SENSATA PROVOCAZIONE AD EFFETTO...

 

E SE INTERROMPESSIMO DI INFORMARE?

Una provocazione per analizzare gli aspetti positivi e negativi ogni qualvolta si intende far sapere ciò che accade attorno a noi. Ma non sempre l’informazione è utile anche perché avere a disposizione molte informazioni, non garantisce il fatto di essere informati.

di Ernesto Bodini

Siamo tutti d’accordo che, ovviamente, l’informazione ha un ruolo importante per la comunità di un Paese democratico (e non), e i mass media (soprattutto se accreditati) sono deputati a svolgere questo ruolo. Essi intervengono in tutti gli ambiti della vita sociale: politica, fatti di cronaca in genere, cultura, costume, etc. Ed è quindi impensabile venir esautorati dall’essere informati perché le conseguenze sarebbero gravi e di vario tipo. Ma vorrei soffermarmi sull’informazione politica in particolare, ambito che richiede continui aggiornamenti quotidiani, sia per sapere il lavoro dei politici (governanti e non) che l’evoluzione di proposte e  provvedimenti legislativi che questi ultimi risultano essere i promotori… in bene o in male. Per conoscere in tempo reale questo tumultuoso, caotico, affannoso e spesso confusionario lavorio che determina la nostra vita quotidiana, i giornalisti di cronaca e di politica seguono in modo altrettanto spasmodico ogni movimento di questi lor “signori” (si noti la “s” minuscola), all’interno  delle sedi parlamentari (Camera e Senato) e spesso al di fuori delle stesse, fermati e attorniati proprio dai cronisti “d’assalto” per carpire loro qualche specifica dichiarazione, se non anche qualche “confidenza” in anteprima. Una sorta di assembramento di piazza spesso non gradito dagli interessati politici ma che, tuttavia, chi più e chi meno quasi sempre cedono al fascino del microfono e della videocamera… peraltro superati dal taccuino e dalla penna. Contestualmente va detto che tale tendenza alla visibilità non riguarda solo loro, ma anche gli stessi giornalisti che quasi gareggiano per carpire nel dettaglio le dichiarazioni e uscire per primi sulle proprie testate. Ecco che per queste ragioni l’inevitabile congerie disorienta il lettore al punto tale da essere in difficoltà nel comprendere e discernere quale sia la notizia più attendibile, e di conseguenza il ruolo dell’informazione non si completa nel modo dovuto… Ma come ovviare o far fronte a questo “mal informare”? Si potrebbe rispondere in modo provocatorio proponendo, ad esempio, o interrompere l’informazione da parte dei giornalisti o astenersi dal leggere le notizie non acquistando i giornali o non seguire i relativi programmi televisivi e radiofnici da parte del fruitore. Mi rendo conto che è utopia ma se si potesse attuare questa proposta sia pur per un breve periodo, io credo che anche se l’informazione subisse un contraccolpo la popolazione ne beneficerebbe sia pur in minima parte. E questo vale anche per quanto riguarda le notizie che vengono date attraverso la pubblicazione di libri, altra fonte non meno considerevole di cui si avvalgono determinati politici che, in parte, si improvvisano scrittori facendoci conoscere il loro punto di vista… ma non i relativi loro guadagni ed eventuali ulteriori obiettivi. In ogni caso il diritto all’informazione e alla comunicazione è dato dall’insieme di regole (giuridiche) attraverso cui l’attività umana del comunicare e informare è orientata verso un ideale di giustizia, in un ordinamento costituzionale, e questo ideale è espresso dai princìpi della stessa Costituzione, il cui art. 21 recita: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure…». Un principio che non fa una piega ma che, purtroppo, lascia ampi e spesso eccessivi spazi di libertà di stampa e, le fake news, ne sono un esempio. Inoltre, con la scusa di questa libertà ”tutelata” dal regime democratico (o pseudo tale) l’informazione diventa come un “cane sciolto”, un animale pronto ad azzannare il povero e impreparato lettore, sia esso erudito o analfabeta. Per contro, bisogna ammettere che c’é ancora della buona informazione ma ritengo che sia fatta da non molti “autorevoli” divulgatori (giornalisti, scrittori, blogger, etc.); una povertà che probabilmente non è solo italiana ma questo non consola per nulla! La politica, così come la cronaca nera, rosa e sportiva sono e restano i capisaldi dell’informazione che giustamente non va censurata, ma nello stesso tempo, a mio avviso, richiederebbe penne più qualificate sia dal punto di vista etico che delle competenze, indipendentemente dal grado di istruzione e soprattutto dalle origini patriarcali e sociali. La cultura, si dice, è quel bene che si acquisisce per propria indole con la costante volontà di apprendimento, aggiornandosi sulle materie per le quali si ha maggiore predisposizione, non dimenticando che informare implica un senso di alta responsabilità che nessun codice etico, a mio parere, potrebbe includere.

Commenti