IL DELIRIO DELL’ENFATIZZAZIONE
Onore ai meriti distribuiti con scarsa equità… l’inesorabile
destino
dei più diseredati ma ben rappresentati dal buon esempio di pochi
di Ernesto Bodini
È ormai da tempo che mi dedico
ad osservare e commentare gli eventi della vita sociale attraverso i mezzi di comunicazione,
le cui proposte messaggiative (pubblicità compresa) a mio dire sarebbero assai
discutibili. Ci sono programmi televisivi, per esempio, dediti alle numerose
fantasie dell’arte culinaria e al bon ton dell’ospitalità in sontuose
residenze, castelli di dimora o dismessi compresi. Dal punto di vista
dell’iniziativa (prevalentemente promozionale e quindi sponsorizzata) nulla da
eccepire, specie se alla base la finalità è anche di carattere culturale; ma
contestualmente suona come un “affronto” a chi non possiede una casa dignitosa
e soprattutto i necessari mezzi di sussistenza come il cibo. Ora, mi si dirà
che benessere e indigenza sono sempre esistite, e questo è vero, ma è
altrettanto vero che nell’era moderna in cui viviamo (ormai da tempo), con tutti
i mezzi a disposizione volontariato compreso, il continuo esternare (e anche
ostentare) prelibatezze e particolari fonti di benessere io credo che possano
in qualche modo ledere la dignità umana: la storia insegna che le differenze
estreme spesso inaspriscono gli animi gettando nello sconforto i poveri, i
disoccupati e i cosiddetti alienati per costrizione o per loro scelta come i clochard…
e questo non per mera invidia poiché la loro dignità è ancora intatta. Con queste
mie considerazioni non intendo “rinverdire” il famoso ex-concetto “tutto a
tutti”, che dal punto di vista politico-sociale è in parte superato in quanto
utopistico e quindi irrealizzabile, ma non sarebbe male attenuare il più
possibile tali differenze socio-economiche e ciò, a beneficio della stessa
collettività. E non mi si accusi di gratuito moralismo perché di tale non si
tratta, ma piuttosto mi si individui in un fervente idealista (o se si vuole
anche anticonformista) che ama le cose semplici e rigetta tutto ciò che è
sfarzo e materialmente superfluo. Purtroppo non sono pochi coloro che appaiono
in controtendenza, vale a dire tutti quei fan di vip dello spettacolo e idoli
dello sport superlativamente osannati (in alcuni casi sino al delirio),
nonostante questi si distanzino dai loro ammiratori (perditempo) per il loro
cospicuo conto in banca, peraltro in continuo incremento. Qualche anno fa,
tanto per citare un esempio che a mio avviso rasenta l’eresia, un presidente
della Repubblica ricevette al Quirinale una nota squadra di atleti
professionisti, accogliendoli con un «Voi che praticate lo sport nelle grandi
occasioni olimpiche o di campionati mondiali, siete guidati da un fortissimo
orgoglio nazionale. Dovete far vincere l'Italia, rendere onore e prestigio al
nostro Paese»; un’accoglienza indubbiamente encomiabile e di
incoraggiamento, ma non ritengo sia particolarmente giustificato tanto censo
visto che i protagonisti svolgono quel ruolo a suon di sei-sette zeri… oltre
che a divertirsi. Per contro, per lavoro c’é chi rischia la vita tutti i giorni
(a favore della collettività) e non riceve mai tale accoglienza (a parte il
riconoscimento di onorificenze varie a questo o a quel personaggio, che
peraltro fa parte di un ridondante copione annuale); del resto, questi
lavoratori dal modesto salario probabilmente non ci terrebbero ad onorare tale
invito… che non cambierebbe loro la vita: gli onori sul podio non hanno mai
sfamato nessuno! Ora io mi chiedo: con quale spirito si tende a dar lustro a
personaggi già famosi e facoltosi, peraltro individuati da sponsor che, oltre
ad aumentarne la visibilità, contribuiscono ad arricchirli ulteriormente nominandoli
testimonial per la vendita di un prodotto? Si dirà che è la legge del commercio
in base alla quale il consumatore (credulone) si sente in dovere di acquistare
quel determinato prodotto, come se fosse dotato di maggiore garanzia e quindi
migliore di un altro non sponsorizzato. In buona sostanza a mio avviso, vale ancora
oggi quanto affermava il poeta e scrittore spagnolo Francisco de Quevedo
(1580-1645): «Il ricco mangia, il povero si nutre», (quando può). È evidente che
tale perpetuarsi fa parte della vita terrena, ma purtroppo nessun “illuminato” è
stato in grado di proporre qualche miglioria al sistema delle estreme
divergenze; tranne gli eremiti, i missionari come Madre Teresa di Calcutta
(1910-1997), i filantropi come Albert Schweitzer (1875-1965) e tutti coloro che,
con il loro esempio, credono di non sprecare il proprio tempo dedicandosi agli
altri senza fama e senza onori… né a Palazzo e né su alcun palcoscenico.
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