UN PADRE E MOLTI FIGLI

 I FIGLI DI DON CARLO GNOCCHI: UNA GRANDE FAMIGLIA

L’Associazione Ex Allievi quale testimonianza di un vissuto tra

sofferenza e bontà. Una “preghiera-appello” per un mondo migliore

di Ernesto Bodini

Oggi più che mai la realtà del volontariato è un arcipelago con infinite isole assai differenziate, ma auspicabilmente accomunate da un unico fine: la solidarietà verso il prossimo, specie se all’origine c’é stata e c’é sofferenza. Tra queste l’Associazione ex allievi Don Carlo Gnocchi, una lodevole azione volta riunire il maggior numero possibile di mutilatini e poliomielitici (oggi adulti e con famiglia) che hanno vissuto anni ad internato nei vari collegi del suo fondatore. Tale “frutto” rispecchia il sogno della sua presidente e fondatrice Luisa Arnaboldi (classe 1944, nella foto), poliomielitica ed ex allieva, con lo scopo di creare una rete di amicizia, sostegno e testimonianza di quanto tutti loro hanno ricevuto negli anni della loro adolescenza per essere preparati ad affrontare la vita all’esterno una volta dimessi. L’iniziativa è partita da un piccolo gruppo impegnato a rintracciare gli indirizzi di ex, sia pur con non poche immaginabili difficoltà… e partendo con un ciclostilato in proprio da inviare a quanti più destinatari sparsi in tutta Italia. Ricorreva il 1965. Tale fu il desiderio di questa lodevole impresa che, basata sui sentimenti dell’amicizia e della fraternità (“quando si dice mal comune mezzo gaudio”), animati dalla fiamma ardente quale era ed è la riconoscenza a Don Carlo. Il ciclostilato riproduceva una fiaccola con due fiammelle che formavano le lettere del motto latino “Cum reciditur coronatur” (che sta significare che il nostro dolore, unito a Cristo, ci rende regali perché cooperiamo alla salvezza dell’umanità, nel misterioso disegno di Di, e al centro Don Carlo aveva creato: due grucce incrociate allo stemma di Cristo e circondate da una corona regale. Si trattava di una riproduzione, appunto, consistente  nel monogramma di Cristo interpretato in forma del tutto nuova, dove il chi era formato da due stampelline incrociate e fasciate da una corona nobiliare, ad indicare che la sofferenza umana, innestata su Cristo, forma una cosa sola su essa, forma il Cristo mistico, e soltanto in questo modo può ricevere la corona del merito e del premio. Quel simbolo che rimarrà ad imperituro ricordo nella storia della Fondazione Pro Juventute (riprodotto anche in un distintivo) era composto da tante perline, ognuna delle quali traeva origine da una operazione, chirurgica o medicazione dolorosa sopportata da un mutilatino senza lamento e senza pianto. Oggi l’associazione, che ha preso corpo nel 1981, conta diverse migliaia di iscritti che a turno inviano con articoli le proprie testimonianze e ricordi, inizialmente accolte sui primi numeri della rivista della Fondazione “Uomo Domani”. In seguito l’esigenza di una propria e completa autonomia ha prodotto la pubblicazione di un proprio stampato uscito per la prima volta nel 1985, e quindi il riconoscimento ufficiale dell’Associazione con l’autorizzazione del Tribunale di Milano n. 554 del 16/11/1985. Il primo invio è stato fatto a 5.000 indirizzi ma, come era prevedibile, ci fu una buona parte di resi al mittente: in parte per destinatari inesistenti o trasferiti, in parte perché cestinati. Da allora un lavoro più sistematico nel ricercare indirizzi aggiornati, ha garantito l’esistenza di un consistente e più reale numero di ex allievi ed allieve, tanto da giustificare una “migliore visibilità” con la pubblicazione denominata La Fiaccola, periodico trimestrale che ha una sua dignità non solo giornalistica (diretta da Luisa Arnaboldi), ma anche e soprattutto sociologica e quindi di aggregazione, attraverso la quale il rievocare la propria esperienza in collegio, ricontattarsi e confrontarsi a distanza di anni (grazie anche ad estesi raduni annuali), ma anche con il proposito di dimostrare gli insegnamenti di Don Carlo il quale diceva che «Chi ha ricevuto deve rendere». Non un debito ma più semplicemente un dovere cristiano, affinché la perla del dolore che ha composto quella corona possa oggi rappresentare il superamento di ogni ostacolo di tanti altri sofferenti. È indubbio che la filosofia di questa associazione si è imposta nel panorama della solidarietà, ad ulteriore testimonianza dell’espansione della Fondazione voluta da Don Carlo, che oggi comprende molti Centri in tutta Italia e all’estero per il trattamento di altre numerose patologie, e questo, fa parte del mantenimento della promessa fatta al beato Don Carlo (oggi sulla strada della Santità) quando prima di morire disse: «Amis, ve raccomandi la mia baracca…». Rileggersi per rievocare e rievocare momenti spensierati (altri meno) di una parte della vita vita vissuta in un collegio, credo che faccia un certo effetto che non tradisce qualche emozione sino a toccare le corde dei sentimenti che ognuno di noi possiede, oggi adulto e per questo riconoscente per il bene ricevuto. Uno dei contributi in questo senso ci è dato dall’ex allievo Antonio Ranalli di Vasto (CH), con la La preghiera per l’incontro di ex Allievi di Don Gnocchi a Salerno, pubblicata su La Fiaccola n. 3 del settembre 2001, e che qui ripropongo.

«Signore, è bello ritrovarci insieme dopo tanti anni. Oggi il nostro pensiero e il nostro ricordo va alle tante persone con cui abbiamo trascorso alcuni anni della nostra fanciullezza, ma in modo particolare ripensiamo con ammirazione e gratitudine, alla grande anima sacerdotale di Don Carlo Gnocchi, che ha dedicato tutta la sua esistenza a vantaggio di piccoli e grandi che avevano bisogno del suo aiuto. Ripensando ai luminosi esempi di bontà di Don Gnocchi, nasce spontanea in noi una preghiera. Signore, fa’ di noi segno visibile di pace e di riconciliazione nel nostro mondo pieno di lacerazioni e di problemi. Fa che anche noi siamo per tutti un segno di speranza. Un segno del tuo amore per ogni essere umano. Signore, vogliamo seguire con sollecitudine l’insegnamento e l’esempio di Don Carlo. Rendici inquieti, quando dovessimo sentirci eccessivamente soddisfatti e sicuri delle nostre forze e dei traguardi raggiunti, quando diventiamo meschini e limitati, quando invece di proseguire il cammino, ci crediamo già arrivati alla meta. Signore, non permettere che ci domini l’indifferenza e lo scoraggiamento di fronte al futuro, toglici lo zelo e l’ansia frettolosa di chi non sa aspettare. Donaci la pace e la concordia, frutto dell’incontro con Te; l’affabilità, la cortesia, l’amabilità verso ogni essere vivente, ma soprattutto verso chi è più debole e indifeso. Mantienici attenti, Signore, per essere solidali gli uni per gli altri, sensibili al grido di chi è più svantaggiato di noi, aperti alle giovani generazioni, e pronti a seguirti con fedeltà e amore. Signore, fa’ di noi un segno efficace di speranza per un mondo nuovo e migliore».

Un accorato “appello” di elevata impronta cristiana che non può che essere condivisibile, non solo da tutti gli ex allievi ma anche dal resto dell’umanità che, in gran parte, continua ad essere sulla strada della perdizione perché indifferente delle sofferenze del prossimo. Ma Don Carlo ci ha insegnato ben altro, ed è dai suoi insegnamenti e dal suo esempio che tutti noi dobbiamo imitarlo per sperare in un mondo più vivibile

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