L'AUDIENCE NON E' TERAPIA

 

IL BUON USO DELLA SOBRIETÀ PER “GUARIRE” MEGLIO

Non è la notorietà di un personaggio televisivo

a dover “giustificare” gli effetti di una sofferenza

di Ernesto Bodini

Da sempre si dice che la pubblicità è l’anima del commercio, ma bisogna anche precisare che gli eccessi sono quasi sempre impropri e a volte anche deleteri… specie quando c’é di mezzo la salute. Mi riferisco, per esempio, alla vicenda in cui è incorsa recentemente la nota conduttrice televisiva Mara Venier, la quale ha raccontato (più volte) pubblicamente la sua disavventura per una cura odontoprotesica, che pare con esito particolarmente lesivo; salvo poi ricorrere ad un chirurgo maxillo-facciale di sua personale conoscenza che le ha risolto il problema e, per questo, ringraziandolo pubblicamente più volte citandone nome e cognome. Di rimando alla vicenda, che peraltro ha “commosso” i telespettatori e i moltissimi fan della Venier, l’Ordine nazionale dei Medici Chirurghi e Odontoiatri ha fatto le sue rimostranze (vedi articolo “Strumentalizzazione dei canali TV nazionali, danno d’immagine per 63.580 iscritti all’Ordine”, a firma del suo presidente dott. Raffaele Iandolo, pubblicato su quotidianosanità.it il 18 giugno scorso); un intervento con il quale ha voluto evidenziare l’ingiustificato ed eccessivo risalto del fatto di cronaca, come pure la “gratuita” pubblicità al medico chirurgo intervenuto in seconda istanza a richiesta dell’interessata. Al di là degli aspetti che toccano direttamente la categoria dei medici odontoiatri, come attento divulgatore e opinionista degli eventi sociali, soprattutto in ambito sanitario, personalmente non solo trovo disdicevole il fatto che la signora Venier abbia voluto enfatizzare la sua esperienza, ma anche per il fatto che se la stessa avesse avuto meno notorietà professionale, il suo caso non avrebbe interessato praticamente nessuno. Inoltre, va sottolineato, quante persone “comuni” e quindi anonime hanno subito esperienze in ambito medico-sanitario con ripercussioni, anche peggiori, e non sono state portate alla conoscenza del grande pubblico? Certamente queste ultime non fanno notizia e di primo acchito la domanda sembra retorica, ma in realtà a mio parere questa sostanziale differenza sembra voler dire che, le persone con particolare visibilità che hanno sofferto o che soffrono, sono maggiormente degne di maggiore attenzione. La popolarità di un divo o di un artista, ha sempre trovato una sua “giustificazione”, ma dal lato umano le differenze rispecchiano un abbassamento della considerazione della Persona differenziandola, e per questo rammento che di fronte alla sofferenza, alla morte e a Dio siamo tutti uguali, indipendentemente dal proprio credo, proprio perché il fine ultimo è univoco, universale e irreversibile. In buona sintesi, ora che la Venier ha fatto conoscere ai più il suo dramma, quali concreti vantaggi ha ottenuto? Sicuramente nessuno, o al massimo qualche considerazione in più; tant’é che a mio modesto avviso avrebbe fatto meglio ad essere un po’ più riservata, perché non si può considerare ulteriormente la propria sofferenza solo per via della notorietà che, detto per inciso, non credo contribuisca a lenire la sofferenza e tanto meno alla guarigione. Insomma, proprio in quest’epoca di pandemia, non avevamo bisogno di venire a conoscenza di un dramma della salute che in realtà può riguardare molti di noi quotidianamente. Infine, vorrei rammentare alla signora Venier e a quanti la volessero imitare, quanto ha affermato un anonimo: «Ci sono persone che si credono speciali. Altre che silenziosamente lo sono». E non sarà certo questo aforisma che oscurerà in alcun modo la sua notorietà, ma forse un piccolo contributo alla sua pronta ripresa!

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