UNA STORIA DI AVVICENTE E SECOLARE MEMORIA
Rita da Cascia, popolarmente la Santa degli impossibili,
nonché la Perla dell’Umbria, a cui ricorrere in ogni avversità
di
Ernesto Bodini
La povera donna rimane sgomenta
per il dolore, acuito dalla pietosa visione dei suoi figli Giangiacomo e Paolo
Maria; ma è il dubbio della salvezza eterna del marito che le procura angoscia,
che esprime con pietose lacrime, penitenze e preghiere! Due orfani col
temperamento del padre: nei loro occhi la visione del delitto e non meno il
sentimento di vendetta, nonostante la madre nelle sue preghiere li esortasse al
perdono per gli assassini del padre; quindi sempre più privi dell’ideale di bontà, di carità e di
perdono. Ecco che l’amore diventa sacrificio immedesimandosi in chi si ama e, sostituendosi
nei suoi bisogni spirituali, Rita offre a Dio i suoi figli, prima che l’istinto
della vendetta possa compiersi e impadronirsi delle loro anime. Una invocazione
che viene esaudita perché i due giovani, colpiti da un morbo improvviso (altre
fonti fanno riferimento all’essere stati colpiti da un fulmine entrambi e nello
stesso momento), muoiono serenamente riconquistati dall’amore materno. Questa
triste perdita porta la vedova a bussare umilmente a più monasteri come quello,
senza esito, di Santa Maria Maddalena delle Suore Agostiniane a Spello (Pg),
dove pare non ci sia posto per le donne che portano il segno dell’uomo. Ma Rita
non si abbatte e spesso va a pregare sullo scoglio che sovrasta Roccaporena,
dove ha chiesto a Dio la morte dei figli prima che realizzassero il loro
proposito criminoso. Da questa piccola altura
vi è lo sfondo poetico del suo atto d’amore, una sorta di visione di tre
lucenti figure che si “materializzano” in San Giovanni Battista, Sant’Agostino
e San Nicola da Tolentino; i tre santi ai quali i genitori di Rita avevano
elevato le loro suppliche. A trentasei anni, vedova da poco più di un anno e
sola, con le stigmate del dolore nel corpo e nell’anima, eccola ricominciare:
diventa novizia e intraprende, come le sue consorelle, tutte le incombenze,
anche le più umili. Ma tant’é. Il sentimento dell’amore porta alla
immedesimazione con chi si ama, col prossimo e con Dio. Rita ama tanto il
prossimo da immedesimarsi in lui: nei suoi dolori e nei suoi bisogni. La notte
del giovedì santo del 1442, dopo aver ascoltato nella cattedrale di Cascia la
predica di Padre Giacomo della Marca, mentre è inginocchiata davanti
all’immagine del Crocifisso nel romitorio del monastero, una spina le perfora
la fronte. La ferita si infetta ed emana un continuo nauseante fetore che la
costringe alla solitudine e patire un dolore indicibile. Così per quindici anni
fino alla morte.
Basilica di Santa Rita
L’Anno Santo 1450, in San Pietro si radunano molti cattolici provenienti da ogni parte del mondo, fra questi anche le monache di Cascia e Rita ormai 69enne. La sua piaga è quasi scomparsa e non riapparirà che dopo il ritorno. Il viggio è lungo e faticoso; le monache camminano, pregano e cantano per intere giornate consolate dalla fede dei Magi. A Roma Rita sa che vi sono il Papa, i martiri, le basiliche e le catacombe, tutte visioni che commuovono profondamente il suo umile cuore; visioni della Gerusalemme celeste. Di ritorno al suo paese natio, una mattina d’inverno Rita riceve la visita di una sua parente alla quale esprime il desiderio di avere una rosa e due fichi del suo orticello, nel quale sopra la neve è fiorita una splendida rosa e dal gran fico pendono due grossi fioroni maturi. Desiderio di cose semplici come i dolori della sposa e della madre sono profumo e miele. Un miracolo, si direbbe! Sette anni dopo la morte coglie Rita, confortata da visioni celestiali; liberazione dal dolore, sublimazione dell’amore. Le campane suonano a festa e tutto il popolo accorre per vedere e toccare il corpo della “santa”. Il tempo si è fermato davanti al suo corpo: da oltre cinque secoli è intatto e non raramente emana un profumo soave, quasi a voler benedire e allo stesso tempo ammonire i mali dell’Umanità. La Chiesa la dichiara Santa nel 1900, ma la devzione del popolo ha avuto inzio dal 1457. Il notaio Domenico d’Angelo autenticò i primi undici miracoli ottenuti per l’intercessione di questa Santa dal 25 maggio al 18 giugno dello stesso anno della sua morte. Nei secoli successivi la devozione a Santa Rita si estese a tutta l’Italia, all’Europa, alle Americhe e a tutto il mondo. Il popolo l’ha definita “La Santa degli impossibili”; Leone XIII “La Perla dell’Umbria”. Ma quali sono i motivi di questa universale devozione per una santa di umilissime origini, analfabeta, lontana da ogni attività rumorosa, ignorata dalla storia e perfino dalle cronache dei suoi tempi? Certamente i molteplici miracoli, come la splendida “pioggia di rose”, ma anche la sua stessa vita di fanciulla, di sposa, di madre, di suora. Ma soprattutto il suo modo di vivere la vita, completamente senza rimpianti, senza tentennamenti… Le sue sofferenze che hanno segnato tutti gli aspetti della sua vita. «È la vicinanza al nostro vivere quotidiano – come sottolinea Padre Stefano Rosario Sala nel testo della minuscola pubblicazione –, alle nostre croci tanto simili alle sue, al nostro misero andare tra il male fisico e morale, al nostro desiderio di purificazione. È il suo amore, l’atto interrotto che ha costruito la sua dolorosa scala di ascesa, che ha santificato e valorizzato tutte le sue azioni». Insomma, Santa Rita ha compreso quanto sia vero e bello ciò che ha detto il grande cuore di Sant’Agostino: «Ama e fa’ ciò che vuoi». Ci doni la Provvidenza gioie o dolori, salute o malattia, ci conceda di raggiungere i nostri sogni più belli o ci sbarri la strada con la vocazione alla sofferenza, ci accompagni con gente buona o cattiva, ci apra le porte alle grandi responsabilità o ci chiuda in un umile, insignificante lavoro. Amiamo e tutto diventerà luminoso e santo, per noi e per il nostro prossimo. Concludendo mi permetto di fare una considerazione. In questo periodo di sofferente pandemia, chissà fra quanti si sono ammalati di Covid l’hanno invocata (come chi scrive), non solo per ottenere la guarigione ma anche per rafforzare la propria fede… senza la quale ogni invocazione svanirebbe nel nulla!
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