magistrati dovranno fare i conti, una ulteriore riflessione riguarda
il rilevante numero di laureati disoccupati (in parte tendenti ad andare oltre
confine); ma soprattutto su quale sarà il destino di questi giovani
concittadini aspiranti a svolgere un ruolo di grande responsabilità. Anche se
non tutti, promozione permettendo, diventeranno magistrati, quelli che
supereranno il concorso saranno il “nostro” riferimento nei procedimenti di
Giustizia civile e penale, deputati quindi ad emettere sentenze che possono
condizionare in bene o in male la vita dei cittadini. Un peso anche sulla
coscienza non da poco se si considera, come torno sempre a ricordare, che i 30
mila detenuti innocenti (dal 1992 al 2020) sono certamente il frutto di gravi
errori giudiziari, e quasi sicuramente anche di qualche sentenza scritta in
modo… maldestro sotto il profilo lessico-grammaticale. Alla luce di questa
realtà si sta profilando la possibilità di togliere le prove scritte dagli
esami di Stato; ma se ciò avvenisse a mio avviso verrebbe a mancare un
ulteriore processo di valutazione della preparazione linguistica dei candidati.
In realtà credo che per formare un buon magistrato non sia sufficiente una
“discreta” preparazione accademica, ma anche quella del senso etico, scevro da ogni
ideologia politica perché giudicare un reo (o presunto tale) occorre saper bene
cosa si intende esprimere oralmente e per iscritto, ma anche sentenziare ed
emettere una pena con la piena consapevolezza di aver agito nel totale
interesse del cittadino e della intera comunità. So bene che la perfezione non
esiste ma protendersi per il meglio attuando ogni sforzo mentale ed intimistico
(interpretativo dell’animo umano), io credo possa essere il preludio ad una
Giustizia più equa, veritiera ed accettabile da tutti. Con questo articolo non
ho certo voluto ergermi giudice e censore verso alcuno nel senso più stretto
dei termini, ma di contribuire a “far luce” su una realtà sociale che, ad opera
di non pochi, condiziona (o può condizionare) non poco la nostra esistenza in
questa pseudo democrazia… non totalmente garantista!
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