IRRAZIONALITA' FUORI CONTROLLO

 

IL DIRITTO DI RIVENDICARE MA…

Ad alcuni dissidenti manca quel minimo di cum granu salis e un po’ di cultura in

più, elementi necessari per la conoscenza e il sereno progresso in termini di salute 

di Ernesto Bodini

Voler manifestare pubblicamente in piazza o dovunque per dissentire questo o quel provvedimento è certamente un diritto, ma è importante saperlo rivendicare. E per quanto massiccia possa essere la partecipazione come agli scioperi o a cortei per rivendicare questo o quel diritto, quanto può servire? Ci sono stati esempi eclatanti come l’enorme manifestazione del ’68 che ha visto in Italia scendere in piazza studenti e lavoratori per rivendicare di tutto e di più… riassunto in una vera e propria rivoluzione culturale; come pure storica è stata la cosiddetta marcia dei 40 mila, una manifestazione antisindacale tenutasi a Torino il 14 ottobre 1980 alla quale parteciparono migliaia di impiegati della Fiat, i quali sfilarono per le strade del capoluogo piemontese in segno di protesta contro i picchettaggi che impedivano loro, da 35 giorni, di entrare in fabbrica. Ebbene, se ben ricordo queste imponenti manifestazioni in sostanza non portarono a risultati sostanziali, se non addirittura a tafferugli, vandalismo e un certo numero di feriti. Dal punto di vista razionale mi pare che il buon senso non abbia sfiorato minimamente alcuni di loro, senza considerare che eccessivi assembramenti hanno quasi  sempre come conseguenza il non raggiungimento degli obiettivi ma procurato ulteriori delusioni… Ora, anche il fatto di rivendicare il “diritto” di opporsi a precise disposizioni per la vaccinazione anti covid, e al provvedimento cosiddetto Green Pass obbligatorio, può rientrare nelle piene facoltà di contestare (meglio sarebbe dissentire), ma non per questo giustificare popolose manifestazioni di piazza intensificate da slogan dai messaggi eticamente discutibili, sia dal punto di vista dell’espressione scritta che verbale. Infatti, inneggiare eloquenti slogan come “Meglio morire da liberi che vivere da schiavi!!!!!” (si notino i quattro punti esclamativi), e “Green Pass uguale Apartheid” (vedi La Stampa del 24 luglio, oppure: “Costituzione italiana morta di coronavirus” (vedi fanpage.it del 21 luglio) mi sembra un voler forzare il rispetto di un diritto oltre una certa misura… per quanto non negabile. Ma Dio santo, è mai possibile che nella mente degli italiani ed altri residenti non si faccia strada il fatto che per rivendicare un diritto esistono leggi che, se pur discutibili per la scarsa razionalità, si possono contestare con carta e penna? Solitamente quando si vuole contestare un diritto non rispettato si fa menzione alla Carta Costituzionale e a tutte le Leggi in vigore e, in taluni casi, non è neppure necessario ricorrere all’assistenza di un ufficio legale, mentre è palesemente possibile esporsi con una denuncia/diffida… nei confronti di quella P.A. che viene meno (dimostrandolo) ai suoi doveri verso quei cittadini che si sentono penalizzati. Di primo acchito ciò sembra fin troppo semplice ma in realtà è più fattibile di quanto si possa immaginare. Si ipotizzi, ad esempio, se sulla scrivania di un ministro o di un assessore pervenissero tutti i giorni migliaia e migliaia di denunce/diffide per raccomandata (A/R) con richiesta di riscontro, a titolo di giustificazione, c’é da dedurre che i destinatari delle missive avrebbero dei problemi e delle responsabilità di non poco conto… e conseguenti obblighi. Or bene, a quando una cultura del dovere e del diritto più razionale, e quindi meno irruente e più civile? Sono trascorsi 73 anni dalla promulgazione della Costituzione, e si sono viste emanare molte leggi ispirate ad essa, ma solo qualcuna è andata a buon fine, e rarissimi sono stati i contributi resi dalle manifestazioni di piazza; e oggi, ci ritroviamo ad assistere a quelle masse vocianti che, per quanto possano aver ragione, non riusciranno nel loro intento rivendicativo… se non solo parzialmente.

Ma tornando ai cosiddetti no vax e dissidenti vari in tema di diritto alla salute, non è certo da mettere in discussione il diritto di dissentire; tuttavia è bene che gli stessi si “impongano” in modo meno plateale (in realtà dispersivo), e valutare con basi culturali i pro e i contro. È vero, non si può essere tutti medici o scienziati, ma nemmeno ai tempi della vaccinazione di massa contro la poliomielite la popolazione era edotta accademicamente; eppure, quel percorso è stato fatto e, bene o male, non si sono verificati particolari tafferugli o conseguenze di altro tipo… e comunque di scarso rilievo. L’unica pecca, per quanto riguarda l’Italia, è che la vaccinazione obbligatoria avvenne con alcuni anni di ritardo che causò migliaia di paralisi e molti decessi. Fu un capitolo che, come sempre in questi casi, la politica ebbe al suo vertice l’ottusità di un ministro, poi rigettata obiettivamente dal suo successore. Mi rendo conto che paragonare quell’epoca pandemica a quella attuale per certi versi è anacronistico, ma si voglia prendere atto che, fatte le debite proporzioni, il fine per la salute umana non deve essere mai giustificato dai mezzi, specie se questi ultimi sono supportati da ignoranza, irrazionalità e talora da atteggiamenti sovversivi. In buona sostanza, esorterei i dissidenti, della prima e dell’ultima ora, a rivedere la propria posizione pur mantenendo il diritto (civile) di astenersi da ogni provvedimento che, a loro dire, ritengono essere deliberatamente coercitivo… ma senza necessariamente creare proselitismi.

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