NELLE MANI E NELLA COSCIENZA DI CHI DECIDE PER NOI
Partiti in fermento per riformare una Giustizia che
probabilmente non
troverà mai la “giusta dimensione” a tutela integrale della collettività
di Ernesto Bodini
Partiti in fermento continuo,
minuto dopo minuto; un andirivieni incessante (con o senza mascherine) che non
dà tregua nemmeno a loro stessi, figuriamoci al popolo di giornalisti che tenta
di seguirli per cercare di capire dove vogliono andare a parare. E in questo
periodo che è in ballo la Riforma della Giustizia c’é da preoccuparsi non poco,
visto e considerato che sono loro i decisori del nostro destino dentro e fuori
le aule dei tribunali e, per questo, c’é da augurarsi di non doverci mettere
piede nemmeno se si è sicuri di avere ragione (sic!). Ma siamo in buone mani
dal punto di vista della loro conoscenza in materia, dato per certo che la gran
parte quando interrogati (tra una pausa e l’altra, sia pur occasionalmente) non
sanno rispondere a semplici domande di grammatica, storia, geografia, scienze,
e tanto meno di Giurisprudenza? Eppure sono stati votati (non certo da me né questi e né i loro predecessori) e mandati in Parlamento a governare… Se
escludiamo le doverose eccezioni, ossia quelli che hanno un minimo di istruzione
e/o cultura e di granu salis, credo che
la rimanenza da “inquisire” sia la stragrande maggioranza che vorrei vedere
alla scrivania a studiare documenti su documenti (migliaia di pagine), cercare
di apprendere per proporre o contro proporre e infine deliberare e votare per
questa o quella Legge. Sono inoltre convinto che la maggior parte della
popolazione non si soffermi a sufficienza su queste considerazioni, e nemmeno
si pone il problema se chi hanno votato possiedono le basi e le competenze per
occupare quello scranno a cui tengono molto. Poi, però, la massa vociante si
lamenta se è stata approvata una Legge con determinate lacune, oltre a
discutibili interpretazioni, tali da compromettere (se non anche penalizzare)
determinati diritti. Da sempre, secondo la nostra concezione del diritto, vige
la nota e intramontabile locuzione latina ignorantia
legis non excusat (o
ignorantia iuris non excusat), come espressione sintetica della
massima giuridica riguardo alla presunzione di conoscenza della legge, il cui significato chiaro è: «L'ignoranza della legge non discolpa». E pur ammettendo la
buona volontà e le necessarie competenze di taluni deputati e senatori a
“rivedere” per l’ennesima volta il comparto Giustizia in senso lato, nei
dibattiti non intravedo qualche buon spiraglio che non sia “disturbato” da
ideologie e dalla irrazionalità e, anche senza entrare nel dettaglio in quanto
non ho accesso alla documentazione-oggetto del contendere, c’é da dubitare
alquanto su qualche miglioria garantista visto che noi tutti siamo al di fuori
dei tavoli di lavoro e, per giunta, con scarse o nulle nozioni in merito
all’esteso mondo giurisprudenziale, ulteriormente aggravato dalla burocrazia.
Disfattista, pessimista, uccello del malaugurio? Niente di tutto ciò, ma grande
preoccupazione perché fintanto che ogni revisione legislativa sarà condizionata
dalla politica e da personali e radicate ideologie, ed altro ancora, a mio
avviso vivremo sulle braci dell’incertezza se non della insicurezza e, a
dimostrazione di ciò, vedasi ad esempio il fenomeno delle detenzioni ingiuste
(circa 30 mila), carceri sovraffollate e abusi e soprusi ai danni dei detenuti,
infiniti processi pendenti, non certezza della pena, etc. Ma la Costituzione
non contempla tutto ciò in fatto di diritti e di doveri, bensì altri princìpi
nobili purtroppo destinati a restare su quella Carta. E a mio parere, anche in
questi casi, vale quanto sosteneva l’erudito Leonardo Sciascia (1921-1989),
ossia «La sicurezza del potere si fonda
sull’insicurezza dei cittadini». Peccato, però, che le migliori
saggezze solitamente le leggiamo dopo la dipartita degli autori delle stesse!
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