LETTERA APERTA A TUTTI I DETENUTI… INNOCENTI
Egregi Signori,
non
sono né un avvocato e tanto meno un magistrato, come pure non rivesto alcun
ruolo nell’ambito della Giustizia intesa come Ente istituzionale, e nemmeno sono
un dipendente della Pubblica Amministrazione. Ma proprio perché libero cittadino
vorrei portarvi a conoscenza che da molto tempo mi occupo di problemi sociali,
soprattutto nell’ambito dell’handicap e della sanità e, per quanto riguarda
quello non meno importante della “emarginazione sociale”, in tempi più recenti
(in verità da qualche anno) quale essere umano che condivide l’esistenza in
questo Paese, non posso eludere la vostra realtà. In questi ultimi anni più
volte ho varcato la soglia di un carcere per “offrire” la mia opera di critico
d’arte e strappare un sorriso a qualche “ospite” sia pur… non innocente, ma
questo aspetto non mi ha mai coinvolto direttamente e non deve coinvolgermi in
quanto di fronte a me avevo l’uomo-artista e in visione le sue opere, modeste o
di un certo pregio. In fin dei conti da sempre sono un garantista (per eccellenza)
sino a prova contraria. Per quanto riguarda la vostra realtà attuale non sono
certo in grado di conoscerla nei particolari (e tanto meno valutarla) nella
fattispecie, ma non per questo mi esimo dal distogliere le mie “umane”
attenzioni sul dramma che vi affligge giorno dopo giorno. Per tentare di
approfondire un minimo di conoscenza di tale dramma, la cui entità numerica è
stata più volte dichiarata dalle competenti Autorità ministeriali e in seguito
anche dai mass media, con il fine (pia illusione?) di porre in luce in qualche
modo quella Verità che reclamate sin dagli inizi della restrizione, ho fatto
alcune ricerche rievocando molti fatti di cronaca giudiziaria, con tanto di
elencazione di articoli di giornali e di pubblicazioni editoriali che hanno
evidenziato (ed evidenziano) determinate assurdità che rasentano
l’inverosimile… non per vostra colpa! Inoltre, ho elaborato alcune
considerazioni (in attesa di essere eventualmente pubblicate e divulgate
all’opinione pubblica), con le quali evidenzio che ogni ingiusta detenzione è
un insulto alla dignità umana, cercando di capire se è giusto da parte vostra
(e mia) perdonare coloro che hanno sbagliato… designando il vostro destino. Ho
cercato (senza stancarmi) di immedesimarmi nel vostro tormento con tutto ciò
che ne consegue, seguito dai molti perché ai quali pare non esservi risposta.
Il mio lungo elaborato mi ha portato a ricordare non solo i Diritti fondamentali
dell’Uomo, enunciati dalla Convenzione Europea, ma anche rievocando il concetto
relativo all’etica che tutti, e dico proprio tutti, dovremmo conoscere ed
osservare, seguendo la saggezza del filantropo dott. Albert Schweitzer
(1875-1965) il quale sosteneva: «L’uomo è
veramente etico solo quando ubbidisce al dovere di aiutare ogni essere vivente
che gli sta attorno e si guarda bene dal recar danno a qualche cosa di vivo.
Non si domanda quanto interesse merita questa o quella vita e nemmeno se e
quanta sensibilità essa possegga. La vita in quanto tale gli è santa…». Ma
questa saggezza è purtroppo di pochi, ed ancor meno di quelli che
(giustificatamente o meno) hanno sbagliato nei vostri riguardi decretando il
vostro destino. C’é chi sostiene che ognuno si fa il proprio destino, e chi
invece è più fatalista; ma il razionale io credo che sta nella decisione e nel
comportamento umano deputato a valutare determinate situazioni e circostanze e,
pur rasentando la retorica, credo che la responsabilità (diretta o indiretta) è
sempre dell’uomo che, se dotato di un certo potere, anch’egli non potrà
sottrarsi al Giudizio finale… Entrando nel merito della concretezza, da tempo
cerco di capire come poter essere utile per lenire la vostra sofferenza ma a
parte qualche fonte giurisprudenziale, a livello umano (i nostri simili, per
intenderci) non ho trovato alcun sostegno, se non di qualche caso dalla
personale sensibilità al dramma che ho sottoposto loro. Purtroppo ritengo che attualizzare una qualche azione pratica quale
soluzione del vostro caso, rasenti l’utopia non solo perché personalmente non ho
alcun potere, ma anche perché si tratterebbe di idealizzare un qualche buon
“Templare” che insegua la Giustizia con le armi della Cristianità, della
solidarietà umana e della persuasione… leggi permettendo! Ecco, questo è il mio
modesto contributo che spero venga accolto, se non altro per farvi pervenire la
mia ideale ma sincera vicinanza. Ma non vogliatemene: di più non riesco a fare,
se non a rendere pubblico (appena possibile) il mio elaborato, affinché nessuno
possa dire un giorno: “Non sapevo”. E
se è vero, come sosteneva il giudice e scrittore torinese Domenico Riccardo Peretti
Griva (1882-1962) che «un errore
giudiziario rappresenta l’angoscia del magistrato, soprattutto quando investe
la libertà della persona… e che tale è un vero tarlo nella coscienza dei
giudici per bene», è altrettanto vero, a mio avviso, che in taluni non si
può non considerare il mio seguente aforisma, peraltro divulgato più volte: «Il previsto impoverimento degli “effetti
giustizia”, ancora oggi sta a sottolineare come il legislatore, quando promulga
una nuova disposizione di legge, fa come quell’elefante che, calpestata una
quaglia, cercò di rimediare sedendosi sulle uova dell’uccello per tenerle calde!».
L’occasione della presente pe augurarvi buon Natale, affinché sia portatore di
pace nel vostro cuore e, magari, di uno
spiraglio di luce se Dio vorrà esservi vicino… come ho cercato di esserlo io
con questa missiva. Grazie.
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